Recensione "Le voci di Nike" di Silvia M. Damiani (ExCogita Editore)
The answer my friend is blowing in the wind
La fine di una guerra e la vittoria dei protagonisti. Inizia così questo fantasy atipico: con una vittoria. Ma alla corte del re non si festeggia né si sorride, perché il principe Nabil è morto. La regina Amelia, suo marito il re Malesius (fratello di Nabil), e l'erede al trono, il principe Dereck (nipote di Nabil, nonché figlio di Amelia e Malesius), soffrono in silenzio, e solamente una bambina da libero sfogo al dolore della perdita: la piccola Nike; Nabil era suo zio, ma soprattutto, il suo eroe.
Prima di questa scena, un prologo che vede un'anziana donna muovere i suoi lenti passi verso un luogo a cui sembra tornare spesso, da un certo "lui", poi sorride nell'ascoltare un canto, una voce che in quello stesso momento è percepita anche dal principe Nabil, qui ancora in vita.
Si da per scontato che questo prologo sia l'inizio di tutto, ma tempo poche pagine che non si è più così certi!
Di questo romanzo breve è difficile identificare precisamente quando la storia abbia avuto inizio, poiché se dopo la scena della morte del principe Nabil ci riporta nel passato, a quando la guerra non era ancora iniziata e regnava il padre di Nabil e Malesius, alla luce di ciò che si svelerà poi nemmeno questo è il vero inizio, ma uno dei primi indizi. In questa scena del passato, si mostra il giorno in cui la famiglia reale incontra "il nemico", ma nemmeno su questo nemico viene data qualche informazione precisa, ad esempio sul perché costui sia diventato tale, fatto sta che si tratta di una strega, Rhea, nonché la responsabile del destino delle vite di tutti loro (compresa la propria); si tratta di destini maledetti, che si ripetono tante quante sono le reincarnazioni dei protagonisti, e prevedono una fine che, sebbene in modalità diverse, è sempre uguale a se stessa. Un ritornello. Come le parole già dette che aspettano d'essere nuovamente pronunciate, ripetute dal vento che è l'unico che conosce la risposta, come dice la canzone di Bob Dylan.
Il lettore dovrà "ascoltare" soprattutto quelle frasi, e cercare di risolvere l'enigma ponendole a confronto con ciò che gli viene di volta in volta mostrato.
Non si tratta di una lettura immediata, la soluzione è svelata solo alla fine del libro, inoltre, a complicare l'enigma c'è l'intreccio tra i personaggi, legati a doppio filo l'uno con l'altro: il principe Nabil era innamorato della regina Amelia, probabilmente era anche ricambiato, ma il destino (o meglio, la maledizione) ha voluto che andasse a finire diversamente; al suo posto ora c'è un demone che ha preso il suo nome (e le vite passate), intenzionato ad arrivare a Nike, ora ragazza, per scopi che saranno svelati, anche qui, verso la fine.
Nike, inoltre, è una protagonista fragile e debole che sembra sia coinvolta nella faccenda pur non avendoci nulla a che fare, eppure quando incontra Kaspar, sottoposto del "nuovo" Nabil, ha la sensazione di averlo già visto e conosciuto... cara Nike, non sai quanto!
Più che essere coinvolto nelle emozioni dei protagonisti, il lettore è spettatore del dramma, e guarda caso, verso l'atto finale, l'autrice paragona i protagonisti come degli attori sul palco che recitano sempre la stessa parte; in compenso si può comprendere e far proprio il movente dell'intera vicenda, perché si tratta di un sentimento che ognuno di noi ha provato, fosse stata anche solo una volta, ed è quindi questo aspetto a fare breccia, muovendo la sensibilità del lettore sul finale piuttosto che durante le centotrentasei pagine.
C'è poi da dire che, nonostante questa impossibilità di capire il succo della storia se non all'ultima pagina, la lettura è intrigante: personalmente ho letto il libro tutto d'un fiato, talmente ero curiosa di scoprire la verità.
Originale e sorprendente, è per libri come questi che vale la pena leggere le piccole pubblicazioni: offrono spazio a quelle opere che forse non hanno un alto grado di commerciabilità, ma sicuramente contano su di un certo valore letterario. E scusate se è poco.
