sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale 2011!

Agli amici di Universi Incantati, che siate follower, simpatizzanti, visitatori, o capitati qui per sbaglio ^^:

TANTI AUGURI DI
BUON NATALE!


...che sotto l'albero troviate 
ciò che più desiderate nel profondo!

Dimentichiamo crisi, arrabbiature, frenesia.
Natale è pazienza, tolleranza, solidarietà;
l'occasione giusta per avvicinare i nostri cuori.
Perché Natale è amore.



(immagine animata creata da Lamù Lum, fonte: http://lamuruseiyatsura.altervista.org/home.html - passateci perché è un sito davvero completo su "Urusei Yatsura" alias Lamù! ^^)

venerdì 23 dicembre 2011

Recensione "436" di Anna Giraldo (Casini Editore)

Recensione "436" di Anna Giraldo (Casini Editore)




Il fascino del passato


Ci risiamo: un urban fantasy che ha come protagonista una diciassettenne.
Ma la ragazza in questione, Redlie, è un peperino che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno; ha imparato a badare a se stessa fin da bambina perché la madre Alessandra non si è mai preoccupata dei bisogni della piccola (inclusi quelli primari, come il cibo) abbandonandola spesso per giorni senza nemmeno avvisarla che usciva di casa. Il padre scozzese, invece, Redlie non l'ha mai conosciuto; non sa nemmeno come si chiama.
Ci risiamo, ancora: un bel giorno arriva una tutrice che preleva la protagonista e la porta con sé in una nuova realtà; per la precisione, dall'Italia a Londra.
Ma zia Daisy è un tipetto particolare, giovane e pazzerello, che lavora in un'erboristeria dove prepara intrugli dall'aspetto magico, e spesso organizza feste in casa colme d'invitati che si trattengono fino al giorno dopo; si tratta d'individui che sembrano nascondere qualcosa di sovrumano, compresi i quattro ragazzi con cui Redlie fa amicizia, ossia Tim (detto "Honey"), Lucas, Tree e Anthony.
L'intero gruppo (ossia un clan di esseri particolari) vede che la protagonista ha qualcosa di speciale che sfugge a lei stessa; eccola là, la dote dell'umile (e non dell'eroe).
Ma di cosa si tratta, nello specifico? Ha a che fare con le visioni che le giungono inaspettate e le scene che sembrano provenire da un passato remoto? Spesso Redlie pensa: "sono ciò che sono", ma in realtà non ha piena coscienza di sé. Uno dei grandi misteri in questa storia è infatti proprio quello, per Redlie, di scoprire la sua vera natura e i poteri ad essa connessi.
Nel frattempo, la protagonista instaura un legame stretto con i quattro ragazzi e soprattutto col dolce e sensibile Honey, tuttavia s'innamora del belloccio di turno e del suo fascino oscuro; insomma, il tipico bello, dannato e irraggiungibile.
Ma Sean non è un vampiro. Cos'è lui realmente è un altro dei misteri che Redlie deve risolvere, e mai e poi mai mi sarei aspettata un mix del genere! Certo, mi ha lasciato perplessa la facilità con cui la ragazza intuisce la verità, ma prima di puntare il dito contro l'autrice bisogna leggere il romanzo fino alla fine e vedere che ogni cosa ha il suo perché.

In quest'introduzione ho giocato con i cliché del genere per portare attenzione su questo principio: è normale che un fantasy (in questo caso, urban) abbia delle basi in comune con altre storie della sua stessa impronta, tuttavia in "436" queste basi sono dei semplici punti di partenza da subito proiettati verso sviluppi originali.
L'inizio del libro è uno dei migliori incipit che abbia mai letto: diretto, chiaro. Ha un ritmo in crescendo, in linea con la protagonista che narra dalla sua infanzia, l'adolescenza, fino ai suoi diciassette anni. Abbiamo il background della protagonista perfettamente delineato; cosa volere di più? Nonostante non sia nuovo il tema infelice di una madre che non si cura della figlia, Redlie ci racconta in prima persona il suo vissuto con un linguaggio accattivante, che ha personalità, ed è capace di creare subito un legame con il lettore; da una parte curioso di conoscere come e se si evolverà il rapporto con la madre, dall'altra perché sensibilizzato.
Arriva zia Daisy, poi l'inizio di una nuova vita a Londra con un gruppo di amici speciali: se pensiamo che gli inglesi siano freddi, è qui che invece Redlie trova il calore della famiglia. Si nota subito come il nuovo ambiente domestico si contrapponga alla solitaria esistenza che la ragazza svolgeva in Italia: il vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto, lo "spreco" di vezzeggiativi tipicamente inglesi quali "darling", la coccola dell'ora del tè, i continui contatti fisici tra abbracci consolatori, baci casti e strette di mano protettive; la nuova famiglia di Redlie "straripa" d'amore per lei, lei che per diciassette anni non si è mai sentita amata. All'inizio fa un certo effetto vedere tutte queste smancerie, ma come tutte le cose occorre farci l'abitudine: è un modo di vivere la vita che dovremmo invidiare, altroché!

Poi arriva Sean, e quasi contemporaneamente, l'antagonista David.
La mia lettura procedeva interessata finché non sono partite dichiarazioni d'amore un po' troppo aperte per due persone che si conoscono da così poco tempo, tuttavia ho cercato di non darci peso e ho proseguito: incredibile, ciò che mi era parso come "storto" ha un suo perché, ancora!
Prima di arrivarci, però, la parte centrale l'ho sentita sottotono, principalmente perché gli sviluppi tardano a manifestarsi; è come se assistessimo alla vita di Redlie di tutti i giorni; non ci si accorge che delle piccole evoluzioni scorrono, intanto, sotto i nostri occhi.
Le rivelazioni appaiono solo alla fine del libro.
L'autrice è abile a mantenere il segreto così a lungo, ma questa caratteristica può essere un'arma a doppio taglio per chi, come me, a un certo punto ha bisogno come l'aria di avere delle risposte. Persino il titolo, "436", svela il suo significato solo alla fine; ma proprio alla fine-fine!
C'è dell'altro: a lettura ultimata non tutto viene perfettamente chiarito in ogni suo punto. Mi sarebbe piaciuto, ad esempio, capirne di più a proposito di Epiphany e Breathless... forse un'ulteriore lettura potrebbe fare più luce sulla vicenda, altrimenti gli approfondimenti potrebbero esserci nel seguito "Thunder + Lightning"; chissà.

Tornando alla parte centrale del romanzo, personalmente ho ricominciato a provare interesse dall'apparizione di James. Ad emozionarmi, infatti, non è stata tanto la storia d'amore tra Redlie e Sean (pur trattandosi di un amore romantico dove ho però trovato un eccesso di battibecchi - non è che a provocarli è la mentalità della donna moderna? ^.^), bensì il rapporto della ragazza col padre. Ogni loro piccolo gesto mi ha trasmesso emozione: l'imbarazzo dell'incontro e il non sapere cosa aspettarsi, la sorpresa di un primo accenno d'affetto, quel vezzeggiativo, quel comportamento eccessivo tipicamente paterno, gli scontri tra due mentalità (e personalità);è questa la parte del romanzo che mi è entrata nel cuore. Mi è piaciuto anche il concetto che si rimarca all'inizio del romanzo, ossia "il non dare un nome alle cose"; toccante.

