mercoledì 8 febbraio 2012

Recensione "Il Burattinaio" di Francesco Barbi (Baldini Castoldi Dalai)




"Il destino non lo si può cambiare, ma lo si può ingannare"

Dopo "L'Acchiapparatti" non vedevo l'ora di ritrovare la compagnia di Zaccaria, il gigante Orgo e gli altri. A muovere la storia erano infatti i personaggi, protagonisti grotteschi che catturavano l'attenzione tanto che non ci si accorgeva che la trama si sviluppava al tempo stesso, e in sottofondo, come conseguenza delle loro azioni. Ne "Il Burattinaio", invece, i personaggi che abbiamo imparato a conoscere sono al servizio della storia: si percepisce che tra un punto di vista e un altro si va svelando, tassello per tassello, una trama ben precisa. Dove vuole arrivare la storia? Se vi chiedete questo, siete stati ingannati anche voi. "Il destino non lo si può cambiare, ma lo si può ingannare", così, a muovere le sorti di ogni personaggio e a definire la storia è un unico e solo personaggio: il Burattinaio!

Quattro anni dopo la scomparsa del Boia di Giloc, l'Arconte Ossor riceve una lettera dal Consigliere della Signoria di Giloc, Melzo, che evidenzia alcuni misteri sulla vicenda, in particolare riguardo al legame tra l'orrenda creatura e lo stregone che l'ha evocata, rappresentato da un cerchietto metallico capace di piegare il Necromortenorth (questo il vero nome del Boia) ai suoi ordini. Consultando l'Oracolo che ha previsto la caduta del Regno di Olm, l'Arconte Ossor si convince che l'imminente catastrofe ha a che fare con l'oscura vicenda riportata da Melzo, per cui invia a Giloc il suo fidato Indice a capo di una squadra di Guardiani dell'Equilibrio al fine di condurre alcune indagini e riesumare il cadavere della creatura per ritrovare il fantomatico oggetto.
L'acchiapparatti ora stregone Zaccaria, intanto, si è stabilito nelle vicinanze di Ombroreggia con la strabica strega Guia, il mentecatto gigante Orgo, e gli orfani Steben e Frida scampati al massacro del Boia di Giloc nel primo libro. Zaccaria ha sempre parlato al plurale quando si riferiva a se stesso, ma ora è chiaro più che mai che in lui abitano, non due, ma ben tre diverse personalità, una di queste temuta dall'intera compagnia, che quando prende il sopravvento in Zaccaria lo lascia terribilmente dolorante e sfinito: Zaccaria lo chiama Gul. Gùlghezac è invece il nome che Zaccaria usa per definire se stesso quando è occupato dalle tre personalità in contemporanea: se "Zac" lo conosciamo e "Gul" lo impareremo a conoscere, colui che si nasconde in "Ghe" ci stupirà. Ma quale delle tre prenderà il sopravvento?

Dal primo libro faranno una breve apparizione anche Tamarkus lo speziale e Osmano il proprietario del bordello, mentre seguiremo parallelamente, fino al loro incrociarsi, le vicende dell'ex-prostituta Teclisotta (Isotta per gli amici), il capitano della Guardia di Giloc, Fulciero, ma soprattutto lo sfigurato cacciatore di taglie Gamara, colui che più di tutti incarna la figura dell'eroe invincibile.
Grandi ritorni ma anche grosse novità, con l'arrivo di personaggi come i figli di Fulciero, Tino e Nodo, lo squallido raccogli-orfani Medoro con gli orfani al seguito, e poi ancora menestrelli, girovaghi e nani, in un lungo viaggio che parte dalle Terre di Confine e va oltre, fino al Regno di Olm. La mappa che vediamo in prima pagina, subito dopo la copertina, si estende infatti fino all'ultima facciata del libro; ecco perché non trovavo il villaggio di Medara!

