Purtroppo avete letto bene, Asengard chiude.
Mi sento triste, un po' perché essendo nel commercio vivo la crisi, quest'anno più che mai, e ogni giorno mi chiedo dove sia lo spiraglio di luce che ci permetterà di uscire dal tunnel. Sono preoccupata, proprio io, inguaribile ottimista. Vedo negozi che chiudono, uno dopo l'altro, un Centro Storico che muore lentamente, bagnanti che mi raccontano di come i clienti della Riviera non rinuncino alle vacanze, ma siano passati da una settimana in hotel 4 stelle a un weekend in una pensioncina da due, e ora questo.
Non ho mai sfogato le mie preoccupazioni sulla crisi (lo farò quando capiterà l'occasione più adatta) e non ho mai parlato apertamente di Editoria perché la questione è complicata e necessita di un post lungo più o meno quanto l'Eneide. Ma qualche parola su Asengard la devo spendere.
Mi sono affezionata a questa casa editrice pur non avendo rapporti di chissà quale genere, e anzi, avevo provato a proporre il mio inedito che dopo una lunga attesa fu respinto. La cura delle copertine, la specializzazione nel genere fantasy, l'occhio di riguardo verso gli esordienti e più in generale verso gli autori italiani, prezzi onesti e un grande coraggio, perché pubblicavano senza chiedere un centesimo agli autori e ultimamente puntavano a una collana steampunk, "Weird", e l'ultima nata action-adventure, "Runaway", il nome che avevo proposto io nel piccolo contest lanciato sul loro blog. Insomma, una piccola realtà editoriale che si è subito guadagnata la mia stima, tanto che ho preso quasi tutti i libri nel loro catalogo (anche alla fiera di Torino quest'anno ne ho comprati due: "Il ghigno di Arlecchino" e "Pastworld") e grazie a loro ho conosciuto autori come Francesco Falconi (la saga di "Prodigium"), Luca Tarenzi ("Il sentiero di legno e sangue") e Luca Azzolini (curatore e autore di due racconti nella raccolta "Sanctuary"). Ogni anno a Torino acquistavo un paio di libri da loro editi, un comportamento che non ho mai avuto nei confronti di altri. Per tutti questi motivi mi mancherà.
Ma la mia non è solo tristezza, è anche rabbia; non è nei loro confronti perché capisco la situazione e quanto sia stata sofferta la scelta, mi fa rabbia che questi sforzi, il puntare sulla qualità e l'onestà, non siano stati sufficienti a permetterle di sopravvivere in quella jungla chiamata editoria.
Perché una piccola Casa editrice non ha gli stessi mezzi, né lo stesso giro d'affari di una major (o un editore a pagamento); esattamente come un piccolo negozio indipendente non può competere con le grandi catene e i centri commerciali.
Addio Asengard...
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