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venerdì 8 ottobre 2010

Recensione "Le magie di Omnia - il signore del destino" di Fabio Cicolani

Recensione "Le magie di Omnia - il signore del destino" di Fabio Cicolani (La corte editore)






Fantasia inesauribile


Non leggevo una storia così fantasiosa dai tempi de "La storia infinita" di Michael Ende. Ovviamente si tratta di due stili e livelli diversi (Cicolani è un esordiente, Ende un maestro), ma credo che in questo romanzo, la fantasia, nel senso più puro del termine, sia una caratteristica evidente quanto degna di nota.

In sincerità, all'inizio è stata proprio questa fantasia sproporzionata a farmi storcere un po' il naso, specie per via dei tantissimi termini nuovi coniati per l'occasione; ma in definitiva, credo che il problema reale fosse che non riuscivo a starci dietro.
Niente da ridire sul prologo ed il primo capitolo che presenta il perfido Lycaon (e che funzionano alla perfezione), ma appena si legge di Omnia, si è catapultati senza mezze misure in questo mondo fatto di stramberie, in un'intera società pulsante, con leggi e abitudini che in fondo non sono poi così diverse dalle nostre, ma nell'insieme mi hanno spaesato un po', fin dall'introduzione dei due gemelli dai capelli rossi Omega e Alfa: i due ragazzi hanno un'età che si misura in altro modo, hanno un "plesso" come tutti gli altri omniani "puri", popolo che si distingue dagli "ammagicati" e dai terrestri; cercano di candidarsi all'"Alambicco" e nel frattempo conoscono una "bubastiana", poi fanno magie di vario tipo, sfumano, e si appellano all'"Arcano"... questo per dare una (piccola) idea di ciò che si legge.

L'impatto con il mondo di Omnia è dunque piuttosto forte, e mi ci è voluto un po' per trovarmici; ero come un visitatore in terra straniera e mi sono prima dovuta ambientare. Ma quando è successo, ho potuto apprezzare e godere appieno della fantasia sfrenata dell'autore, seguendo le vicende con vivo interesse e curiosità, specie grazie all'altro punto forte di questo romanzo: l'imprevedibilità.

Mi spiego subito.
Nel romanzo, il protagonista è anche l'autore stesso (Fabio Cicolani) e il libro che avete tra le mani.
L'Oscuromante Lycaon, che desidera colpire duramente il pianeta Omnia, entra in possesso di un libro che parla proprio di lui, del suo fallimento e della sua morte, per mano di due ragazzini omniani (Alfa e Omega) e due ragazzine terrestri (Bianca e Viola).
Quello in mano a Lycaon è dunque il libro "del destino", il suo, e leggendolo, è in grado di cambiare gli sviluppi, compiendo delle mosse in base alle rivelazioni del libro, nel tentativo di evitare quella miserabile fine.
In sintesi: un libro che si evolve e muta in continuazione.

Trovo molto azzeccato il presentare anche le scene che si potrebbero verificare nell'eventualità che Lycaon agisca in un certo modo, senza contare che anche le azioni di ognuno degli altri quattro protagonisti (più la gatta Anubi) possa portare a delle conseguenze diverse rispetto a quella che era la storia originale.
Imprevedibile, mi vien da ripetere.

I personaggi sono ben caratterizzati e in particolare mi ha interessato la similitudine "buono" in Alfa e in Bianca, contro il "cattivo" per Omega e per Viola; non solo finisce che gli opposti si compensano (e attraggono) ma oserei dire che il romanzo è un manifesto contro le etichette, o meglio, un esempio del detto "l'abito non fa il monaco", cosa che trovo davvero positiva da trasmettere.

Il finale, anch'esso imprevedibile, fa ben sperare per un libro successivo; sono sicura che Cicolani ha ancora tante altre cose curiose da raccontarci.