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lunedì 10 ottobre 2011
giovedì 7 ottobre 2010
Recensione “Draghi & Computer” di Rosella Rapa
Recensione “Draghi & Computer” di Rosella Rapa (ediz. ExCogita)

Racconti fantasy e un pizzico di fantascienza
Come s’intuisce dal titolo, questa raccolta di racconti di Rosella Rapa (sette, per la precisione) si traduce in ambientazioni fantasy e fantascientifiche, con storie più o meno originali, ma sempre capaci di sorprendere.
La maggior parte della raccolta è formata da racconti fantasy, ossia: “il vecchio forte”, “Allegoria”, “Il Drago”, “Iride” e “il castello Maledetto”.Di matrice fantascientifica è sicuramente “il potere del linguaggio”, mentre per “Ricordi” mi riservo il diritto di considerarlo a metà strada tra i due generi, in quanto all’inizio si presenta come un fantasy ma poi sfocia, se non proprio nella fantascienza, nell’attualità.
Considerando i racconti fantasy, leggendoli mi è sembrato come di leggere delle belle favole, siano esse romantiche o malinconiche, tormentate o catastrofiche. Se mi sono sembrate favole è perché il linguaggio usato sa di epoche passate (perfettamente adatto al contesto), con una narrazione descrittiva quasi poetica e con dialoghi formali, che tengono conto delle onorificenze, e sono diversi a seconda del personaggio che li trasmette; un particolare di valore è appunto che ogni personaggio “parla” in modo diverso, dal nobile al rozzo, dall’impavido all’insicuro, e anche se può sembrare una caratteristica scontata, garantisco che non tutti i libri sono capaci di far distinguere un personaggio semplicemente per come si esprime.
Questa caratterizzazione l’ho trovata anche nel racconto fantascientifico “il potere del linguaggio” e in “Ricordi”. Essendo più attual-fantascientifici, questi due racconti hanno invece un linguaggio più moderno e colloquiale, e al posto delle atmosfere magiche con fate, streghe, draghi, dame e cavalieri, abbiamo un’atmosfera quasi cyberpunk, dove la tecnologia avanzata e le comodità moderne fanno da padrone (e ovviamente non possono mancare computer e robot).
Prima di scendere nello specifico, preferendo quindi mettere in esame l’intera raccolta, posso affermare d’aver trovato delle caratteristiche comuni tra i diversi racconti, in primo luogo i protagonisti; o forse dovrei dire protagoniste, perché a parte il racconto “Il castello Maledetto” si tratta sempre di donne. Donne indipendenti, guerriere, forti... e se qualcuna non è forte fisicamente, possiede sicuramente una forza d’animo. Sono tutte donne dalla parte del giusto – anche colei che apparentemente non lo è – e sempre emarginate, allontanate dalla società e amate da pochi; soprattutto costrette ad affrontare da sole la dura realtà. E io amo le eroine...
Ma vediamo i racconti singolarmente.
“Il vecchio forte”
In questo racconto il confine tra fantasia è realtà è molto sottile. All’inizio sembra che si svolga ai giorni nostri, poi ecco che arriva l’atmosfera fantasy, collegata a una tormentata storia d’amore; la protagonista s’imbatte in un fantasma... La cosa più intrigante è il tema del passato che si allaccia al presente: come se si trattasse di “reincarnazione”, ciò che è irrisolto (o rimpianto) torna di generazione in generazione, in attesa di compimento e vendetta. Altrettanto interessante è il modo in cui si va a scoprire lentamente la verità, e che i ruoli siano contrari alle apparenze, in quanto la storia ci mostrerà le ragioni dell’antagonista, sempre che sia davvero questi, l’antagonista; dipende dai punti di vista.
“Allegoria”
Il più malinconico e apocalittico. Una giovane donna che ha doti di preveggenza sa che il suo villaggio è vicino alla distruzione. Mentre la società che la considera pazza la emargina, lei deve scegliere se abbandonarsi al tragico destino o fuggire. E se ci fosse un’ulteriore alternativa? Risvolti sorprendenti, anche se un po’ amari.