Un altro aspetto del libro che ho apprezzato è il particolare dell'allenamento: Redlie avrà pure una capacità innata, ma deve imparare a gestirla, affinarla; finalmente un'eroina che suda e si allena duramente! Diventa un bell'esempio di tenacia, oltretutto.
Più in generale, inoltre, mi sono piaciuti i sipari che riguardano il passato e/o le visioni: ho un debole per queste cose.
Mi ha invece lasciata indifferente l'antagonista David: è un cattivo un po' sciatto, acerbo. Non ho percepito la sua malvagità, né mi ha dato tensione se non nella scena riguardante gli amici di Redlie. Pensavo che David avrebbe dato il meglio di sé (ossia il peggio) nella scena finale, ma a conti fatti la sua presenza è superficiale anche ai fini della storia: Redlie e Sean monopolizzano l'evento chiave.

Per finire, un accenno alle caratteristiche "tecniche" del romanzo: prima o poi mi abituerò alla scelta della Casini di non numerare le pagine, ma qui emerge più che altro l'esigenza di una traduzione a pié pagina per le frasi in inglese; alcune le ho capite, ma per altre si è resa necessaria una consultazione esterna, e non avrei voluto staccarmi dalla lettura!

Rileggerei questo libro volentieri, intanto, per chi ancora non lo avesse letto, lascio il Booklet con le prime pagine del romanzo, preso direttamente dal Promo Center della Casini Editore: buona lettura!


lunedì 19 dicembre 2011

Nuovo articolo per TrueFantasy "Jappo W!": Dragon Quest

E' appena stato pubblicato su TrueFantasy, rubrica "Jappo W!", il mio articolo sulla serie di videogiochi "Dragon Quest".
Come sempre lo riporto anche qui, mentre per leggerlo su TrueFantasy basta che clicchiate sul banner qui di seguito. Buona lettura!





Cari amici di TrueFantasy,
il 2011 sta per finire, ma non possiamo salutare l'anno senza prima ricordare che altre due note saghe videoludiche festeggiano il venticinquesimo anniversario. Quella che trattiamo oggi è la serie high-fantasy RPG di “Dragon Quest"!
Creata da Yuji Horii col suo studio Armor Project, Akira Toriyama (il mangaka di “Dragon Ball”) ai disegni, e Koichi Sugiyama in qualità di compositore della colonna sonora orchestrale, la serie è prodotta dalla Square Enix (Enix fino al 2003) e appare per la prima volta nel 1986 sulla console 8 bit della Nintendo (il Nes) per poi approdare nel corso degli anni anche sulle piattaforme MSX-DOS, Playstation, e i telefoni cellulari.

Yuji Horii dichiara d'essersi ispirato a videogiochi di ruolo occidentali come "Wizardry" e "Ultima", con la differenza che "Dragon Quest" è un gioco semplice e divertente dove non è necessario pensare alle strategie, questo anche grazie al gameplay intuitivo.
Conosciuta come “Dragon Warrior” negli Stati Uniti (ha conservato questo nome fino al 2005 perché "Dragon Quest" era un marchio registrato per un omonimo RPG da tavolo) si sviluppa intorno alla classica trama dell'eroe che lotta per salvare il mondo dalle forze del male, compito che egli svolge assieme a una compagnia d'altrettanti valorosi guerrieri (il numero dei membri varia a seconda del titolo). 
A scanso equivoci lo diciamo subito: ogni "Dragon Quest" è una storia a sé, quindi non c'è un ordine cronologico, né una diretta connessione tra i giochi.
Solitamente, la storia si svolge tra diverse città (dove si provvede anche a rifornire il proprio arsenale d’armi), vari dungeon, e attraverso la mappa del mondo. I compiti degli eroi si alternano tra il ritrovamento di certi oggetti e le missioni che prevedono la sconfitta di un certo nemico. Nel frattempo, l’incontro con altri personaggi “non giocabili”, serve a salvare la partita (il prete o la suora nella Chiesa) o per dare il via a trattative sugli oggetti da vendere o comprare, ma è anche determinante ai fini della storia, che sia per lo sviluppo della trama, oppure perché un certo personaggio potrebbe decidere di unirsi alla compagnia. Tanti i minigames presenti nel gioco, mentre per completare l'avventura, spesso gli eroi devono sconfiggere l'antagonista principale della storia.
Il gioco si svolge in base a un sistema di combattimento a turni dove il giocatore decide preventivamente gli attacchi che dovrà sferrare ogni membro della compagnia; certi personaggi dispongono anche di magia o particolari abilità che, tra le altre, portano al recupero di energia o al ripristino delle condizioni normali di stato. Il sistema di gioco dei vari "Dragon Quest" è basato sull'incontro di nemici casuali mentre ci si sposta per i dungeon o per la mappa, ma da “Dragon Quest IX” i nemici diventano visibili e si possono evitare, così come si è liberi di scegliere di affrontarli.
Sconfiggendo i nemici, come in ogni classico RPG, anche in "Dragon Quest" i personaggi guadagnano punti esperienza che fanno sì che possano crescere di livello e passare a una classe superiore (da “Dragon Quest III” è possibile scegliere la classe di appartenenza di ogni membro della compagnia).
Tra i vari mostri presenti in “Dragon Quest” lo Slime è il più famoso, tanto che si tratta della mascotte della serie. Questa gelatina sorridente, a forma di goccia blu, è il primo mostro che s’incontra in ogni gioco, e – probabilmente per questo – il più facile da sconfiggere. Ma non tutti gli Slime sono nemici; con alcuni ci si può spendere qualche chiacchiera, e addirittura possono chiedere di unirsi alla compagnia di eroi (cosa che accade anche con altri tipi di mostri). Il successo dello Slime ha portato allo sviluppo di un paio di spin-off aventi lui come protagonista.

Tralasciando gli spin-off tra cui la serie “Dragon Quest Monsters”, ad oggi la serie principale conta nove titoli (il decimo in uscita nel 2012) tra i quali alcuni remake; vediamoli nel dettaglio.

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1986
Dragon Quest
Nes, Snes, Gameboy Color, Wii
1987
Dragon Quest II: Pantheon di spiriti maligni
Nes, Snes, Gameboy Color, Wii
1989
Dragon Quest III: E così entrò nella leggenda…
Nes, Snes, Gameboy Color, Wii
1990
Dragon Quest IV: Le cronache dei prescelti
Nes, Snes, Playstation, DS
1992
Dragon Quest V: La sposa del destino
Snes, Playstation 2, DS
1995
Dragon Quest VI: Nel regno dei sogni
Snes, DS
2000
Dragon Quest VII: I guerrieri dell’Eden
Playstation
2004
Dragon Quest VIII: L’odissea del re maledetto
Playstation 2
2009
Dragon Quest IX: Le sentinelle del cielo
Nintendo DS
2012
Dragon Quest X: Rise of the five tribes - Online
Wii, Wii U

É stato da poco annunciato che quest'ultimo titolo sarà un MMORPG (Massive Multiplayer Online RPG - come "World Of Warcraft", per intenderci) ma sembra sarà possibile giocare anche in singolo e offline, per non scontentare i fan della serie.

