mercoledì 30 settembre 2015

Leggi Universali: Estratto da "1Q84" Libro 2 di Haruki Murakami

Carissimi astronauti,
eccomi con un nuovo speciale dedicato all'opera che è ancora una mia fissazione: "1Q84" di Haruki Murakami!
Giusto ieri la mia recensione al Libro 1 è apparsa anche su TrueFantasy, e oggi mi dedico al Libro 2, che prima di recensirlo, lo propongo (come avevo fatto col primo) sotto la rubrica "Leggi Universali".

Rubrica dedicata agli estratti
Letture significative che vanno oltre la letteratura d'evasione

Anche in questo volume ho trovato dei concetti da sottolineare; verità ed emozioni.
Potete leggerli tranquillamente perché in questi estratti non c'è il rischio di spoiler (a me danno parecchio fastidio, quindi avviso sempre prima di postare qualcosa che potrebbe rovinarvi la sorpresa ;))

Il primo estratto che ho scelto riguarda un tema importantissimo: l'accettare se stessi.
Aomame con i suoi seni piccoli, lancia il messaggio verso quella società (la nostra, reale) che impone modelli precisi, che in televisione ci mostra le maggiorate sì, ma quelle "rifatte", come se mettersi delle protesi al seno fosse un requisito fondamentale per avere successo (non a caso, anche Aomame si chiede se con un seno più grande la sua vita sarebbe stata diversa).
Nell'ultima parte dello stesso estratto, poi, abbiamo la parte emozionale, dove Aomame pensa teneramente e intensamente a Tengo... quell'ultima frase poi, da brividi.

"1Q84" Libro 2
Luglio - Settembre




Non provava riluttanza all'idea di perdere la propria identità. Anzi, per
certi aspetti la cosa le piaceva. Non aveva rimpianti né per il proprio viso,
né per il proprio nome. Non le veniva in mente nulla del suo passato che
le sarebbe dispiaciuto veder svanire. Anzi, forse, poter ricominciare da
zero era proprio ciò che aveva atteso e sperato.
Era strano, ma se pensava a qualcosa di sé che non avrebbe voluto perdere, l'unica cosa che le veniva in mente erano i suoi seni così miseri. Da quando aveva vent'anni, Aomame si era sempre, costantemente sentita insoddisfatta per la forma e la dimensione di quei seni. Aveva pensato
spesso che se il suo petto fosse stato un poco più florido, chissà, magari anche la sua vita sarebbe stata più serena. Ma ora che le era stata offerta l'opportunità reale di modificarne la dimensione (era un'opzione che si accompagnava a una necessità), si accorgeva di non desiderare affatto quel cambiamento. Le andava bene tenerseli così com'erano.
Provò a toccarseli da sopra la canottiera. Erano quelli di sempre. Sembravano due mucchietti di pasta di pane non lievitata a dovete. E per di più avevano misure leggermente diverse l'uno dall'altro. Aomame scosse il capo. «Non importa, – pensò, – sono miei».
«Cosa resterà di mio a parte questi seni?»
«Naturalmente mi resterà il ricordo di Tengo. La sensazione della sua mano. Quel tremito violento al cuore. Il desiderio impaziente di essere stretta tra le sue braccia. Se anche diventassi un'altra persona, niente potrebbe strapparmi il sentimento che ho per lui. Questa è la grande differenza tra me e Ayumi. Al centro del mio essere non c'è il vuoto. E nemmeno uno spazio arido e desolato. Al centro del mio essere c'è amore. Io continuerò sempre ad amare quel bambino di dieci anni di nome Tengo.

Continuerò ad amare la sua forza, la sua intelligenza, la sua gentilezza.
Lui non è qui. Ma un corpo che non si può vedere non è soggetto a decadenza,
e le promesse che non sono state scambiate non possono essere
infrante».







Il secondo estratto riguarda un argomento complesso: religione e fede. 
In questo dialogo, l'uomo con cui parla Aomame (non svelerò di chi si tratta) non si limita a spiegare perché un individuo sceglie una religione piuttosto che un'altra, bensì, scava nel profondo dell'essere umano e, attraverso Aomame, arriva a una romantica (tuttavia concreta) conclusione.
Proprio non riesco a tradurlo in parole, ma è insito in questo estratto.
E' il bisogno essenziale dell'essere umano.



