venerdì 2 dicembre 2011

Recensione "Arrietty - il mondo segreto sotto il pavimento"

Recensione "Arrietty - il mondo segreto sotto il pavimento"di Hiromasa Yonebayashi (Studio Ghibli)






Una piccola amica per una grande storia


Come abbiamo visto ne "Il mio vicino Totoro" e "La città incantata", anche l'ultima opera dello Studio Ghibli comincia con un trasloco, o meglio, un trasferimento. Seguiamo il viaggio di un'auto con a bordo un ragazzino di nome Sho, la cui voce fuori campo comincia a narrare di quell'estate passata nella villa dove sua madre aveva vissuto l'infanzia. Sho è malato. Il trasferimento è dovuto al fatto che presto dovrà affrontare una delicata operazione al cuore, presumibilmente in quella città, Koganei.
Lungo la stradina che porta alla villa, Sho scende dall'auto e s'incammina verso il giardino per guardare là dove il gatto sta puntando qualcosa; tra le piante, infatti, c'è un esserino, precisamente una ragazza, che si muove e si arrampica tra gli steli in cerca di un nascondiglio.
La ragazzina ha quattordici anni, si chiama Arrietty, ed è una "prendimprestito", ossia un essere alto appena 10 centimetri comunemente conosciuto come "gnomo". L'appellativo "prendimprestito" deriva dal fatto che quelli della sua specie sono soliti uscire all'aperto in cerca di oggetti utili al loro fabbisogno (ad esempio, una foglia di alloro riuscirà a sfamarli per un anno) ma una volta usciti di casa devono preoccuparsi di non essere visti dagli umani, cosa che accade ad Arrietty proprio quel giorno, quando Sho la nota sia la mattina sia quella sera stessa, colta sul fatto nella stanza del ragazzo mentre lei e il padre erano intenti a sollevare un fazzoletto dalla scatola (modello "kleenex"). Per lo spavento, Arrietty perde la zolletta di zucchero rendendo così inutile l'uscita, ma soprattutto, essendo stata vista, la sua famiglia è ora costretta a trasferirsi.
Il giorno dopo, Arrietty trova la stessa zolletta di zucchero lasciata fuori nel giardino, assieme a un messaggio da parte di Sho: nonostante la paura e le raccomandazioni dei genitori, la curiosità di avvicinarsi all'umano è troppo forte, così, superate le barriere e gli ingiustificati pregiudizi, nasce un rapporto che è qualcosa di più di un'amicizia, perché basato sul rispetto e il sostegno reciproco; è un'occasione di crescita per entrambi.

Sho e Arrietty hanno infatti bisogno l'uno dell'altra; sono due esseri fragili. La fragilità di Arrietty deriva principalmente dalle sue proporzioni, poiché in realtà è tenace, ha un'incredibile forza di volontà, e le inquadrature sul suo primo piano ci mostrano uno sguardo determinato, esattamente come le protagoniste delle altre opere dello Studio Ghibli (Nausicaa e Kiki). Però, Arrietty non può contare sul lato "magico" come ci si potrebbe aspettare da creature come lei: i "prendimprestito", infatti, non hanno alcuna caratteristica fatata; sono come gli umani, solo più piccoli.
Passando a Sho, invece, vediamo come egli non possa contare sulla forza fisica, ma nemmeno su quella morale. Egli è malato, gracile, minuto, ha il viso pallido, e la maggior parte del tempo è costretto a letto. Soffermandoci sul suo viso vediamo soprattutto una fragilità emotiva: egli ha un'espressione dimessa, gli occhi spenti; conserva quello sguardo persino quando trova Arrietty nella sua stanza, questo perché Sho è arreso, disilluso, e su tutte, solo. Egli deve operarsi, ma i suoi genitori sono occupati ognuno nelle proprie faccende; lontani da lui fisicamente quanto spiritualmente.
Arrietty gli trasmette un po' del suo coraggio e della sua determinazione, mentre Sho sente di doverla proteggere, ponendola prima della sua stessa salute.

Ad essere precisi, non è che le azioni di Sho vadano sempre a favore di Arrietty; ecco, lui agisce in buona fede, tuttavia, forse anche per via della giovane età, non pensa alle conseguenze delle sue azioni. Sostituire la modesta cucina della piccola famiglia con quella elegantissima della casa delle bambole, significa, per i poveretti, un vero e proprio terremoto in casa. Poi non è che i piccoletti volessero quell'abitazione sfarzosa, infatti quando Arrietty e il padre la raggiungono nel corso della prima missione della ragazzina, ne ammirano il lusso, poi però vanno oltre, dispiacendosi piuttosto dell'idea di lasciare la loro vecchia casa perché non è più un luogo sicuro.
E' infatti colpa della negligenza di Sho se la governante scopre l'esistenza delle creaturine. Per lei sono dei "rubacchiotti"! Ignora come Arrietty e la sua famiglia prendano solo beni di primaria necessità che gli umani hanno in quantità "industriale" (zucchero, fazzoletti), oppure oggetti dimenticati (uno spillo, una molletta) oppure ancora, cose che agli umani non servono più.
Ci si potrebbe leggere una lezioncina di economia, specie in tempi di crisi come i nostri.
La governante, comunque, diventa l'antagonista della storia. Di certo non è realmente cattiva, ma le sue sono delle azioni malvagie, specie se viste sotto la prospettiva dei piccoletti: vedersi scoperchiare la casa, essere rinchiuso in un barattolo e poi nascosto, addirittura arriva a chiudere a chiave la stanza di Sho per impedirgli di uscire e intervenire a favore dei suoi piccoli amici. Non è chiaro il perché la governante reagisca così, se li detesti o se voglia mostrarli al pubblico come fossero trofei, ma ciò che è certo è che si tratta di una persona continuamente preda delle proprie emozioni.
Il fatto che non ci sia un antagonista vero e proprio, bensì la sua sola sfumatura, non è cosa nuova nelle opere dello Studio Ghibli, ma stavolta non mi ha soddisfatto. Forse sarebbe bastato colmare alcune lacune nel comportamento della governante, dando qualche spiegazione in più. Solo per questo, il mio giudizio si ferma a quattro stelle.