Per ogni gioco della serie principale è stato adattato un manga e/o un anime.
In Italia sono usciti “L’emblema di Roto” (21 volumi, Star Comics) e “Dai – La grande avventura” (37 volumi, Star Comics); da quest'ultimo è stato tratto anche l'anime “I Cavalieri del drago”, una serie di 46 episodi, e il film “Dragon Quest Dai no Daibouken” mai uscito in Italia (come anche i film "Stand Up!! Disciples of Avan" e "Destroy!! The Reborn 6 Commanders").
In Giappone la serie ha avuto un successo tale da spingere la Square Enix ad aprire un ristorante a Tokyo nel quartiere Roppongi: direttamente da “Dragon Quest IX: Le sentinelle del cielo”, ecco il Luida’s Bar! Il ristorante, oltre ad essere arredato seguendo fedelmente l’originale, offre piatti ispirati al mondo di "Dragon Quest", ad esempio il riso a forma di King Slime, ali di chimera alla griglia, carne di drago, e pizzette che riproducono lo scudo con l’emblema della casata di Roto. Non è tutto: sembra che il ristorante acquisisca punti esperienza man mano che trova clienti, e di conseguenza possa crescere ed espandersi in perfetto stile RPG! I prezzi del menu sono poi espressi in Gold, ossia la moneta del videogioco; per ogni consumazione il cliente guadagna dei Medal Points che possono essere spesi per acquistare gadgets e premi esclusivi.

Buon venticinquesimo anniversario, Dragon Quest!

Valentina Bellettini


venerdì 2 dicembre 2011

Recensione "Arrietty - il mondo segreto sotto il pavimento"

Recensione "Arrietty - il mondo segreto sotto il pavimento"di Hiromasa Yonebayashi (Studio Ghibli)






Una piccola amica per una grande storia


Come abbiamo visto ne "Il mio vicino Totoro" e "La città incantata", anche l'ultima opera dello Studio Ghibli comincia con un trasloco, o meglio, un trasferimento. Seguiamo il viaggio di un'auto con a bordo un ragazzino di nome Sho, la cui voce fuori campo comincia a narrare di quell'estate passata nella villa dove sua madre aveva vissuto l'infanzia. Sho è malato. Il trasferimento è dovuto al fatto che presto dovrà affrontare una delicata operazione al cuore, presumibilmente in quella città, Koganei.
Lungo la stradina che porta alla villa, Sho scende dall'auto e s'incammina verso il giardino per guardare là dove il gatto sta puntando qualcosa; tra le piante, infatti, c'è un esserino, precisamente una ragazza, che si muove e si arrampica tra gli steli in cerca di un nascondiglio.
La ragazzina ha quattordici anni, si chiama Arrietty, ed è una "prendimprestito", ossia un essere alto appena 10 centimetri comunemente conosciuto come "gnomo". L'appellativo "prendimprestito" deriva dal fatto che quelli della sua specie sono soliti uscire all'aperto in cerca di oggetti utili al loro fabbisogno (ad esempio, una foglia di alloro riuscirà a sfamarli per un anno) ma una volta usciti di casa devono preoccuparsi di non essere visti dagli umani, cosa che accade ad Arrietty proprio quel giorno, quando Sho la nota sia la mattina sia quella sera stessa, colta sul fatto nella stanza del ragazzo mentre lei e il padre erano intenti a sollevare un fazzoletto dalla scatola (modello "kleenex"). Per lo spavento, Arrietty perde la zolletta di zucchero rendendo così inutile l'uscita, ma soprattutto, essendo stata vista, la sua famiglia è ora costretta a trasferirsi.
Il giorno dopo, Arrietty trova la stessa zolletta di zucchero lasciata fuori nel giardino, assieme a un messaggio da parte di Sho: nonostante la paura e le raccomandazioni dei genitori, la curiosità di avvicinarsi all'umano è troppo forte, così, superate le barriere e gli ingiustificati pregiudizi, nasce un rapporto che è qualcosa di più di un'amicizia, perché basato sul rispetto e il sostegno reciproco; è un'occasione di crescita per entrambi.

Sho e Arrietty hanno infatti bisogno l'uno dell'altra; sono due esseri fragili. La fragilità di Arrietty deriva principalmente dalle sue proporzioni, poiché in realtà è tenace, ha un'incredibile forza di volontà, e le inquadrature sul suo primo piano ci mostrano uno sguardo determinato, esattamente come le protagoniste delle altre opere dello Studio Ghibli (Nausicaa e Kiki). Però, Arrietty non può contare sul lato "magico" come ci si potrebbe aspettare da creature come lei: i "prendimprestito", infatti, non hanno alcuna caratteristica fatata; sono come gli umani, solo più piccoli.
Passando a Sho, invece, vediamo come egli non possa contare sulla forza fisica, ma nemmeno su quella morale. Egli è malato, gracile, minuto, ha il viso pallido, e la maggior parte del tempo è costretto a letto. Soffermandoci sul suo viso vediamo soprattutto una fragilità emotiva: egli ha un'espressione dimessa, gli occhi spenti; conserva quello sguardo persino quando trova Arrietty nella sua stanza, questo perché Sho è arreso, disilluso, e su tutte, solo. Egli deve operarsi, ma i suoi genitori sono occupati ognuno nelle proprie faccende; lontani da lui fisicamente quanto spiritualmente.
Arrietty gli trasmette un po' del suo coraggio e della sua determinazione, mentre Sho sente di doverla proteggere, ponendola prima della sua stessa salute.

Ad essere precisi, non è che le azioni di Sho vadano sempre a favore di Arrietty; ecco, lui agisce in buona fede, tuttavia, forse anche per via della giovane età, non pensa alle conseguenze delle sue azioni. Sostituire la modesta cucina della piccola famiglia con quella elegantissima della casa delle bambole, significa, per i poveretti, un vero e proprio terremoto in casa. Poi non è che i piccoletti volessero quell'abitazione sfarzosa, infatti quando Arrietty e il padre la raggiungono nel corso della prima missione della ragazzina, ne ammirano il lusso, poi però vanno oltre, dispiacendosi piuttosto dell'idea di lasciare la loro vecchia casa perché non è più un luogo sicuro.
E' infatti colpa della negligenza di Sho se la governante scopre l'esistenza delle creaturine. Per lei sono dei "rubacchiotti"! Ignora come Arrietty e la sua famiglia prendano solo beni di primaria necessità che gli umani hanno in quantità "industriale" (zucchero, fazzoletti), oppure oggetti dimenticati (uno spillo, una molletta) oppure ancora, cose che agli umani non servono più.
Ci si potrebbe leggere una lezioncina di economia, specie in tempi di crisi come i nostri.
La governante, comunque, diventa l'antagonista della storia. Di certo non è realmente cattiva, ma le sue sono delle azioni malvagie, specie se viste sotto la prospettiva dei piccoletti: vedersi scoperchiare la casa, essere rinchiuso in un barattolo e poi nascosto, addirittura arriva a chiudere a chiave la stanza di Sho per impedirgli di uscire e intervenire a favore dei suoi piccoli amici. Non è chiaro il perché la governante reagisca così, se li detesti o se voglia mostrarli al pubblico come fossero trofei, ma ciò che è certo è che si tratta di una persona continuamente preda delle proprie emozioni.
Il fatto che non ci sia un antagonista vero e proprio, bensì la sua sola sfumatura, non è cosa nuova nelle opere dello Studio Ghibli, ma stavolta non mi ha soddisfatto. Forse sarebbe bastato colmare alcune lacune nel comportamento della governante, dando qualche spiegazione in più. Solo per questo, il mio giudizio si ferma a quattro stelle.

