Recensione "Il mendicante di sogni" di Miriam Mastrovito (La penna blu edizioni)
Dimmi il tuo sogno e ti dirò come... sarai
La carta vincente di questo romanzo è in primis la trama, che brilla per originalità e fantasia: nel mondo di Chissà Dove (e già questo nome mi fa impazzire) la fatina Maya custodisce i sogni degli umani, finché, un giorno, il terribile Nergal provoca uno strappo interdimensionale capace di cancellare tutti i sogni, non solo quelli che si erano accumulati nel corso degli anni ma anche quelli futuri, visto che priverà gli uomini, e per sempre, del loro innato impulso a sognare; durante l'affronto, inoltre, Nergal strappa le ali alla bella fata rendendola in fin di vita.
Il destino di Chissà Dove, ma anche dell'umanità stessa, dipendono da un bambino uscito da poco dal coma, Daniel, e dal protagonista Joshua, che assumerà il ruolo di "mendicante di sogni": come un barbone, Joshua avvicinerà quelle persone che non hanno nulla da perdere, e quelle per cui la vita non ha più nulla da offrire... in cambio di un sogno capace di aprire le porte dimensionali e quindi di raggiungere Maya, permetterà loro di viverli davvero, quei sogni, nel mondo di Chissà Dove.
Come si può intuire, c'è un'atmosfera così romantica che era da tanto che non la sentivo. Romanticismo, romanticismo e romanticismo: ho adorato questa caratteristica, quindi la voglio rimarcare! Non è solo il tema del sogno, ma anche il modo in cui viene sviluppata la vicenda; questa figura di Joshua che dipinge sull'asfalto ascoltando i desideri/sogni altrui è fantastica, incuriosisce e sensibilizza, specie perché i personaggi ch'egli incontra, sono vittime di eventi riscontrabili anche nella nostra realtà, il che contribuisce al coinvolgimento emotivo da parte del lettore. Anche questa cosa era un po' che non mi capitava: commuovermi.
Ho apprezzato, sia la scelta d'introdurli, sia la sensibilità con la quale argomenti come l'olocausto, la malformazione genetica, l'aborto e la dipendenza (in ordine di preferenza) sono stati trattati; solo la vicenda del chitarrista è un po' più leggera, ma è l'unica che rappresenta il sogno per antonomasia, nel senso che è proprio il tipo di sogno che può avere un ragazzo della sua età (e non solo).
All'inizio della storia, però, sono rimasta un po' spaesata... tuttora c'è una domanda che mi perseguita: Joshua conosceva già la fatina Maya? Non sono riuscita a capirlo. Verrà forse svelato in un ipotetico seguito? In effetti non mi sembra così lontana l'ipotesi visto che, pur avendo un finale perfetto e toccante, le vicende degli altri personaggi potrebbero continuare... del resto, è come se avessero scelto di vivere un sogno piuttosto che vivere la dura realtà: può essere vista come pura illusione e in tal caso, quanto durerà? La bambina malformata non avrà il rimorso nell'aver lasciato la madre? E il piccolo Daniel? Faccio dunque il mio appello all'autrice!
Questa scelta, però, lascia emergere un'interessante filosofia, su cui, del resto, sono d'accordo: per raggiungere la propria felicità si deve pensare un po' meno agli altri. Sembra egoista e forse lo è davvero, ma la vera felicità la si ottiene solo se si persegue i propri obiettivi prima dei bisogni altrui, che non è che significhi mettere dei muri dinanzi agli altri (che drastico), ma è palese che per avverare i propri sogni spesso occorra rinunciare a qualcosa, a volte anche a qualcosa di sé. Ma meglio "qualcosa" che tutto, no? Basti pensare al caso della nonna di Daniel: ha vissuto una vita ascoltando i bisogni degli altri, mettendo a parte se stessa; certo, la vediamo serena e allegra. Ma la sua vera felicità era un'altra...
Questo romanzo è proprio un real fantasy, non c'è che dire: sono ben bilanciate le parti reali con quelle immaginarie e non stonano affatto, sono perfette.
In conclusione posso affermare che questo libro l'ho vissuto e sentito molto.
E' stata una bellissima e magica esperienza.
Grazie, Miriam!
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