Questa pellicola segna l'esordio alla regia di Hiromasa Yonebayashi, già animatore de "La città incantata" e "Ponyo sulla scogliera". L'impronta di Hayao Miyazaki alla sceneggiatura, però, si sente eccome, e la si percepisce anche nell'atmosfera: segno di una personalità dominante (quella di Miyazaki), o di un allievo che ha colto alla perfezione i suoi insegnamenti (Yonebayashi)? Nonostante l'inizio sia un po' lento rispetto agli standard cui ci ha abituato lo Studio (che non è detto sia un male con tutto il nostro correre quotidiano), Yonebayashi ci conduce per mano dentro la storia, senza lasciarci sfuggire il più piccolo particolare (lo strap dello zaino che si scolla), ci incanta con le immagini di una natura brillante e coloratissima (la stanza di Arrietty e il giardino), ci culla con la dolcezza dei protagonisti (espressa nei gesti oltre che trasparire dai visi), e il risultato è quello che lo Studio Ghibli regala da sempre: un delicato sussurro che tocca nel profondo l'animo dello spettatore.
La storia è di per sé piuttosto semplice ed è tratta dalla serie di racconti fantasy per ragazzi "Gli Sgraffignoli", dell'inglese Mary Norton (è stato tratto anche un film nel 1997, "I rubacchiotti", regia di Peter Hewitt), ma ormai sono dell'idea che lo Studio Ghibli impreziosisca tutto ciò che tocca: sarà per i disegni in stile classico in un'era dominata da computer grafica e 3D, sarà perché trattano temi sociali e di sensibilizzazione che si colgono "tra le righe", più che essere sbandierati, sarà perché sono ancora un genere "di nicchia" piuttosto che commerciale, fatto sta che fanno breccia nel mio cuore come pochi film d'animazione sanno fare. Sottolineo: film. Guai se sento la definizione: "cartoni per bambini"!
Immagini, trama e contenuti, senza dimenticare l'importanza della musica. Una colonna sonora composta e cantata dalla bretone Cécile Corbel che si sposa perfettamente con l'atmosfera: delicata, poetica, magica. Che magnifica sorpresa sentire il tema principale, la "Arrietty's Song", cantato in italiano durante la sequenza finale e i titoli di coda. La musicista ha interpretato la canzone anche in giapponese, francese e inglese.

Il finale è commovente, e per la prima volta triste.
Il messaggio è positivo, ma può lasciare insoddisfatti coloro che si aspettano una conclusione netta piuttosto che lasciata intuire; non si tratta di un "vissero felici e contenti" ma non è detto che ciò non accada comunque. Come dimenticarsi, poi, del selvaggio Spiller, in cui si potrebbe leggere un altro messaggio sottinteso? Ossia, Arrietty e i suoi familiari non sono forse troppo civilizzati e dipendenti dagli umani? Perché non farli tornare in mezzo alla natura?
Ho già voglia di rivedere questo splendido film.
E questa canzone, non riesco a fare a meno di ascoltarla e riascoltarla:


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Recensione dedicata alla memoria della mia piccola amica Celeste,
scomparsa all'improvviso mercoledì scorso, proprio sul più bello (a pochi giorni dalla schiusa delle sue uova).
Tu mi richiamavi, e io ti rispondevo.
Tu avevi bisogno, e io avevo bisogno di te.
Abbiamo sofferto quando se n'è andata Zorrina; ci siamo fatte compagnia e legate strette l'una all'altra, inconsapevoli che sette mesi dopo te ne saresti andata anche tu.
Entrambe avevamo i nostri progetti, che s'intrecciavano.
Mi volevi bene, lo so.
Io te ne vorrò per sempre.
Avrò cura di Kiwi; non sarà mai solo.
E a te... a te un grazie.
Perché è sempre un privilegio quando un animale ti accoglie nel suo cuore.



4 commenti:

  1. buona recensione ma il libro non mi ispira molto
    saluti

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  2. Buona la considerazione sullo Studio Ghibli che impreziosisce opere pre esistenti, concordo che gli infonde uno stile candido, sussurrato, ed anche nei momenti maestosi dal sapore vecchia scuola.

    Molto vivo questo blog, mi ci tufferò spesso. In tuta spaziale, ovviamente!

    Luigi

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  3. ^^ Grazie Luigi! Benvenuto nel mio blog :)
    Passo a fare un salto anche io nel tuo ;)

    RispondiElimina

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