Questa pellicola segna l'esordio alla regia di Hiromasa Yonebayashi, già animatore de "La città incantata" e "Ponyo sulla scogliera". L'impronta di Hayao Miyazaki alla sceneggiatura, però, si sente eccome, e la si percepisce anche nell'atmosfera: segno di una personalità dominante (quella di Miyazaki), o di un allievo che ha colto alla perfezione i suoi insegnamenti (Yonebayashi)? Nonostante l'inizio sia un po' lento rispetto agli standard cui ci ha abituato lo Studio (che non è detto sia un male con tutto il nostro correre quotidiano), Yonebayashi ci conduce per mano dentro la storia, senza lasciarci sfuggire il più piccolo particolare (lo strap dello zaino che si scolla), ci incanta con le immagini di una natura brillante e coloratissima (la stanza di Arrietty e il giardino), ci culla con la dolcezza dei protagonisti (espressa nei gesti oltre che trasparire dai visi), e il risultato è quello che lo Studio Ghibli regala da sempre: un delicato sussurro che tocca nel profondo l'animo dello spettatore.
La storia è di per sé piuttosto semplice ed è tratta dalla serie di racconti fantasy per ragazzi "Gli Sgraffignoli", dell'inglese Mary Norton (è stato tratto anche un film nel 1997, "I rubacchiotti", regia di Peter Hewitt), ma ormai sono dell'idea che lo Studio Ghibli impreziosisca tutto ciò che tocca: sarà per i disegni in stile classico in un'era dominata da computer grafica e 3D, sarà perché trattano temi sociali e di sensibilizzazione che si colgono "tra le righe", più che essere sbandierati, sarà perché sono ancora un genere "di nicchia" piuttosto che commerciale, fatto sta che fanno breccia nel mio cuore come pochi film d'animazione sanno fare. Sottolineo: film. Guai se sento la definizione: "cartoni per bambini"!
Immagini, trama e contenuti, senza dimenticare l'importanza della musica. Una colonna sonora composta e cantata dalla bretone Cécile Corbel che si sposa perfettamente con l'atmosfera: delicata, poetica, magica. Che magnifica sorpresa sentire il tema principale, la "Arrietty's Song", cantato in italiano durante la sequenza finale e i titoli di coda. La musicista ha interpretato la canzone anche in giapponese, francese e inglese.

Il finale è commovente, e per la prima volta triste.
Il messaggio è positivo, ma può lasciare insoddisfatti coloro che si aspettano una conclusione netta piuttosto che lasciata intuire; non si tratta di un "vissero felici e contenti" ma non è detto che ciò non accada comunque. Come dimenticarsi, poi, del selvaggio Spiller, in cui si potrebbe leggere un altro messaggio sottinteso? Ossia, Arrietty e i suoi familiari non sono forse troppo civilizzati e dipendenti dagli umani? Perché non farli tornare in mezzo alla natura?
Ho già voglia di rivedere questo splendido film.
E questa canzone, non riesco a fare a meno di ascoltarla e riascoltarla:


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Recensione dedicata alla memoria della mia piccola amica Celeste,
scomparsa all'improvviso mercoledì scorso, proprio sul più bello (a pochi giorni dalla schiusa delle sue uova).
Tu mi richiamavi, e io ti rispondevo.
Tu avevi bisogno, e io avevo bisogno di te.
Abbiamo sofferto quando se n'è andata Zorrina; ci siamo fatte compagnia e legate strette l'una all'altra, inconsapevoli che sette mesi dopo te ne saresti andata anche tu.
Entrambe avevamo i nostri progetti, che s'intrecciavano.
Mi volevi bene, lo so.
Io te ne vorrò per sempre.
Avrò cura di Kiwi; non sarà mai solo.
E a te... a te un grazie.
Perché è sempre un privilegio quando un animale ti accoglie nel suo cuore.



martedì 22 novembre 2011

Recensione videogioco "Time Hollow" (Nintendo DS)

Recensione videogioco "Time Hollow" (Nintendo DS)




Basta poco per cambiare il nostro destino


Per la prima volta mi accingo a recensire un videogioco: volevo farlo da tempo, ma sembra proprio questa l'occasione giusta per rompere il ghiaccio, poiché "Time Hollow" fa parte di quella tipologia di videogiochi che, se non fosse per la componente interattiva, sarebbero libri. Si tratta infatti di un'avventura grafica, di quelle che ebbero origine sul PC e che coniarono la definizione "punta e clicca"; il Nintendo DS sembra fatto apposta per questo genere, grazie al pennino e allo schermo touch-screen.
Ma torniamo al videogioco.
Come ogni avventura grafica che si rispetti, "Time Hollow" ha come punto di forza la trama: nel giorno del suo diciassettesimo compleanno, Ethan Kairos (Tokyo Horo, nella versione originale giapponese) si risveglia dopo un terribile incubo nel quale i suoi genitori - più giovani di come sono in realtà - erano imprigionati in un edificio in fiamme. Ancora sconvolto, Ethan si alza dal letto, il tempo di vedere che l'arredamento della sua camera è leggermente diverso, poi scende al piano inferiore e trova suo zio che lo aspetta per la colazione: ma come, lo zio Derek vive con lui? Da quando? Ma soprattutto, dove sono finiti i suoi genitori? Confuso, Ethan parla con Derek, e viene improvvisamente a conoscenza dell'assurda verità: i suoi genitori sono scomparsi da quando aveva dodici anni! Ciò che aveva vissuto quella mattina, infatti, non era un sogno, ma la cruda realtà. Ethan s'interroga su come sia possibile, visto che fino alla sera prima aveva parlato coi genitori del suo regalo di compleanno, ma la verità è che si trova in universo alternativo, un mondo parallelo. Poco dopo, Ethan scopre che per cambiare le cose occorre identificare i flashback che ha di volta in volta, e sfruttare i poteri della Hollow Pen, una misteriosa penna che gli viene recapitata assieme a un bigliettino anonimo legato al collare del suo gatto Sox; tramite la Hollow Pen, Ethan impara ad aprire dei varchi temporali nel passato, e intervenendo, cambia il presente. Ma non solo il suo: la sua vita, come quella degli amici e delle persone che gli stanno accanto, con ogni piccola variazione, anche la più insignificante, è soggetta a continui risvolti inaspettati, a volte addirittura drammatici. Chi ha dato origine a tutto questo scompiglio non ci è dato sapere (lo si può ipotizzare una volta finita l'avventura), ciò che è certo, è che qualcun'altro sta intervenendo sulle loro vite, una persona che agisce nell'ombra e che Ethan non conosce; un'altro che possiede la Hollow Pen. Quest'informazione sarà rivelata da una ragazza misteriosa che piomba improvvisamente nel liceo e nella vita del ragazzo: Kori.