La scrittura di Francesco Barbi era ottima, ora è eccellente, con una padronanza linguistica da far invidia, termini tecnici e descrizioni dosate al giusto in una lettura che non annoia mai, nemmeno se si tratta di 527 pagine. L'alternarsi dei POV non disturba, al contrario aggiunge intrigo e suspance (ad esempio, leggere che Gamara sta per lanciarsi all'attacco per poi passare al punto di vista di chi sta per subirlo), inoltre, siccome mi sono trovata a leggere il libro negli intervalli di tempo - purtroppo -, sono riuscita comunque a star dietro alla vicenda, segno che non si tratta solo di una buona memoria, ma piuttosto di una storia che sa farsi ricordare, complice, lo ripeto, la personalità ben definita dei personaggi, tanto che solo a leggere una parte del testo si capisce chi è che sta parlando. 
Il momento che più definisce un personaggio è proprio durante il dialogo: già avevamo il contorto esprimersi di Zaccaria, folle quanto saggio, e i proverbi di Orgo pronunciati quasi fossero un dialetto (risate garantite; continuo ad adorare il gigante), ora abbiamo l'Oracolo che si esprime in numeri, un nano balbuziente, una delle Guardie di Confine, Tibaldo, che dopo aver perso un dente perde anche la lettera "t" (adoro la cura nei dettagli!), ma soprattutto c'è lui, l'Indice, che sostituisce la "c" con la "z" e raddoppia la "s", insomma, che così parlando fa ridere, ma vedendo poi come si comporta ci viene automatico chiudere la mascella; in sintesi, un antagonista spietato che ha anche dei punti deboli (e non solo nella pronuncia).

A proposito dell'indole spietata dell'Indice, anche stavolta troveremo delle scene crude e violente: nel primo romanzo si presentavano nel momento in cui entrava in scena il Boia di Giloc; in questo seguito vedremo come anche gli esseri umani siano capaci di atrocità (il che è anche peggio), siano essi l'Indice o i Guardiani dell'Equilibrio, sia pure con Gamara. Abbiamo violenza anche nella parte che riguarda il raccogli-orfani (soprattutto psicologica), o più sul finale quando si presenta la vicenda dei Malnati (il comportamento dei Servi della Luce ricorda vagamente la realtà ebrea). Il primo libro, inoltre, aveva visto la morte di diversi personaggi innocenti, perlopiù si trattava di personaggi secondari, qui invece vedremo la scomparsa di alcuni di quelli che si possono considerare di rilievo, cosa che mi ha colto di sorpresa ma che contribuisce a rendere una storia fantasy più realistica. Solo, è un peccato che non si spenda qualche parola in più sugli interessati.
Che "Il Burattinaio" sia indirizzato a un pubblico adulto lo si evince anche dalla presenza di alcune scene erotiche, non tanto perché siano spinte, più che altro per via del comportamento provocatorio femminile. Mi riferisco a Frida, l'unica bellissima nella storia de "Il Burattinaio" (e nemmeno ne "L'Acchiapparatti" c'erano i belli) che essendo anche giovane vive appieno le passioni legate alla fisicità e la scoperta di nuove sensazioni; vedremo come la giudicheranno gli uomini, Guia, e persino Isotta (che lo faceva di mestiere), ma d'altra parte vedremo anche come cambierà in un epilogo da rimanere a bocca aperta.

Ci sarebbe ancora altro da dire, a proposito del culto della Luce, dei suoi fanatici seguaci e degli "infedeli" (l'Equilibrio non può esistere solo nella Luce; si deve considerare anche l'Ombra!), a proposito degli effetti della Spinavera (una vera e propria droga che causa anche dipendenza), di quello spirito che entra nei corpi altrui ma che si contamina della loro coscienza e agisce anche tenendola in considerazione (fantastico, lo adoro!), di come la Somma Lucernaria ricordi la pratica della sedia elettrica (che tensione...) e a episodi geniali come il modo in cui  a Gamara viene consegnata una certa chiave, ma mi limito, appunto, a queste brevi considerazioni tra parentesi perché preferisco soffermarmi sullo straordinario epilogo.
A parte che non vedevo l'ora che quell'"essere" ritornasse, a un passo dalla resa dei conti me lo immaginavo che sarebbe finita così, vista la ricorrenza di parole come "sacrificio", "scelta", "vendetta", "consapevolezza" e "accettazione". Poi quel ciondolo che rappresenta la speranza, il giovane che scampa al pericolo e la frase che Guia rivolge a Steben, una delle migliori frasi che abbia mai letto.
Ancora più emozionante è vedere cosa accade in seguito, in quelle che non sono nemmeno una ventina di righe: Steben ha scelto chi essere; parla come lui.
In quelle poche righe è racchiuso un intero, nuovo romanzo, un ipotetico terzo libro che credo Barbi non ci regalerà, ma che la nostra mente può comunque elaborare.
Allora sognerò ancora.



2 commenti:

  1. bella recensione anche se il libro non mi attira moltissimo

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  2. Merita, invece. Mi è piaciuto così tanto che lo rileggerei, a partire da "L'Acchiapparatti"; è tra i migliori fantasy made in Italy in circolazione ;)

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