giovedì 7 ottobre 2010

Recensione "Il fuoco della fenice" di Luca Azzolini

Recensione "Il fuoco della fenice" di Luca Azzolini (La corte editore)













Il destino della fenice




Nell'antologia fantasy "Sanctuary", i racconti di confine di Luca Azzolini (uno all'inizio, l'altro alla fine della raccolta) sono stati quelli che ho apprezzato di più, quindi era da un po' che avevo intenzione di leggere questa sua prima opera "completa".
Le aspettative sono state appagate.


La storia narrata è piuttosto semplice e lineare - a parte qualche salto nel passato - e si caratterizza quindi per un ritmo rilassante, capace d'immergerci nel piacere della lettura, in un mondo di fantasia allo stato puro.
O almeno, questo sembra all'inizio.


Certamente si tratta di fantasia allo stato puro, eppure ad un certo punto si cominciano a notare diversi riferimenti alla realtà quotidiana, fino a comprendere che quel che si racconta, potrebbe essere in effetti la storia del nostro futuro. Fantasticamente parlando, s'intende.
Questo passo fa sì che la lettura diventi d'un tratto più avvincente e coinvolgente, e non a caso, il ritmo va in crescendo fino a rendersi conto che si ha letteralmente divorato l'ultimo centinaio di pagine.


Impossibile staccarsi; dopo un'inizio tranquillo, dove sono presentati i protagonisti Twil e Alcor (introversa e fragile lei, estroverso e determinato lui) nonché la loro storia tra presente e passato (utile per caprie i caratteri a tutto tondo), la parte successiva è un susseguirsi di eventi e di preziose rivelazioni, dove la curiosità è insaziabile fino all'ultima pagina.


Ci sono diverse scene che sanno di magia, quasi da favola, come il diario della Predicatrice, Alcor e le sue mutazioni, l'incontro con la sfinge dalle ali così ampie e candide che mi è parso di sentirne la morbidezza, oltre a, naturalmente, il doloroso processo di trasformazione di Twil nella fenice.


Però è il finale che mi ha affascinata di più, tanto che mi stimola delle considerazioni.
Evitando di fare spoiler, scrivo solo che la conclusione del romanzo, oltre a rappresentare il cerchio che si chiude, ha l'abilità, decisamente più stupefancente, di dare una sensazione di déja vue, come se fosse una storia che si ripete, presentandoci ambientazione e figure che vanno a creare lo stesso scenario di poco prima del momento in cui le cose sono cambiate, e dove la donna della nuova generazione sceglie una strada diversa, come a voler dire che se in passato quell'altra avesse agito diversamente, anche il destino sarebbe stato diverso. Oppure, che la nuova generazione è riuscita a redimere gli errori di quella passata.
E come si può riassumere questo concetto? Con una parola sola: fenice! L'essere che rinasce dalle proprie ceneri.


Va notato, inoltre, che questo romanzo è studiato anche nei minimi dettagli e nell'impaginazione.
La storia è divisa in Atti, e ciascuno d'essi ha un titolo, ma soprattutto, un sottotitolo, costituito da delle frasi famose che ben riassumono il contenuto di quell'atto in particolare. Riguardo al titolo di questi atti, poi, si potrebbe dire che già di per sé formano la storia: ne "Il sangue della fenice" si narra l'origine di Twil, la sua infanzia; ne "Il volo della fenice" Twil è finalmente libera di vivere un'amicizia, e qui "volo" potrebbe essere inteso anche come "primo innamoramento"; ne "Le fiamme della fenice" invece (la frase riportata come sottotitolo è stupenda), c'è dolore, smarrimento, dubbi... il preludio a qualcosa di scatenante; infine, c'è l'epilogo, "Le ceneri della fenice".
Nell'ultimo atto, inoltre, la prima lettere del 26° capitolo è una "O", scritta in modo che sia metà nera e metà bianca, come una mezza luna e un mezzo sole. Non a caso, se si considera che Twil è il sole e Alcor la luna...


Come si dovrebbe comprendere a questo punto della recensione, si tratta anche di una storia d'amore incredibilmente romantica, anch'essa capace di fare sognare.


Un buon esordio!

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