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martedì 21 febbraio 2017

Leggi Universali: Estratti da "The Giver - Il Donatore" di Lois Lowry

Carissimi astronauti,
torno a parlarvi di uno dei libri che mi ha più colpito in questi ultimi tempi.
Dopo averlo recensito (QUI) e averlo citato anche durante la rubrica settimanale di "5 Cose Che..." (5 Canzoni per 5 Libri, dove gli ho, appunto, associato una canzone QUI), non potevo proprio fare a meno di dedicare a "The Giver - Il Donatore" questa particolare rubrica.


Rubrica dedicata agli estratti
Letture significative che vanno oltre la letteratura d'evasione

L'ho infatti paragonato a "Il Piccolo Principe", cosa che mai mi sarei sognata di fare per qualsiasi libro! Insomma, credevo che nessun'altra opera potesse egualiare quella di Antoine de Saint Exupéry in termini di enormi concetti esistenziali racchiusi in semplici frasi.
Invece è successo, e, guardate il caso, anche "The Giver - Il Donatore" è un'opera destinata ai ragazzi, ma con significati interessanti anche per gli adulti.




Premesso che il libro narra di una società in cui tutto è programmato senza considerare i bisogni e le aspirazioni individuali, che gli esseri umani sono ridotti a qualcosa di più simile ai robot che a degli esseri pensanti (poiché sono stati loro rimossi gli istinti naturali come le Pulsioni), che vige la cosiddetta legge dell'Uniformità a cui - ovviamente - nessuno si oppone, il primo estratto riguarda un grandissimo tema: il libero arbitrio.
Al dodicenne Jonas è stato assegnato il rarissimo ruolo di Accoglitore di Memorie del passato dell'umanità, mentre il Donatore è il vecchio saggio che gliele trasmette: seduta dopo seduta, è come se Jonas acquistasse consapevolezza di ciò che è stato perso, ovvero tutto ciò di cui la comunità si sta incoscentemente privando.
Il dialogo è un po' lungo ma vale la pena riportarlo senza tagli.




Ci sarebbe voluto parecchio prima che fosse capace di vedere i colori in modo permanente, gli disse il Donatore.
«Ma io li voglio!» protestò Jonas. «Non è giusto non vederli!»
«Non è giusto?» Il Donatore lo fissò in modo strano. «In che senso?»
«Beh...» Jonas dovette soffermarsi a riflettere: «Se è tutto uguale non c'è possibilità di scelta. Ma io voglio svegliarmi la mattina e scegliere! Per esempio... metterò una tunica azzurra o una rossa?»
Abbassò lo sguardo sulla stoffa incolore della propria veste. «Invece è tutto uguale, sempre».  Poi rise imbarazzato. «So che non è importante cosa indossi, però...»
«Però è importante poter scegliere, giusto?» lo aiutò a concludere il Donatore.
Jonas annuì, «Il mio fratellino... Cioè, no, non è esattamente mio fratello, non proprio» si corresse subito. «Insomma il neobimbo di cui la mia famiglia si prende cura, Gabriel...»
«Sì, so di Gabriel».
«Be', ora è nell'età in cui si apprende di più. Afferra i giocattoli quando glieli mettiamo davanti... mio padre dice che sta imparando a coordinare i muscoli secondari. Ed è così carino».
Il Donatore annuì.
«Adesso che vedo i colori, sia pure di tanto in tanto, non posso fare a meno di pensare: e se gli mettessimo davanti oggetti d'un rosso vivido, o d'un giallo acceso, e lui potesse scegliere... non sarebbe meglio dell'Uniformità?»
«Potrebbe fare la scelta sbagliata».
«Oh», Jonas restò in silenzio per un minuto intero. «Capisco. Non avrebbe importanza nel caso di un giocattolo, però ne avrebbe in seguito, non è così? Non possiamo permettere che ciascuno faccia delle scelte per conto proprio».
«Non sarebbe sicuro?» suggerì il Donatore.
«Assolutamente no» disse Jonas, convinto. «Che accadrebbe se fosse permesso scegliere il proprio compagno? E se la scelta si rivelasse sbagliata? O se... » proseguì, quasi ridendo per l'assurdità dell'idea «se fosse permesso scegliere il proprio lavoro?»
«Inquietante, vero?»
Jonas ridacchiò. «Altroché. Neanche riesco a immaginarmelo. Dobbiamo proteggere la gente dalle scelte sbagliate».
«E' più sicuro».
«Sì» concordò Jonas. «Molto più sicuro».
Ma anche quando la conversazione si spostò su altri argomenti, a Jonas restò uno
strano senso di frustrazione, che nemmeno lui riusciva a spiegarsi.




Come ho scritto in un Tweet (vedi QUI) durante la lettura, quest'opera è stata capace di farmi amare la nostra realtà fin nelle piccole cose, quelle semplici, a cui spesso non diamo importanza.
Leggete questo bellissimo passo che ci ricorda che la vita è meravigliosa.