Fin dall'inizio, la storia mi ha ricordato il manga/anime "Death Note", perché usare la Hollow Pen è come usare il quaderno della morte, infatti i protagonisti determinano i destini delle vite altrui come se fossero una sorta di dio. In entrambe le opere, inoltre, lo strumento finisce nelle mani di una seconda persona, che nel caso di "Time Hollow" è l'antagonista.
Se paragonato ai videogiochi, invece, è facile associare il titolo ad altre avventure per Nintendo DS, come quelle dell'avvocato Phoenix Wright, anche se qui non ci sono casi da risolvere, le indagini sono più alla leggera, e anche le azioni da compiere sono più limitate, perciò lo assocerei piuttosto a un "Hotel Dusk: room 215" che è una sorta di romanzo interattivo, così come "Another code: two memories" con cui ha in comune anche la brevità dell'avventura.
E qui occorre chiarire.
Prima di tutto, la caratteristica delle azioni limitate.
Contrariamente a ciò che sembra, le possibilità di cambiare il passato non sono infinite, e non lo si può fare a piacimento sperimentando le alternative; piuttosto, è come se ci si muovesse su dei binari, perché si può intervenire solo in determinate circostanze (quando la Hollow Pen brilla) per apportare quelle specifiche modifiche che danno poi quel preciso risvolto. Una maggiore libertà in questo senso avrebbe aggiunto longevità al titolo, ma soprattutto, lo avrebbe reso più ricco, perché avrebbe creato anche situazioni curiose e simpatiche, quando il più delle volte, invece, si respira un'atmosfera tetra e drammatica. Mi sarebbe piaciuto, ad esempio, provare a modificare il destino dell'amico Vin, che a causa di un infortunio non può più giocare a basket, oppure fare in modo che la cameriera s'interessasse all'amico Ben, che ha una cotta (non ricambiata) per lei. Di certo, tutte le avventure grafiche si svolgono in modo che si debba arrivare a quella determinata fine (a parte titoli come "Post Mortem", per PC, che si diramano in più sviluppi e finali) ma c'è una bella differenza se s'induce il giocatore a compiere certi passi spontaneamente, lascinadolo a tu per tu con l'avventura.
Anche l'ambiente di gioco è limitato: nonostante la grandezza della mappa, le locations raggiungibili sono pochissime, e per di più, una volta esaurita la necessità di andarci, non saranno più evidenziate. In questo modo, inevitabilmente, si dimezza la quantità di enigmi e anche la loro tipologia, perché a parte interagire con gli oggetti (spostandoli, prendendoli, modificandoli, eccetera) l'unica alternativa è quella dei dialoghi, dove però ho trovato una forzatura: non solo si è costretti a cliccare sulle frasi da dire in quanto non ci sono altre opzioni, ma, peggio, occorre ripetere le stesse domande perché altrimenti non se ne esce!
Fortunatamente, nel capitolo finale si cambia impostazione e i dialoghi presentano varie opzioni di risposta ai quesiti (non capisco perché non sia stata adottata questa scelta fin dall'inizio) comunque, anche nel caso si rispondesse in maniera errata, non c'è alcuna penalità, e a voler essere pignoli non sarebbe stato male prendere l'esempio di "Phoenix Wright" che per ogni risposta sbagliata si restringe la barra di energia; insomma, in questo gioco manca un po' di sfida.
Una forzatura l'ho percepita anche nelle occasioni in cui sapevo come procedere ma il gioco m'impediva di agire perché richiedeva di fare prima altri passi, ad esempio, passare da tutte le locations disponibili e sentirmi rispondere ogni volta qualcosa del tipo: "qui non è", finché arrivavo al punto giusto, che era poi quello che avevo in mente fin dall'inizio (e qui ci vuole una faccetta frustrata >_<)
Sono questi, e non la brevità dell'avventura, gli aspetti negativi del gioco.
Ci sono avventure, ci sono storie, che seppur brevi, regalano momenti emozionanti e intensi, difficili da dimenticare: "Time Hollow" (nonostante i difetti elencati) è proprio uno di questi; l'ho trovato avvincente. Ero catturata dalle vicende e dai possibili sviluppi della trama, perché si tratta di una storia ricca di colpi di scena. Inoltre, il susseguirsi di eventi a catena trasmette un ritmo adrenalinico, che specie negli ultimi due capitoli si trasforma in una corsa contro il tempo per riparare ciò che ha causato il nemico.
Ho concluso l'avventura in soli due giorni perché ero avida di sapere come andava a finire; non è una cosa che accade proprio con  i romanzi? E' poi entusiasmante vedere che rivoluzionando certi eventi del loro passato, mutino anche le personalità dei personaggi; buona la caratterizzazione psicologica.

Come si nota dalle immagini, i personaggi sono riprodotti in stile anime, e nel corso della storia assistiamo a diverse sequenze filmate - che nell'edizione europea sono doppiate in inglese e sottotitolate in italiano -d'impeccabile fattura, capaci di far sperare in un anime. Guarda caso, all'inizio dell'avventura abbiamo anche una sigla a tutti gli effetti, cantata da Masanori Akita e contenuta in "Dance Dance Revolution 2 Supernova" per PS2.
A parte che non condivido la scelta di cambiare i nomi giapponesi con nomi inglesi (e tradurre i cognomi con un gioco dei numeri che comunque in inglese non rende alla pari), la traduzione italiana non è delle migliori, e trattandosi di un libro interattivo l'uso corretto della lingua è fondamentale... invece troviamo errori grammaticali, addirittura ortografici, e se chiudiamo un occhio, poi succede che verso l'atto finale troviamo un oggetto con un numero, il 15, che successivamente, durante un dialogo, si trasforma in 18! Il bello è che c'è un enigma correlato a questo oggetto: ma quale dei due numeri va preso in considerazione? Imperdonabile.

Il finale della storia è qualcosa di magico, romantico e intelligente. L'epilogo si sviluppa in un modo che inizialmente può sembrare privo di senso, ma una volta che si assiste alla scena finale, tutto, ma proprio tutto, torna. E vogliamo dimenticare la breve scena che appare dopo la sigla? Da sognarci sopra elaborando teorie su teorie.
A quel punto si vorrebbe che la storia continuasse, e in un certo senso è davvero quello che accade: il cosidetto finale alternativo, lo vedrei piuttosto come un inizio alternativo, perfettamente logico considerando come finisce la storia (ma anche come inizia), e presenta un nuovo finale che è ancora più enigmatico; sempre che sia quella, la fine!

In conclusione, "Time Hollow" ha un'ottima trama e un'ottima storia, con personaggi davvero belli da vedere e una buona grafica; se fosse un manga, un anime, o anche un libro, meriterebbe cinque stelle. Siccome, però, si tratta di un videogioco, occorre tenere in considerazione anche le caratteristiche fondamentali del genere, tra cui il gameplay, la difficoltà, e la qualità degli enigmi, per cui non me la sento di andare oltre al 7. Beh, mica male!


Voto globale:  7

venerdì 18 novembre 2011

Recensione "Nemesis 2 - La chiave di Salomone" di Francesco Falconi

Recensione "Nemesis 2 - La chiave di Salomone" di Francesco Falconi (Castelvecchi)



Cento volte meglio di Nemesis 1!

