giovedì 24 agosto 2017

Recensione "Xpo Ferens" di Alessandro Forlani (Acheron Books)

Carissimi astronauti,
ho letto questo libro in occasione della sfida di lettura organizzata dal mio blog, la "Made in Italy Books Challenge" (maggiori info QUI), che prevedeva come obiettivo di Agosto la lettura di un libro con i protagonisti dai nomi italiani: qui abbiamo niente meno che Cristoforo Colombo!
Purtroppo, però, mi trovo a scrivere una recensione negativa.
Sono combattuta perché si tratta di un autore emergente che ha vinto diversi premi e ha collezionato più recensioni positive, ma secondo il mio giudizio non mi sento di andare oltre alle due stelle di valutazione.
Dopo la presentazione troverete l'opinione nel dettaglio.




Titolo: Xpo Ferens
Autore: Alessandro Forlani
Editore: Acheron Books
Genere: Fantasy, Storico, Horror
Data di uscita: 2 Aprile 2017
Formato: ebook
Pagine: 110
ASIN: B06Y19KHLJ
Prezzo: € 4,49 ebook
Link per l'acquisto: amazon


Sinossi:
Il giovane Cristoforo Colombo e suo fratello Bartolomeo, mercanti e navigatori, a seguito di un attacco di pirati saraceni raggiungono una strana isola dove rinvengono la mappa di un continente sconosciuto, situato al di là dell'Oceano Atlantico.
I due fratelli decidono quindi di partire alla scoperta del misterioso continente. Braccato dall'Inquisizione, e alla guida di un bizzarro manipolo di marinai provenienti da mezzo mondo, Cristoforo Colombo troverà il sostegno del più pericoloso armatore che si possa immaginare, e che sembra molto interessato alla meta finale: Abdul Alhazred, l'Arabo Pazzo...
Orrende negromanzie, equipaggi zombeschi, relitti di navi impossibili popolati da creature antidiluviane... il genio weird di Alessandro Forlani, premio Urania 2012, ci trasborda in una navigazione da incubo, che mescola e reinventa le suggestioni del fantasy avventuroso, del romanzo storico e dell'horror lovecraftiano!


L'autore:
Laureato in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Urbino con una tesi sulle strategie narrative di Tommaso Landolfi, si specializza in Sceneggiatura all'Accademia d'Arte Cinematografica di Bologna e presso la Scuola Holden di Torino. Ha inoltre conseguito un Master in Cultura e Gestione dello Spettacolo dal Vivo. Dal 2004 è docente di Sceneggiatura e Drammaturgia Multimediale presso l'Istituto di Comunicazione Visiva Multimediale e Spettacolo dell'Accademia di Belle Arti di Macerata. Dal 2010 insegna Scrittura Creativa presso ScuolaComics Pescara e il Centro Ricerca Le Vele (Bologna).


Le recensioni e gli articoli di Universi Incantati

Dopo aver letto la sinossi mi aspettavo un libro avventuroso e originale, visto che attinge e unisce due fonti diversissime, quella storica di Colombo, e quella della letteratura horror di Lovecraft, invece, mi sono subito trovata davanti a un grandissimo ostacolo: il linguaggio della narrazione.
Ciò che emerge dal libro, più che la storia in sé, è un linguaggio così ricercato da distrarre dalla trama, rendendo l'esperienza di lettura estremamente pesante, ostica, e persino noiosa. Se da una parte ho pensato che potesse essere adatto al contesto in cui è ambientata la storia (1400), dall'altra ho trovato che fosse troppo arzigogolato, inaccessibile ai più, probabilmente riservato a una nicchia precisa. Paradossalmente, però, ho notato che la forma non è corretta, a meno che la si voglia chiamare "licenza poetica". Mi riferisco a tutte le volte in cui l'autore scrive, ad esempio, "lui, suo fratello, inghiottirono...", dove è indubbio che sia necessaria una "e" al posto della virgola per far sì che si distinguano i due personaggi diversi (le virgole hanno il potere di stravolgere le frasi a seconda di dove si piazzano); ho riscontrato un uso spropositato del corsivo per evidenziare le parole, talvolta più parole in una stessa frase ("Si sentì addentare dentro e i pensieri morsicati; si guardò coi suoi propri occhi lì steso a terra perduto e inerme") come una precisazione spesso superflua, tipo in questa frase: "L'arabo lo trafisse con quegli occhi paurosi, dall'iride scolorita quasi vuota di un'anima" o  ancora "era a terra su un selciato; si arrossì di suo fratelllo che era nudo fra tanta gente", insomma, il lettore sa leggere e captare senza bisogno di queste spintarelle, e ce ne sono per tutto il libro!
Talvolta appaiono anche banali refusi ("Si Stiracchiarono", "spaccò quei fogli fragili così simili al vetro. E' Cristoforo lo fermò fulminato da un'intuizione", "Filipa" che a un certo punto diventa "Filippa") ma può succedere, mentre ho trovato fastidioso il mix di lingue, dal latino allo spagnolo, dal greco all'arabo, più che altro perché soffrono della mancanza delle note di traduzione necessarie per chi, come me, non ha frequentato il classico e non ha quindi studiato latico o greco.
Forse sto esagerando, ma per dare un'idea più precisa vi lascio all'estratto che riguarda uno dei momenti principali: l'entrata in scena del personaggio che aspettavo con ansia, Abdul Alhazred.