Jonas aveva già sperimentato innumerevoli, sconosciuti frammenti di gioia. Aveva assistito a una festa di compleanno e aveva visto un bambino festeggiato in un giorno tutto suo, e ora capiva la gioia di essere un individuo speciale, unico e fiero.
Aveva visitato musei e ammirato dipinti pieni di tutti i colori che ora conosceva e individuava.
Durante una memoria di pura estasi aveva cavalcato un cavallo dal manto scuro e lucido su un campo d'erba profumata ed era smontato accanto a un ruscello, e lui e il cavallo ne avevano bevuto l'acqua fresca e limpida.
Ora conosceva gli animali e, quando il cavallo, dopo aver bevuto, gli aveva affettuosamente strofinato il muso conto una spalla, Jonas aveva percepito il legame esistente tra loro e gli esseri umani.
Aveva camminato nei boschi e si era seduto di notte davanti a un fuoco. Attraverso
le memorie aveva appreso il dolore dell'abbandono e della solitudine, ma aveva
conquistato anche la consapevolezze dei benefici che quest'ultima poteva recare
con sé.




Ora vi riporto l'estratto di un capitolo che mi ha emozionata dall'inizio alla fine. Probabilmente, quanto vi copio non vi toccherà molto, ma dopo questo estratto, sappiate che l'intensità va in crescendo.
E' il capitolo in cui si parla di un'emozione dimenticata: l'amare.
E di un rapporto che è venuto a mancare: quello della famiglia.






Un bambino andò a sedersi in grembo all'anziana, che lo cullò e strofinò una guancia contro la sua.
Jonas aprì gli occhi e restò sdraiato sul letto, felice, indugiando ancora nel calore così avvolgente e rassicurante di quella memoria.
Erano tutte lì, le cose che aveva imparato ad amare.
«Che cosa hai percepito?» gli chiese il Donatore.
«Calore» fu la risposta «e felicità. E... mi lasci pensare. Famiglia. Era una celebrazione di qualche tipo, una festa. E qualcos'altro... non so trovare la parola adatta».
«Ti verrà in mente».
«Chi erano i due anziani? Perché erano lì?»
La loro presenza lo aveva stupito. Gli anziani della Comunità non lasciavano mai l'edificio loro riservato, dov'erano così ben curati e rispettati.
«Si chiamavano nonni».
«Nonni?»
«Nonni. Tanto tempo fa, si chiamavano così i genitori dei genitori».
«Tanto e tanto e tanto tempo fa?» Jonas ridacchiò. «Vuole dire che c'erano genitori dei genitori dei genitori dei genitori?»
Anche il Donatore rise.
«Esatto. Un po' come guardarsi in uno specchio e vedere te stesso che guardi in
uno specchio e via di seguito».




In conclusione, non posso fare a meno di riportarvi un estratto sulle emozioni, perché, in fondo, è proprio questo il nucleo centrale del libro.





Riflettendo, com'era sua buona abitudine, sulla precisione linguistica, Jonas si rese conto che stava sperimentando una nuova profondità di sentimenti, che li rendeva diversi da quelli che ogni sera, in ogni casa, ogni cittadino analizzava in discussioni senza fine.
"Mi sono arrabbiata perché qualcuno ha infranto le regole del parco giochi", aveva detto una volta Lily, stringendo il piccolo pugno a dimostrazione della propria collera. E tutti, Jonas compreso, avevano parlato della possibile causa dell'infrazione e del bisogno di capire e pazientare, finché il pugno di Lily si era schiuso e la rabbia dileguata.
Ma quella di Lily (ora Jonas se ne rendeva conto) non era stata rabbia: impazienza e stizza superficiali, ecco cos'aveva provato la bambina. E lui lo sapeva con sicurezza, perché adesso conosceva la vera rabbia: nelle memorie, aveva incontrato ingiustizia e crudeltà, e aveva reagito con una collera così intesnsa e straziante da rendere assurdo il pensiero di discuterne con calma dopo il pasto serale.
"Oggi mi sono sentita triste" aveva detto sua mamma, e loro l'avevano consolata.
Ma ora Jonas sapeva cosa fosse la vera tristezza.
Aveva provato il dolore. E sapeva che, per quelle emozioni, non esisteva conforto
immediato.
Perché le vere emozioni scavano in profondità e non c'è bisogno di parlarne.
Si sentono e basta.





Come vedete si tratta di dialoghi ed estratti un po' lunghi, perché occorre leggere un po' di pagine prima di apprendere il concetto che ogni episodio vuole trasmettere. Un po' come "Il Piccolo Principe", non vi sembra? ;)
Ad ogni modo, ora tocca a voi esprimervi: cosa ne pensate di questi estratti?
Qual'è il vostro passo preferito?
Pensate anche voi che tra questi concetti siano racchiuse delle leggi universali?
Fatemi sapere nei commenti!





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