Il Demone Emerso Ellen Lynch e l'Angelo Ombra Kevin Shaw tornano in un sequel indimenticabile, uno di quei rari casi in cui il seguito è meglio del primo libro (a pensarci meglio, accade lo stesso con "Prodigium", l'altra saga di Falconi); a "Nemesis - L'ordine dell'Apocalisse" avevo dato quattro stelle, ma confrontandolo con "La chiave di Salomone" mi sembra poco, ora, darne cinque a quest'ultimo!
C'era qualcosa che mancava in Nemesis 1; non so dire cosa, di preciso, ma mi sono resa conto che non era riuscito a coinvolgermi, e una volta terminata la lettura l'avevo già dimenticato.
Per fortuna, visto che è ormai passato un anno dall'uscita (e dalla lettura) del primo libro, "Nemesis - La chiave di Salomone" si apre con un riassunto del percedente, mascherato come una lettera scritta dalla stessa Ellen: ottimo! Sia per ricordarci gli eventi accaduti, sia come stile narrativo. La lettera in questione è indirizzata ai suoi genitori: la demone soffre terribilmente la loro mancanza e prova dei sensi di colpa perché li ha lasciati (assieme al ritrovato fratello Damien) senza nemmeno salutarli, presa com'era dalla fuga d'amore con il suo angelo Kevin.
Un breve prologo e comincia il libro, con i capitoli sviluppati nuovamente secondo l'alternanza del racconto di Ellen con quello di Kevin, e scopriamo che i due ora si trovano in Italia, a Roma, alle prese con una vita apparentemente normale: Ellen fa la barista, Kevin lavora in una biblioteca. Ma quella parvenza di normalità dura poco: un bacio, ed Ellen sviene. Non è nemmeno il tramonto, quei pochi minuti in cui emerge con prepotenza la vera natura (opposta) dei due. Pur non riuscendo a trovare chiare risposte ai loro dubbi, Ellen e Kevin comprendono che il tramonto sta dilatando i suoi tempi, con il rischio che la loro natura cominci a prevalere sulla volontà e i sentimenti. Era proprio questo l'intento di Nemesis e dei Discepoli del suo Ordine: la rottura dell'Equilibrio. La demone e l'angelo ancora non sanno che Nemesis è tornato, reincarnato in un nuovo corpo grazie al rito della sua fedele e folle "serva" Inghinn (per chi non se lo ricordasse, Inghinn è l'Angelo Ombra che tradì il clan di Kevin, Nora, e il capoclan Angus); l'Ordine è ancora determinato a provocare l'Apocalisse, partendo dalla ricerca della Chiave di Salomone...

Il romanzo è un crescendo di adrenalina, con un continuo susseguirsi di eventi e colpi di scena capaci di confondere, atterrire e stravolgere i protagonisti, che non hanno un attimo di respiro. Proprio come il lettore. I soprannaturali Ellen e Kevin sono umani più che mai, e le loro debolezze, i loro dubbi, le apprensioni, i rimorsi, gli amori e i dolori, sono facilmente riconducibili alle nostre "misere" esistenze. La caratteristica dell'"umanità" era presente anche nel primo libro, tuttavia, e forse è proprio a causa del peso delle nuove vicende che i due devono affrontare, questo sequito è più complesso, profondo e coinvolgente; toccante, perché i colpi di scena spesso riguardano gli affetti (e qui non mi sbilancio) anche se uno in particolare non è così inaspettato poiché lo si faceva intuire fin dall'inizio, ma fa comunque male vederne i risvolti sull'animo dei protagonisti. Già, mi ha fatto male. Specialmente la terza e ultima parte: tesa, angosciante, drammatica; non so quante volte mi sono ritrovata a cacciare indietro il magone. Le parole esplicite di Ellen e la reazione involontariamente controllata di Kevin: due linguaggi diversi che mi hanno trasmesso lo stesso dolore. Non saprei dire quale sia stato l'evento che ha avuto maggior impatto su di me, ma mi ha spiazzato ciò che accade l'attimo prima in cui si preparano per tornare a casa, a Inverness.

Va detto che nel corso della storia ci sono due personaggi che raggiungono l'angelo e la demone a Roma; si tratta di Angus, il capoclan di Kevin che ora agisce in maniera più indipendente rispetto al Consiglio, e Hugh, il migliore amico di Ellen. Con l'arrivo di costui, il romanzo comincia a tracciare un triangolo amoroso: Kevin-Ellen-Hugh. Non sono un'amante dei triangoli, spesso li trovo banali e scontati, ma qui sorge in maniera inaspettata e spontanea, perché Hugh è per Ellen un amico di lunga data, e sono complici, affiatati, non hanno segreti, inoltre Hugh rappresenta gli affetti che lei ha lasciato a Inverness, affetti che le mancano e per i quali prova rimorsi; come se non bastasse, Hugh ha qualcosa in comune con Ellen, un qualcosa di nuovo che va indubbiamente a suo vantaggio, rispetto a Kevin, soprattutto in un momento simile.
Tuttavia io sono per "il primo amore non si scorda mai", quindi pussa via, Hugh!

Del romanzo mi è piaciuta anche l'ambientazione nostrana, specie perché si prendono in considerazione i misteri italiani, rievocando leggende e, al tempo stesso, costruendo fantasie inedite ("la città fantasma": non sapevo esistesse davvero!), poi ho apprezzato anche i vari riferimenti a un'altra opera di Falconi che però non ho avuto ancora il piacere di leggere, ossia "Underdust - l'aurora delle streghe" (Reverdito) con la sua Barcellona e le streghe kalé.
Riguardo al finale, invece, mi ha lasciato un po' d'amaro in bocca, forse perché avrei voluto avere meno sottintesi e più certezze, dopo tutto il trambusto vissuto assieme ai protagonisti. Se non altro è realista: non si può sapere cosa ci attende in futuro; dobbiamo vivere per scoprirlo.
Ancora altri colpi di scena si concentrano sul finale, con un gioco delle parti un po' pesante, eccessivamente teatrale (voltagabbana a go-go), e un epilogo commovente, ma ancora una volta "Shakespeariano" nel dialogo con Hugh; però può darsi sia voluto, visti i tanti riferimenti alle opere di Shakespeare contenuti nel romanzo.
Nel libro si "nasconde" anche il titolo del romanzo di prossima uscita dell'autore (aveva organizzato anche un contest in merito), ma, sinceramente, ero talemente presa da tutto quel che stava accadendo che non me ne sono minimamente accorta... meglio così!

In conclusione, consiglio vivamente di leggere questo seguito, anche se non si è letto il primo: la storia è ugualmente comprensibile, e anzi, una volta chiusa l'ultima pagina viene voglia di rileggere come tutto è iniziato. Un altro aspetto importante, infatti, è che il seguito s'intreccia, s'interseca, e si ricongiunge perfettamente al volume che lo precede. Queste sì che sono soddisfazioni!

mercoledì 16 novembre 2011

Universi Incantati compie 1 anno! Un po' di statistiche

Non è proprio il giorno esatto, ma non è mai tardi per festeggiare: 
Universi Incantati compie 1 anno!

(la torta se l'è mangiata tutta L)

E' un anno qui su Blogger, perché il blog era ospitato in principio da Windows Live, ma col mio nome in una sorta di diario, con recensioni che in realtà erano commenti smilzi, e degli aggiornamenti meno frequenti, per non parlare della poca varietà!

Insomma, Universi Incantati è cresciuto, grazie anche alla collaborazione col blog TrueFantasy, che mi stimola a scrivere nuovi articoli ogni settimana, e grazie ad alcune case editrici che mi hanno fornito materiale, come la Baldini Castoldi Dalai

Sono ancora tanti i passi da fare, ma con le mie due gambette vado avanti su questa strada, sperando nel contempo di trovare compagnia. Per questo, un gigantesco grazie anche ai follower! Siano essi su Blogger, Facebook, Networked Blogs o il neonato Google+; siano essi sul web, siano essi nella vita... :)
Fino a questo preciso istante, Universi Incantati conta 56'090 visitatori.