– Quello che faccio è molto concreto. Ho studiato all'università la struttura
dei muscoli e le loro funzioni, poi ho allargato le mie conoscenze. Ho
migliorato e affinato le mie tecniche, e sono arrivata a ideare un metodo
personale che si basa solo su pratiche chiare e razionali. Perché, in quest'ambito,
la verità è visibile e dimostrabile. Il tutto, però, comporta un certo dolore.
L'uomo aprì gli occhi e guardò Aomame con interesse.
– Lei crede che sia così.
– Che cosa? – disse Aomame.
– Che la verità sia qualcosa che si può vedere e provare.
Aomame strinse leggermente le labbra.
– Non sto dicendo che ogni verità lo sia. Però lo è nel mio campo e nel mio lavoro. E se fosse così in ogni ambito, credo che le cose diventerebbero molto più facili da capire.
– Non è vero, – disse l'uomo.
– E perché?
– La maggior parte delle persone non cerca verità che si possono dimostrare. La verità, in molti casi, come ha detto lei, comporta sofferenza. E quasi nessuno vuole soffrire. Quello di cui le persone hanno bisogno è una storia bella e piacevole, che renda la loro esistenza almeno un po' più
significativa. È proprio per questo che nascono le religioni.
L'uomo ruotò il collo alcune volte, quindi riprese:
– Se una convinzione A fa apparire più significativa l'esistenza di qualcuno, per quel qualcuno diventerà verità. Mentre se una convinzione B lo fa sentire più debole e piccolo, verrà etichettata come una falsità. È molto chiaro. Se qualcuno sosterrà che è la convinzione B a essere vera, probabilmente le persone lo odieranno, lo ignoreranno, e in alcuni casi lo attaccheranno.Che lui faccia discorsi logici e a loro supporto presenti delle prove, non conta nulla. Le persone proteggono il proprio equilibrio mentale rimuovendo tutte le immagini che le raffigurano come deboli e insignificanti.
– Ma il corpo, il corpo di tutti è, con delle differenze minime, debole e fragile. Penso si tratti di un'ovvietà, no? – disse Aomame.
– Certo, – disse l'uomo. – Tutti i corpi sono, salvo eccezioni minime, deboli e fragili. In più si deteriorano e scompaiono rapidamente. È indiscutibile. Ma allora, lo spirito?
– Per quanto mi è possibile, allo spirito cerco di non pensare.
– Perché?
– Perché non credo sia necessario pensarci.
– Perché non lo trova necessario? Coltivare il proprio spirito, indipendentemente dal fatto che una pratica del genere possa portare o meno dei benefici, non è una delle attività indispensabili per l'uomo?
– Io ho un amore, – disse Aomame con decisione.
«Povera me, che sto facendo? – pensò. – Mettermi a parlare d'amore [...]»
Come quando il vento disegna dei cerchi sulla superficie immobile dell'acqua, sul viso dell'uomo prese corpo qualcosa che assomigliava a un sorriso. Sembrava un sentimento spontaneo e, si sarebbe detto, di simpatia.
– Vuole dire che se si ha un amore, non si ha bisogno di altro?
– Esatto, – disse Aomame.
– L'amore di cui parla lei, ha per oggetto una persona in particolare?
– Sì, – rispose Aomame. – E rivolto a una persona concreta, a un uomo.
– Un amore assoluto e senza ombre, con un corpo debole e piccino, –
disse lui, con voce pacata. Poi, dopo una breve pausa, aggiunse: – Si direbbe
proprio che lei non abbia bisogno di una fede.
– Forse no.
– Perché il suo atteggiamento è già di per sé, come dire, una religione



Stavolta mi sono dilungata, ma era necessario; d'altronde non stiamo parlando di cose semplici ;) 
Mi sono risparmiata di riportarvi la storia che legge Tengo sul treno, un racconto che s'intitola "Il paese dei gatti". Mi è toccato rinunciarvi perché è lungo quattro pagine circa! Ma sarebbe da leggere e rileggere; una splendida metafora che mi ha ricordato il film d'animazione "La città incantata" di Hayao Miyazaki, quindi, sul serio, se non avete mai letto "1Q84" questa è una ragione in più per farlo.
Ad ogni modo...
Basandovi su quanto vi ho riportato oggi, cosa ne pensate di questi concetti?
Siete d'accordo con me sul fatto che siano "leggi universali"?

PS: giuro che non sono stata pagata da Murakami o da Einaudi o da chissà chi altro XD 
La mia è pura e sincera devozione verso questo libro *_____* (non si era capito, eh? ;))


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