Dissipiamo la nebbia e facciamo conoscere questo libro
Parto subito con una critica: non avrei mai scoperto "Il principe della nebbia" se non fosse che sono andata in una libreria diversa, indipendente, che lo teneva in bella vista tra gli ultimi arrivi.
Eppure, questo non è l'ultimo libro di Zafón, anzi, è uno dei primi: ci si stupisce se guardando la data di edizione si nota che è addirittura stato pubblicato nel 2006, o almeno, fa stupire me che non mi sono imbattuta prima, forse perché si tratta di un editore (SEI) più piccolo, che non può godere della visibilità dei colossi editoriali.
Ma passiamo alla recensione del testo.
"Dovrà passare molto tempo prima che Max dimentichi l'estate in cui scoprì, quasi per caso, la magia", così recita la quarta di copertina (nonché l'inizio del primo capitolo) e, solitamente, quando si pensa alla magia viene automatico pensare a un qualcosa di positivo, di straordinariamente meraviglioso; leggendo, invece, si scoprirà che la magia in questione è magia nera, magia "proibita", e il "principe della nebbia" non è l'eroe delle favole, bensì il "cattivo", un diabolico antagonista.
Quindi, se all'inizio mi ero illusa di trovarmi davanti a un racconto completamente diverso (stile favola con principi, boschi e castelli) ho ritrovato quella solita, intrigante e misteriosa atmosfera propria dei libri di Zafón: perfetto!
Che non si fraintenda, ben venga sperimentare, però se ho imparato ad amare Zafón è proprio perché i suoi libri hanno un certo stile, delle caratteristiche comuni, con uno svolgimento che, pur essendo il solito (misteri, rivelazioni e colpi di scena, in un crescendo di adrenalina quando si è un passo dalla fine), riesce a sorprendere, a colpire e a lasciare il segno.
A proposito di caratteristiche comuni, abbiamo il protagonista adolescente Max Carver, l'improvvisato detective di turno, ma che in questo caso non è solo: ha una famiglia con tanto di sorelle (gli altri protagonisti di Zafón erano tutti più o meno orfani) e questa è una grossa differenza, specie se si considera (ed è evidente a fine lettura) che il racconto vuole simboleggiare il legame che va creandosi tra Max e la sorella più grande, Alicia, dapprima così distanti, quasi non si conoscessero, poi sempre più complici, custodi di un segreto che rivelare a parole diventa superfluo tanto è profondo il legame tra i loro cuori.
Altra differenza, è che qui non siamo a Barcellona: non è specificato dove siano ambientate le vicende, sappiamo solo che è un piccolo paesino in riva al mare; non ci sono le cattedrali gotiche, al massimo un cimitero e un indimenticabile (e altrettanto inquietante) giardino di statue immerso nella nebbia. Al posto degli stretti vicoli, abbiamo il mare aperto e un relitto inabissato, i quali segreti... stanno per venire a galla (battutaccia).
Ma il fascino del passato, le case i cui muri, come si dice, "se solo potessero parlare", il protagonista che si ritrova ad abitarci, e che a causa di alcuni inspiegabili avvenimenti è costretto (prima dalla curiosità poi dall'esigenza) ad attuare delle ricerche, poi il "vecchio saggio e sapiente" (Victor, il guardiano del faro) e l'amore, quell'amore maledetto, tormentato, impossibile... sì, tutto questo è Zafón!
All'inizio, comunque, l'amore in questo libro è il più adolescenziale che abbia mai trattato, nel senso che è finalmente spensierato, fatto di piccole gioie e piccole scoperte, dove i protagonisti sono alla loro prima esperienza. A tal proposito, quando Max nota il cambiamento comportale della sorella quando è con Roland (il nipote del guardiano del faro), ho apprezzato la sensibilità che l'autore ha dimostrato d'avere; Zafón sa rilevare le piccolezze, ci fa rendere conto che in realtà sono piccole grandi cose (per sapere di cosa sto parlando, leggete il libro!).
E il principe della nebbia, Il mago/stregone Cain che assume diverse sembianze e fa dei patti con gli esseri umani, mi ha più volte ricordato il diabolico antagonista de "il gioco dell'angelo". Chissà che non sia un prequel (lui stesso dice che ha più nomi e la sua fine è un po' vaga)...
L'unico neo di questo libro, è che ho trovato diverse frasi di difficile lettura, forse per un'imprecisione di traduzione (lascio a Zafón il beneficio del dubbio!) e, un'altra cosa che poi è un'annotazione personale, dura troppo poco! Si tratta di un racconto lungo (o romanzo breve) quindi mi è dispiaciuto vederlo finire così presto. Tuttavia mi è difficile immaginarlo diversamente, perderebbe la sua magia.
A volte la profondità si trova nelle parole non dette, come nel silenzio tra Max e Alicia.
E' davvero romantico e poetico.
Zafón è romantico e poetico.