Per festeggiare, condividerò i dati registrati dal blog, per chi, come me, è curioso di saperne le statistiche.
Questa è la classifica dei post più visualizzati di sempre:

Sul podio abbiamo: al primo posto l'articolo sulla serie videoludica di Super Mario, al secondo, la segnalazione dell'uscita del romanzo "Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì", e al terzo, la recensione al manga "Angel Sanctuary" (sapeste quanto è stato faticoso elaborarla!); seguono, il premio One Lovely Blog, la recensione al romanzo "Cuore Nero", la recensione all'anime "La città incantata", la notizia di un traguardo raggiunto dal blog, l'articolo sulla saga videoludica "The Legend of Zelda" (il mio amore!), la recensione del libro "I Guardiani delle anime - la maledizione della prima luna", e la segnalazione di una recensione al mio "Profumo d'incenso", scritta da Sognando Leggendo.
Alla luce di tutto ciò si può dire che il pubblico di Universi Incantati ha gusti vari, proprio come me! Dai videogiochi ai manga, dai romanzi agli anime, più qualche curiosità sul blog (vedremo allora cosa registrerà questo post XD), comunque, sembra che la maggior parte di visualizzazioni riguardino le recensioni, indipendentemente dalla forma d'arte a cui appartengono.

Ho accennato al pubblico, ebbene, guardate qua:

Salut à tous nos amis français!

Ben 40'940 francesi! Segue l'Italia, con un distacco di 12'634 utenti, e gli Stati Uniti con 780. Poi ancora, Federazione Russa, Germania, Svizzera, Regno Unito, Brasile, Canada e Paesi Bassi.
Ci sono anche i grafici dei browser e i sistemi operativi usati dai visitatori.

Le origini del traffico provengono da google.it (6'837), google.com (410) e facebook (251).
Ed ecco le parole più cercate:

Super Mario (622)
Kirby (224)
Angel Sanctuary (194)
5° Universi Incantati (61 volte!)
8° La città incantata Haku (29 volte specificatamente per il personaggio!)
9° valentinabellettini.blogspot.com (18 con l'indirizzo preciso del blog)
10° Evangelion 2.22 (15)

Questi ultimi dati riportano la vittoria schiacciante dei videogiochi, i manga e gli anime, sui libri :( Che dipenda dal fatto che quando si va a "googlare" si cerchino per lo più immagini? Chissà.

Concludendo, sono felice dei risultati raggiunti, considerando poi i mesi in cui il blog si è fermato perché ero sommersa dai preparativi per il matrimonio ^^ Provo costantemente a migliorarlo, ad esempio, qualche giorno fa ho eliminato la chat (troppa spam!) e ho spostato gli elementi chiave al top della pagina (ultimi post ed etichette) facendo scalare il numero di visitatori e i vari follower; spero che il blog sia così più pulito e venga caricato in modo più fluido :P

Non mi resta che salutarvi, ma non prima di lasciare un'anticipazione: presto sarà pubblicata la mia prima recensione a un videogioco (finora erano solo articoli)! Stay tuned! ^^

mercoledì 9 novembre 2011

Lucca Comics & Games 2011!





L'articolo è appena stato pubblicato su TrueFantasy



Questo articolo avrei dovuto pubblicarlo una settimana fa, ma una "simpatica" influenza mi ha costretto a letto per quattro giorni, quindi eccomi a recuperare solo ora (sorry!).

Lo chiarisco subito, non mi sono raffreddata in fiera, perché quest'anno - a differenza della terribile tempesta dell'anno scorso - c'è stato un tempo soleggiato e addirittura caldo (superiore ai 20°C), che di meglio non si poteva chiedere (e personalmente, prima di andare in fiera ho pregato e supplicato richieste su richieste!).
Quest'anno il Lucca Comics & Games ha registrato il record assoluto di presenze, con 155'000 visitatori di cui 50'000 solo nella giornata di domenica, ma date le premesse, non avevo dubbi che sarebbe andata diversamente: con l'estensione della manifestazione, cinque giornate anziché tre; la scelta di dare finalmente un proprio spazio alla letteratura fantasy, con tanti diversi editori (in passato se ne contavano appena un paio); infine, con lo sfruttamento totale del Japan Palace, ossia con gli interi due piani occupati da espositori e mostre.

Come al solito, ho cominciato la mia visita proprio dal Japan Palace.
Tra gli artbook e le action figures direttamente dal Giappone, tra i kimono, i bento, i ventagli, e l'artigianato locale, quest'anno mi ha particolarmente colpito che ci fosse una bancarella dedicata al gioco della pesca giapponese, che prevedeva (esattamente come accade durante le feste tradizionali giapponesi, "matsuri") di catturare dei pesci rossi tramite un retino (che assomiglia a un colino) per poi "depositarli" in un piatto piccolo e di pochi centimetri di spessore; giocando due euro, si potevano tenere tutti i pesci pescati, sempre se si riusciva a prenderli!
Un'altra cosa che ho notato, è stata la presenza di un paio di stand italiani che vendevano creazioni realizzate a mano ispirate alle icone del mondo manga/anime giapponese; mi riferisco a oggetti più o meno utili come gli appendini di Memole, gli orecchini con i Nerini del buio di Totoro, il posacenere di Calcifer de "Il castello errante di Howl", poi ancora tazze, specchi, orologi...
Nel piano superiore del Japan Palace era facile perdersi: un dedalo di stanze e corridoi pieni zeppi d'espositori, oltre alle scuole di manga e gli stand che promuovevano viaggi-studio in Giappone.
Passeggiando, in un'aula ho notato Mari Yamazaki che presentava il suo "Thermae Romae"edito dalla Star Comics. Il manga narra le vicende dell'architetto Lucius che progetta le terme nella Roma dei tempi di Adriano, quando un giorno viene risucchiato dal buco sul fondo di una vasca e finisce col ritrovarsi in un bagno pubblico del Giappone odierno. Quest'insolita avventura, che si svolge tra le due ere, ha vinto il Manga Taisho Award 2010, perciò la Yamazaki era una degli ospiti maggiormente attesi, assieme a Jiro Taniguchi che ha tenuto showcase e talk per Planet Manga (divisione Panini).
All'uscita del Japan Palace, ho poi notato la presenza di alcune macchinette self-service che vendevano, incredibile, manga e action figures! Forse un po' sleale nei confronti dei tanti espositori presenti, in ogni caso ha dato i suoi frutti visto che il giorno dopo c'erano interi scompartimenti vuoti.

Nei vari padiglioni Comics c'erano più o meno i soliti stand, tra gli editori più conosciuti e quelli dei fumetti di nicchia, tra la Yamato Video e la Disney che celebrava il suo Topolino, tra le mostre di Gundam e i sempreverdi Saint Seya (cavalieri dello zodiaco) e i giganteschi supereroi Marvel, oltre alle nuovissime star, gli Angry Birds, e gli immancabili personaggi di Star Wars, tra modellini in scala, spade laser, mezzibusti, peluche sonori e un R2-D2 telecomandato che si aggirava per la fiera.
Girovagando tra gli stand ho scoperto che il prolifico autore fantasy Neil Gaiman ha pubblicato una serie di fumetti dal titolo "The Sandman", che hanno come protagonista Sogno, personificazione antropomorfa dei sogni, e più in generale, delle storie; i fumetti sono editi da Pianeta DeAgostini e raccolti in volumi corposi dall'aspetto pregiato.
Tra gli eventi da ricordare c'è stato quello di lunedì pomeriggio nel padiglione comics di Piazza Napoleone, dove si è tenuto lo showcase di Yakou Hiroshi, direttore dell'animazione de "Le Chevalier D'Eon" e key animator di "Full Metal Alchemist".