Per chi sta leggendo questa recensione, l'unica cosa che posso dire in conclusione è di lasciarsi andare, sbloccare la mente, annegare i pregiudizi... insomma, lasciate perdere la razionalità per lasciarvi trasportare da questa fresca ventata di fantasia; quando finirà il viaggio, vi dispiacerà ritrovarvi a casa.
Ma chissà, forse con uno scaccia-spiriti...

giovedì 7 ottobre 2010

Recensione "Il fuoco della fenice" di Luca Azzolini

Recensione "Il fuoco della fenice" di Luca Azzolini (La corte editore)













Il destino della fenice




Nell'antologia fantasy "Sanctuary", i racconti di confine di Luca Azzolini (uno all'inizio, l'altro alla fine della raccolta) sono stati quelli che ho apprezzato di più, quindi era da un po' che avevo intenzione di leggere questa sua prima opera "completa".
Le aspettative sono state appagate.


La storia narrata è piuttosto semplice e lineare - a parte qualche salto nel passato - e si caratterizza quindi per un ritmo rilassante, capace d'immergerci nel piacere della lettura, in un mondo di fantasia allo stato puro.
O almeno, questo sembra all'inizio.


Certamente si tratta di fantasia allo stato puro, eppure ad un certo punto si cominciano a notare diversi riferimenti alla realtà quotidiana, fino a comprendere che quel che si racconta, potrebbe essere in effetti la storia del nostro futuro. Fantasticamente parlando, s'intende.
Questo passo fa sì che la lettura diventi d'un tratto più avvincente e coinvolgente, e non a caso, il ritmo va in crescendo fino a rendersi conto che si ha letteralmente divorato l'ultimo centinaio di pagine.


Impossibile staccarsi; dopo un'inizio tranquillo, dove sono presentati i protagonisti Twil e Alcor (introversa e fragile lei, estroverso e determinato lui) nonché la loro storia tra presente e passato (utile per caprie i caratteri a tutto tondo), la parte successiva è un susseguirsi di eventi e di preziose rivelazioni, dove la curiosità è insaziabile fino all'ultima pagina.


Ci sono diverse scene che sanno di magia, quasi da favola, come il diario della Predicatrice, Alcor e le sue mutazioni, l'incontro con la sfinge dalle ali così ampie e candide che mi è parso di sentirne la morbidezza, oltre a, naturalmente, il doloroso processo di trasformazione di Twil nella fenice.


Però è il finale che mi ha affascinata di più, tanto che mi stimola delle considerazioni.
Evitando di fare spoiler, scrivo solo che la conclusione del romanzo, oltre a rappresentare il cerchio che si chiude, ha l'abilità, decisamente più stupefancente, di dare una sensazione di déja vue, come se fosse una storia che si ripete, presentandoci ambientazione e figure che vanno a creare lo stesso scenario di poco prima del momento in cui le cose sono cambiate, e dove la donna della nuova generazione sceglie una strada diversa, come a voler dire che se in passato quell'altra avesse agito diversamente, anche il destino sarebbe stato diverso. Oppure, che la nuova generazione è riuscita a redimere gli errori di quella passata.
E come si può riassumere questo concetto? Con una parola sola: fenice! L'essere che rinasce dalle proprie ceneri.


Va notato, inoltre, che questo romanzo è studiato anche nei minimi dettagli e nell'impaginazione.
La storia è divisa in Atti, e ciascuno d'essi ha un titolo, ma soprattutto, un sottotitolo, costituito da delle frasi famose che ben riassumono il contenuto di quell'atto in particolare. Riguardo al titolo di questi atti, poi, si potrebbe dire che già di per sé formano la storia: ne "Il sangue della fenice" si narra l'origine di Twil, la sua infanzia; ne "Il volo della fenice" Twil è finalmente libera di vivere un'amicizia, e qui "volo" potrebbe essere inteso anche come "primo innamoramento"; ne "Le fiamme della fenice" invece (la frase riportata come sottotitolo è stupenda), c'è dolore, smarrimento, dubbi... il preludio a qualcosa di scatenante; infine, c'è l'epilogo, "Le ceneri della fenice".
Nell'ultimo atto, inoltre, la prima lettere del 26° capitolo è una "O", scritta in modo che sia metà nera e metà bianca, come una mezza luna e un mezzo sole. Non a caso, se si considera che Twil è il sole e Alcor la luna...


Come si dovrebbe comprendere a questo punto della recensione, si tratta anche di una storia d'amore incredibilmente romantica, anch'essa capace di fare sognare.


Un buon esordio!
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