avete passato un bel weekend? Io sì, e mi sono anche rilassata leggendo e recuperando un po' di puntate di "Outlander"; poi stasera ricomincia "The Walking Dead" sulla Fox e non vedo l'ora! *__*
Restiamo in tema horror con questa nuova segnalazione...
Rubrica dedicata alle segnalazioni
di autori emergenti e case editrici
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Vediamo nel dettaglio qeusta antologia di racconti scritti da una penna italiana.
Titolo: Fluffers/CdM
Autore: Reda Wahbi
Editore: Self-Publishing
Editore: Self-Publishing
Genere: Horror
Data di uscita: 17 maggio 2016
Pagine: 162
Formato: ebook
ISBN: 9786050440478
Prezzo: 1,99 €
ISBN: 9786050440478
Prezzo: 1,99 €
Sinossi:
Sette storie brevi, tra circoli di lotta tra carlini mannari, pessimi coinquilini, diete alternative, primi halloween, storie narrate in cinema deserti e rospi domestici. In appendice, un'anteprima della seconda stagione di Zeitgeist Hotel.
"[...] «Quand'è stata l'ultima volta che ha fatto un'antitetanica?» mi chiese con tono professionale.
«Non lo so. Non credo nemmeno di averne mai fatta una.»
«Ahi, male....» disse scuotendo la testa. Il suo repentino cambiamento d'umore m'inquietava quasi più della possibilità di perdere la mano o di aver contratto chissà quale malattia. La morte di Fluffers sembrava già il vago ricordo di un passato già lasciatosi alle spalle.
«È un dottore?» chiesi.
«No.»
«Oh, un veterinario, allora.»
«No, nemmeno.»
Mi guardai intorno. Avevo l'idea che dietro quegli armadi e cassetti scintillanti si nascondesse un tesoro di siringhe confezionate, garze, cotone, bisturi, forbici. Accanto al tavolino su cui era appoggiato il mio braccio c'era addirittura un carrello medico su cui erano appoggiati batuffoli di cotone e cotton-fioc intrisi di sangue scuro.
«Gestivo un antiquario» disse. «Una piccola attività, abbastanza buona da permetterci di pagare le bollette.»
«Mentre sua moglie...»
«Insegnava. All'università.»
«Capisco.»
Cercai di riaprire la mano, provocando un'altra scossa che viaggiò lungo le ossa del braccio. Le unghie del pollice e dell'indice caddero ticchettando sul tavolino.
«Cazzo,» urlai, cercando di alzarmi e liberarmi nel frattempo dalla presa del vecchio.
«Non si agiti. Cerchi di sopportare il dolore, sennò la zampa le crescerà tutta deforme.»
Le lampade al neon smisero improvvisamente di ronzare.
«Scusi?» chiesi.
Il vecchio si levò gli occhiali, cercando di mantenere un'espressione calma e paziente. Schioccò le labbra e mi spiegò:
«Se continua a muovere le dita c'è il rischio che le ossa non si sviluppino naturalmente. La zampa potrebbe crescerle deforme, o peggio, potrebbe essere del tutto inutilizzabile. L'ho visto succedere, qualche volta. Piccole zampette ridotte ad uncini a malapena buone per appoggiarvisi. A un paio di cuccioli ho dovuto amputargliela. Una vera tristezza. Sarebbe meglio per tutti e due evitare una cosa del genere, non le pare?»
«Zampette?» dissi mentre stava per rimettersi gli occhiali, costringendolo ad appoggiarli nuovamente sul tavolo per una nuova spiegazione. I suoi occhi, grandi e umidi, mi guardarono in un misto di pena e sadismo. Sorrise, unì le mani e disse:
«Non le voglio mentire. Non sono un sadico né un mostro, e l'ultima cosa che voglio è che passi il resto della sua permanenza qui a chiedersi che fine farà o se tornerà mai a casa. Le risparmio l'angoscia. La risposta è: no, non tornerà a casa. La sua vita così come la conosceva è finita nel momento in cui Fluffers l'ha morsa. Meglio farsene una ragione adesso. Vivrà molto meglio così.»
Non c'era minaccia nella sua voce, né tracce di follia. Solo la triste constatazione di un fatto, annunciata nello stessa stessa maniera di un oncologo che diagnostica un cancro incurabile a un paziente.
Mi liberai dalla presa, mi alzai e andavi verso l'uscita, cercando di non perdere l'equilibrio tra il dolore e le vertigini.
«Devo andare. Grazie di tutto e sono ancora addolorato per...»
«Dove credi di andare, Fluffers? Non sei al sicuro lì fuori. Casa tua è qui,» disse con voce carica di premura.
Quando cercai di aprire la porta, sentì la mano esplodere di dolore dopo appena mezzo giro della maniglia. Per una manciata di preziosi secondi mi fermai con la mano stretta contro il petto. Il dolore e la febbre mi impedivano ogni movimento, ogni pensiero.