Il padiglione Games è, come sempre, quello più ricco e variegato, nonché il più affollato! Nella serata di domenica siamo riusciti a vedere ben poco: per la tanta confusione, io e mio marito ci siam sentiti male e siam dovuti uscire, ma abbiamo rimediato il giorno dopo dedicandoci fin dalla mattina (e passandoci gran parte del pomeriggio!).
Una delle cose che più desideravo, fin dal mio arrivo, era quella di andare allo stand Nintendo per provare in anteprima "The Legend of Zelda: Skyward Sword" per Wii, che infatti uscirà il18 novembre. Mi sono piazzata davanti allo schermo (NB: quella nella foto sono io, cosplayer di Ai Amano di "Video girl Ai") e ho provato tutte e tre le sezioni di gioco disponibili, potendo così constatare che la difficoltà della saga è davvero aumentata, sia per quanto riguarda gli enigmi (che vanno dallo sbloccare le porte, alla strategia con cui affrontare i nemici - addirittura non riuscivo a eliminare un semplice ragno, neanche fosse un boss finale!), sia per quanto riguarda la sessione di volo (non così immediata come pensavo, ma che una volta intuito il meccanismo si è rivelata appassionante e coinvolgente, agitando su e giù il wiimote plus, al momento opportuno, come se sbattessi le ali del Solcanubi), in più, una maggior difficoltà è data dal sistema di combattimento totalmente affidato al wiimote plus, ossia alla riproduzione 1:1 dei movimenti del nostro braccio; è stata una sorpresa muovere intuitivamente anche il nunchuck nella mano sinistra, e vedere che così facendo avevo fatto uso dello scudo! Il boss in questione era l'ormai già famoso mago Ghiraim, che mi ha dato del filo da torcere, e visto il protrarsi della battaglia, a un certo punto mi sono messa da parte per dare anche agli altri la possibilità di gustarsi questa fantastica anteprima.
Lo stand Nintendo, per celebrare i venticinque anni della saga di Zelda, aveva anche organizzato diversi tornei nell'arco delle cinque giornate della manifestazione, come la ricerca alle rupie o la battaglia a tempo dei boss, distribuiti in vari orari e divisi in fasce d'età; lo stand esponeva in bella mostra anche i manga tratti dalla saga. Non solo Zelda, però, perché i videogiocatori hanno potuto provare in anteprima anche gli attesissimi "Super Mario 3D Land" (18 novembre), "Mario Kart 7" e "Super Pokémon Rumble" (entrambi il 2 dicembre) per Nintendo 3DS, "Il professor Layton e il richiamo dello spettro" (25 novembre) per DS e 3DS, "Mario e Sonic ai Giochi olimpici di Londra 2012" (18 novembre) e "Go vacation" (ora nei negozi) per Wii.
Anche se nelle mie vene pulsa sangue nintendaro, non ho potuto fare a meno di notare le affollate postazioni di gioco degli attesi "Rayman Origins" (24 novembre) per PS3, Xbox 360 e Wii, ma soprattutto, "Assassin's Creed: Revelations" (15 novembre) per PS3, Xbox 360, PC. Si è potuto vedere qualcosa di nuovo anche per quanto riguarda i giochi per PC, più che altro sullo sfruttamento della tecnologia in 3D stereoscopico, con schermi e televisori che lo supportano, e gli occhialini che permettono di visualizzare la profondità dell'effetto; "Assassin's Creed: Revelations" sarà uno dei giochi che supporterà questa tecnologia.

Come avrete già visto, il manifesto del Lucca Comics & Games di quest'anno (disegnato da Don Maitz) ha come soggetto il pirata Sandokan, ossia uno dei personaggi più celebri creati dallo scrittore Emilio Salgari; il soggetto perfetto, visto che quest'anno si è cominciato a dare più spazio alla letteratura fantasy!
Tra gli editori presenti ricordiamo Mondadori, Giunti, DeAgostini, Baldini Castoldi Dalai, Gruppo Editoriale Armenia e La Corte Editore, ma il più sorprendente è stato senza dubbio Casini Editore, con il suo enorme stand interattivo e il ricco calendario di eventi, tra cui il workshop di scrittura creativa con Anna Giraldo (autrice di "436"), e l'iniziativa Storytellers, dove aspiranti scrittori erano chiamati a presentare il proprio romanzo in tre minuti (con una ripresa video in diretta), sperando di convincere l'editor per una prossima pubblicazione. Tra gli eventi di spicco dell'editore, va ricordato l'Amon Day (domenica), dedicato alla saga di Paola Boni, con sessioni di gioco di ruolo da tavolo e di gioco di carte ("Amon War"), poi la presentazione del terzo e ultimo libro, "Amon Saga 3: l'Apocalisse", il manga "Amon Propecy", il libro di Mario Erminio Bussini "Amon Eclipse", e infine le miniature ispirate alla saga.
Quest'anno non sono riuscita ad assistere ad alcuna presentazione dei libri, anche se avevo in programma quella de "Il burattinaio" di Francesco Barbi (ediz. Baldini Castoldi Dalai, seguito de "L'acchiapparatti") , di "Cuore Nero" di Amabile Giusti (Baldini Castoldi Dalai), e di "Nemesis 2: la chiave di Salomone" di Francesco Falconi (Castelvecchi), anche se poi ho incontrato l'autore allo stand di "10 righe dai libri", tra l'altro insieme a Luca Azzolini per promuovere il loro "Evelyn Starr: il diario delle lune" (Piemme - Battello a vapore). In compenso, ho assistito alle illustrazioni che Paolo Barbieri operava sul momento (e su richiesta) presso il suo stand, dove il libro illustrato, "Favole degli dei" (Mondadori) era già esaurito.

Momenti da ricordare anche per quanto riguarda la musica, con il concerto della AUN-J Classic Orchestra che si è esibita domenica, all'Auditorium San Romano, nelle musiche degli anime di Hayao Miyazaki, e nella stessa giornata, appena un paio d'ore più tardi, l'esibizione di Cristina D'Avena e Giorgio Vanni insieme, per cantare le celebri sigle dei cartoni animati dagli anni '80 ad oggi.

Per finire, vorrei un attimo soffermarmi sui cosplayers, che sono un po' la vera anima della festa; quest'anno ho visto intere famiglie impersonare personaggi fantastici, ed è un piacere vedere come il fenomeno si stia pian piano diffondendo, perdendo la superficiale definizione di "pratica per bambini". Ad esempio, le sfilate dei personaggi di Star Wars e quella degli zombie catturati dalla Umbrella Corporation di Resident Evil, rappresentano uno spettacolo a tutti gli effetti.
Complice il bel tempo, quest'anno sono riuscita anch'io a partecipare in veste di cosplayer, e la cosa ha aggiunto divertimento e coinvolgimento; essere chiamata per strada come Ai, ed essere fermata per delle foto, mi ha fatto sentire "parte della festa". Inoltre, indossando i panni di un personaggio, accade qualcosa di magico, come se si accorciassero le distanze con gli altri, perché da un momento all'altro (e per puro caso) si cominciano delle conversazioni con degli sconosciuti, e animati dalla stessa passione si parla come se ci si conoscesse da tempo. Senz'altro, anche un ottimo scacciapensieri, una full immersion nella fantasia per evadere dalla realtà, o al contrario, per rendere vera (True) la fantasia (Fantasy)!




Valentina "Ai Amano" Bellettini

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