“Il Drago”
Il racconto più completo, senza dubbio il migliore. Che io ami i draghi ormai lo sanno anche i muri, ma questo non significa che mi basti leggere la parola “drago” per lodare uno scritto; piuttosto, sono più esigente. Pertanto, quando mi si presenta un drago minaccioso e spietato già mi lamento perché vorrei vedere un drago buono... e per fortuna anche in questo racconto la realtà delle cose va ben oltre le apparenze. Il finale è romantico, ci sono splendide immagini (i due soli e le cime dei monti...), le donne sono eroine adorabili (indipendenti, guerriere e sensibili allo stesso tempo), e la storia del drago una delle più belle che abbia mai letto, soprattutto perché c’è una favola e un romanticismo che va oltre alle vicende raccontate, al di là della storia e del finale stesso.
“Iride”
Il racconto più rosa: “epic-harmony”, se si può dire. Narra di un amore puro, sincero, come l’iride degli occhi, lo specchio dell’anima. Il protagonista è un re autoritario e potente che una notte trova riparo in un castello dove l’unica persona che ci vive è una donna povera, maldestra e un po’ tarda. Tuttavia c’è chi dice sia una strega. Anche qui si tratta del proverbio “l’apparenza inganna” e non mancherà una sorpresa che non solo è romantica, ma da voce a una storia nella storia. Oltretutto ha dei risvolti in un’altra storia ancora, che riguarda il re in prima persona e un passato da superare. Si dice che l’amore rende ciechi, ma leggendo questo racconto si capisce che la forza dell’amore può anche aprire gli occhi (c’è una certa assonanza col titolo, sarà voluta?).
“Ricordi”
Questo racconto è piuttosto enigmatico. I casi sono due: ha un significato ermetico che non sono riuscita a cogliere appieno, oppure è semplicemente il racconto di un sogno dentro al sogno, dove è difficile distinguere la realtà/verità. Comincia con un ricordo, la protagonista annoiata che si separa dai genitori, un po’ come “Alice nel paese delle Meraviglie”, e si ritrova nella caverna della Dama del Lago, davanti a una tavola rotonda e con un giovane Mago Merlino che fa da profeta. L’incontro avrà un senso nel futuro, in una storia che sa di sensibilizzazione ambientalista.
“Il castello Maledetto”
Un racconto high fantasy. Il Signore della Notte, personaggio ambizioso quanto autorevole e temibile, parte alla conquista del regno che... niente da fare, qui non posso proprio sbilanciarmi altrimenti finirei con l’anticipare qualcosa. In questa storia le vite dei personaggi s’intrecciano più che mai, e sembra persistere il tema del “di generazione in generazione” come un circolo vizioso. Bella la verità/metafora dell’isola spezzata, e le immagini del castello bianco e del castello nero come identificativi degli opposti “bene” e “male”. Il finale però mi ha lasciato perplessa.
“Il potere del linguaggio”
Fantascienza pura e originalità, tra il cyberpunk e l’alternativo; un po’ come la stessa protagonista. Tentare di spiegare la trama suonerebbe troppo semplicistico rispetto a ciò che la storia rappresenta veramente. Leggere questo racconto dopo tutti gli altri (che sono più d’impronta fantasy) è come una ventata d’aria fresca: ottima scelta! Anche questo racconto sorprende, ma dall’inizio alla fine, incessantemente, con dei picchi sul finale perché giustamente rappresenta la resa dei conti. La protagonista è una delle più interessanti, in quanto non facilmente etichettabile, eppure la si comprende, la si giustifica, la si apprezza. E’ uno di quei racconti che si vorrebbe continuare a leggere anche dopo che si è terminato. Eppure sono convinta che ci sarebbe altro da raccontare... farò il mio appello all’autrice!
In conclusione, Rosella ha realizzato una buona raccolta: fantasiosa, ma non così lontano dalla realtà; originale, ma moralista (un moralismo celato che non infastidisce) come le fiabe di una volta. Ho apprezzato che questi racconti siano anche piuttosto complessi, e suggerirei di leggerli con calma per cogliere al meglio i significati nascosti; vista la contenuta lunghezza di ognuno, vale la pena di farlo e perché no, più di una volta come ho fatto io!
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