Uno schiocco di dita ossute nelle tenebre incendiate, e nei sordi gloglottii cupi della nave che andava giù: la risacca dei corsari arretrò dalla scaletta, si azzittirono le frecce e il lavoro di artiglieri. Una voce maligna e viscida si insinuò nella notte, leccò loro le orecchie e lo fece rabbrividire.
«Siamo gente di Rabat, non ci interessano le vostre merci».
Quel vecchio di cartapecora inturbantato di viola osceno, e ricami sul mantello che dolevano allo sguardo, passò fra le fila ammutolite e ossequiose; compensò i guerrieri stanchi,
sanguinanti e feriti, di una sorta di empia ostia maleolente e farinosa. L'orda bianca dei pirati gli fece largo col capo chino: tutt'un tratto placati, timorosi e dimessi quasi fino a ora non avessero scannato.




Avrei potuto sorvolare su questo primo grande ostacolo (che mi ha accompagnato per tutto il libro poiché questo è il suo stile) se non fosse che ho trovato delle lacune sulla dinamica di certe scene, già dalla prima esplorazione in terra straniera, passando per l'arruolamento dei marinai, fino all'arrivo nell'altro mondo; probabilmente perché le descrizioni sono ridotte al minimo. Inoltre, mi sono spesso sentita spaesata nei dialoghi tra i personaggi, facendo fatica a riconoscere chi fosse a parlare; pensando che fossi distratta io, ogni volta tornavo indietro di qualche pagina per cercare di capire, ma niente, stesso risultato. Di conseguenza, non ho provato coinvolgimento emotivo né i brividi della suspance, né il terrore di certe scene horror/splatter. Fredda come l'orrido macchinario di quel mondo.

Ho seguito comunque la storia perché ero curiosa nei confronti di questo misterioso mondo parallelo che il negromante Abdul Alhazred vuole raggiungere, scoprire quali erano le sue intenzioni e i suoi malefici piani... invece il passaggio avviene in un modo che quasi non me ne sono accorta (secondo me doveva essere il momento clou!), mentre il finale mi ha spiazzato perché riduce la motivazione a un "Perché sì, per il caos..." abbattendo in una frase l'intera caratterizzazione di un personaggio, facendo sembrare la traversata come il capriccio di un bambino ("perché sì!", oh no, inaccettabile!) Ho trovato frustrante che di quel mondo alternativo ci siano solo cenni e che certe creature siano date per scontate, giusto per chi ha letto un'opera precedente dell'autore. In questo modo, però, per chi lo conosce solo ora, l'esperienza di lettura è incompleta! E non essendo i libri di una stessa serie, chi si aspettava che certi misteri restassero tali e quali dall'inizio alla fine? Per risolverli, possiamo solo affidarci alla nostra personale immaginazione e interpretazione. Va detto, infatti, che l'ambientazione di questo mondo parallelo, futuristica, che strizza l'occhio all'attuale società, fornisce spunti interessanti, per cui è un vero peccato che non sia stato approfondito il discorso e che si lasci cadere il tutto nel nulla... un potenziale inespresso.

La carta vincente di questo libro è l'idea originale alla base della storia, ma secondo me non è stata sviluppata come avrebbe dovuto: la trama è eccessivamente sintetica.
Oltre all'idea, mi ha colpito la storia della coppia di marinai arruolata da Colombo, i due che partecipano all'impresa perché devono essere testimoni di chi di loro muore per primo nel rispetto di una vecchia diatriba... ho trovato il loro sipario tragicomico, persino un po' tenero per quanto bizzarro e rocambolesco (l'intera truppa è degna di questi ultimi due aggettivi), mentre di Cristoforo e del fratello Bartolomeo mi è arrivata la loro brama di navigare alla scoperta di nuovi continenti, catapultandomi in quelli che dovevano essere i pensieri dell'epoca per avventurieri come loro; in questo particolare penso proprio di aver provato un'adrenalina coinvolgente, ma, ahimé, solo qui, e queste poche note positive m'impediscono di andare oltre a questo mio severo giudizio, in gran parte penalizzato, lo ripeto, dallo stile di scrittura e dalle lacune a livello di trama.


Il voto di Universi Incantati:




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