Mi guardai indietro e vidi il vecchio tirare fuori dall'armadio una grossa teiera di bronzo, piena di ammaccature. Mi affrettai ad afferrare la maniglia con l'altra mano. La porta si aprì in uno stretto spiraglio. Poi sentì il suono sordo e metallico del colpo. La nuca vibrò, facendomi quasi schizzare gli occhi dalle orbite. Il dolore si spanse come un liquido denso all'interno cranio finché non invase gli occhi, e tutto divenne nero."
"[...] «Quand'è stata l'ultima volta che ha fatto un'antitetanica?» mi chiese con tono professionale.
«Non lo so. Non credo nemmeno di averne mai fatta una.»
«Ahi, male....» disse scuotendo la testa. Il suo repentino cambiamento d'umore m'inquietava quasi più della possibilità di perdere la mano o di aver contratto chissà quale malattia. La morte di Fluffers sembrava già il vago ricordo di un passato già lasciatosi alle spalle.
«È un dottore?» chiesi.
«No.»
«Oh, un veterinario, allora.»
«No, nemmeno.»
Mi guardai intorno. Avevo l'idea che dietro quegli armadi e cassetti scintillanti si nascondesse un tesoro di siringhe confezionate, garze, cotone, bisturi, forbici. Accanto al tavolino su cui era appoggiato il mio braccio c'era addirittura un carrello medico su cui erano appoggiati batuffoli di cotone e cotton-fioc intrisi di sangue scuro.
«Gestivo un antiquario» disse. «Una piccola attività, abbastanza buona da permetterci di pagare le bollette.»
«Mentre sua moglie...»
«Insegnava. All'università.»
«Capisco.»
Cercai di riaprire la mano, provocando un'altra scossa che viaggiò lungo le ossa del braccio. Le unghie del pollice e dell'indice caddero ticchettando sul tavolino.
«Cazzo,» urlai, cercando di alzarmi e liberarmi nel frattempo dalla presa del vecchio.
«Non si agiti. Cerchi di sopportare il dolore, sennò la zampa le crescerà tutta deforme.»
Le lampade al neon smisero improvvisamente di ronzare.
«Scusi?» chiesi.
Il vecchio si levò gli occhiali, cercando di mantenere un'espressione calma e paziente. Schioccò le labbra e mi spiegò:
«Se continua a muovere le dita c'è il rischio che le ossa non si sviluppino naturalmente. La zampa potrebbe crescerle deforme, o peggio, potrebbe essere del tutto inutilizzabile. L'ho visto succedere, qualche volta. Piccole zampette ridotte ad uncini a malapena buone per appoggiarvisi. A un paio di cuccioli ho dovuto amputargliela. Una vera tristezza. Sarebbe meglio per tutti e due evitare una cosa del genere, non le pare?»
«Zampette?» dissi mentre stava per rimettersi gli occhiali, costringendolo ad appoggiarli nuovamente sul tavolo per una nuova spiegazione. I suoi occhi, grandi e umidi, mi guardarono in un misto di pena e sadismo. Sorrise, unì le mani e disse:
«Non le voglio mentire. Non sono un sadico né un mostro, e l'ultima cosa che voglio è che passi il resto della sua permanenza qui a chiedersi che fine farà o se tornerà mai a casa. Le risparmio l'angoscia. La risposta è: no, non tornerà a casa. La sua vita così come la conosceva è finita nel momento in cui Fluffers l'ha morsa. Meglio farsene una ragione adesso. Vivrà molto meglio così.»
Non c'era minaccia nella sua voce, né tracce di follia. Solo la triste constatazione di un fatto, annunciata nello stessa stessa maniera di un oncologo che diagnostica un cancro incurabile a un paziente.
Mi liberai dalla presa, mi alzai e andavi verso l'uscita, cercando di non perdere l'equilibrio tra il dolore e le vertigini.
«Devo andare. Grazie di tutto e sono ancora addolorato per...»
«Dove credi di andare, Fluffers? Non sei al sicuro lì fuori. Casa tua è qui,» disse con voce carica di premura.
Quando cercai di aprire la porta, sentì la mano esplodere di dolore dopo appena mezzo giro della maniglia. Per una manciata di preziosi secondi mi fermai con la mano stretta contro il petto. Il dolore e la febbre mi impedivano ogni movimento, ogni pensiero.
Mi guardai indietro e vidi il vecchio tirare fuori dall'armadio una grossa teiera di bronzo, piena di ammaccature. Mi affrettai ad afferrare la maniglia con l'altra mano. La porta si aprì in uno stretto spiraglio. Poi sentì il suono sordo e metallico del colpo. La nuca vibrò, facendomi quasi schizzare gli occhi dalle orbite. Il dolore si spanse come un liquido denso all'interno cranio finché non invase gli occhi, e tutto divenne nero."
L'autore:
Originario di Parma, dopo varie pubblicazioni su Short Stories e Halloween all'Italiana per Letteratura Horror, gestisce il blog della serie horror/drammatica Zeitgeist Hotel (hotelzeitgeist.wordpress.com), attualmente alla seconda stagione.
Originario di Parma, dopo varie pubblicazioni su Short Stories e Halloween all'Italiana per Letteratura Horror, gestisce il blog della serie horror/drammatica Zeitgeist Hotel (hotelzeitgeist.wordpress.com), attualmente alla seconda stagione.
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