Parto subito con una critica: non avrei mai scoperto "Il principe della nebbia" se non fosse che sono andata in una libreria diversa, indipendente, che lo teneva in bella vista tra gli ultimi arrivi.
Eppure, questo non è l'ultimo libro di Zafón, anzi, è uno dei primi: ci si stupisce se guardando la data di edizione si nota che è addirittura stato pubblicato nel 2006, o almeno, fa stupire me che non mi sono imbattuta prima, forse perché si tratta di un editore (SEI) più piccolo, che non può godere della visibilità dei colossi editoriali.
Ma passiamo alla recensione del testo.
"Dovrà passare molto tempo prima che Max dimentichi l'estate in cui scoprì, quasi per caso, la magia", così recita la quarta di copertina (nonché l'inizio del primo capitolo) e, solitamente, quando si pensa alla magia viene automatico pensare a un qualcosa di positivo, di straordinariamente meraviglioso; leggendo, invece, si scoprirà che la magia in questione è magia nera, magia "proibita", e il "principe della nebbia" non è l'eroe delle favole, bensì il "cattivo", un diabolico antagonista.
Quindi, se all'inizio mi ero illusa di trovarmi davanti a un racconto completamente diverso (stile favola con principi, boschi e castelli) ho ritrovato quella solita, intrigante e misteriosa atmosfera propria dei libri di Zafón: perfetto!
Che non si fraintenda, ben venga sperimentare, però se ho imparato ad amare Zafón è proprio perché i suoi libri hanno un certo stile, delle caratteristiche comuni, con uno svolgimento che, pur essendo il solito (misteri, rivelazioni e colpi di scena, in un crescendo di adrenalina quando si è un passo dalla fine), riesce a sorprendere, a colpire e a lasciare il segno.
A proposito di caratteristiche comuni, abbiamo il protagonista adolescente Max Carver, l'improvvisato detective di turno, ma che in questo caso non è solo: ha una famiglia con tanto di sorelle (gli altri protagonisti di Zafón erano tutti più o meno orfani) e questa è una grossa differenza, specie se si considera (ed è evidente a fine lettura) che il racconto vuole simboleggiare il legame che va creandosi tra Max e la sorella più grande, Alicia, dapprima così distanti, quasi non si conoscessero, poi sempre più complici, custodi di un segreto che rivelare a parole diventa superfluo tanto è profondo il legame tra i loro cuori.
Altra differenza, è che qui non siamo a Barcellona: non è specificato dove siano ambientate le vicende, sappiamo solo che è un piccolo paesino in riva al mare; non ci sono le cattedrali gotiche, al massimo un cimitero e un indimenticabile (e altrettanto inquietante) giardino di statue immerso nella nebbia. Al posto degli stretti vicoli, abbiamo il mare aperto e un relitto inabissato, i quali segreti... stanno per venire a galla (battutaccia).
Ma il fascino del passato, le case i cui muri, come si dice, "se solo potessero parlare", il protagonista che si ritrova ad abitarci, e che a causa di alcuni inspiegabili avvenimenti è costretto (prima dalla curiosità poi dall'esigenza) ad attuare delle ricerche, poi il "vecchio saggio e sapiente" (Victor, il guardiano del faro) e l'amore, quell'amore maledetto, tormentato, impossibile... sì, tutto questo è Zafón!
All'inizio, comunque, l'amore in questo libro è il più adolescenziale che abbia mai trattato, nel senso che è finalmente spensierato, fatto di piccole gioie e piccole scoperte, dove i protagonisti sono alla loro prima esperienza. A tal proposito, quando Max nota il cambiamento comportale della sorella quando è con Roland (il nipote del guardiano del faro), ho apprezzato la sensibilità che l'autore ha dimostrato d'avere; Zafón sa rilevare le piccolezze, ci fa rendere conto che in realtà sono piccole grandi cose (per sapere di cosa sto parlando, leggete il libro!).
E il principe della nebbia, Il mago/stregone Cain che assume diverse sembianze e fa dei patti con gli esseri umani, mi ha più volte ricordato il diabolico antagonista de "il gioco dell'angelo". Chissà che non sia un prequel (lui stesso dice che ha più nomi e la sua fine è un po' vaga)...
L'unico neo di questo libro, è che ho trovato diverse frasi di difficile lettura, forse per un'imprecisione di traduzione (lascio a Zafón il beneficio del dubbio!) e, un'altra cosa che poi è un'annotazione personale, dura troppo poco! Si tratta di un racconto lungo (o romanzo breve) quindi mi è dispiaciuto vederlo finire così presto. Tuttavia mi è difficile immaginarlo diversamente, perderebbe la sua magia.
A volte la profondità si trova nelle parole non dette, come nel silenzio tra Max e Alicia.
E' davvero romantico e poetico.
Zafón è romantico e poetico.
Mi piace perchè la storia si svolge in un paesino vicino al mare con un faro e un relitto in fondo al mare.
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