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giovedì 16 febbraio 2012

Recensione "Chobits" delle CLAMP (Star Comics)





(Recensione complessiva degli 8 volumi)

La felicità è... l'uomo solo per me!

"Chobits" è il primo manga delle CLAMP che ho letto, nonché uno dei lavori più famosi di questo gruppo di mangaka tutto al femminile. 
La serie, composta da soli 8 volumi, narra le storia di Hideki Motosuwa, uno squattrinato ronin (ripetente che non ha passato l'esame d'ammissione all'università) che dalla campagna si è trasferito a Tokyo, dove è subito rimasto colpito dalla massiccia presenza di PC antropomorfi. Tali PC non solo aiutano le persone durante le più svariate esigenze della vita quotidiana, ma sono parte integrante della società moderna, è infatti frequente incontrare un individuo accompagnato a una bella ragazza-PC (o ragazzo-PC), tanto diventa profondo il legame di un essere umano per il proprio computer. I PC, infatti, malgrado la sembianza umana non sono in grado di provare sentimenti, e Hideki questo lo sa bene; desidera intensamente un PC antropomorfo perché carino, semplifica la vita, li consente di chattare e inviare e-mail, e soprattutto di guardare siti porno! Mentre si affligge perché non può permettersi questi terminali di ultima generazione, Hideki trova proprio uno di questi PC in un vicolo, abbandonato tra i rifiuti: è una bellissima ragazza che se non fosse per le gigantesche "orecchie" ai lati della testa, si direbbe umana. Dopo averla faticosamente trasportata fino a casa (il peso del suo corpo sembra essere quello di un complicato "oggetto elettronico", ma solo nel primo volume - touché!), Hideki, che dei computer non conosce nemmeno le basi, s'interroga su dove sia il tasto d'accensione finché, dopo aver provato dappertutto, con estremo imbarazzo prova a toccarla . Questo è il primo di una serie di richiami hentai della serie, un erotismo che potrebbe infastidire qualcuno ma che nel complesso definirei soft, perché in ogni caso non va oltre alla malizia (pur essendo connesso a uno dei temi principali, come vedremo poi). 
La ragazza-PC, una volta accesa, non fa che ripetere una sola parola: "Chii" (da pronunciare come la "c" di "ciglia"), quindi Hideki sceglie di chiamarla proprio così. Chii, però, oltre a non saper parlare, a differenza degli altri PC non sa fare proprio nulla! Non sa cosa sia giusto né cosa sia sbagliato, non ha il senso del pudore o il benché minimo di coscienza morale (a parte che è un PC, dovrebbe comunque averlo come regola di comportamento nel suo programma), insomma, Chii è innocenza e purezza, e man mano che Hideki le insegna ogni minima cosa fino a spiegarle il significato di gesti che hanno a che fare coi sentimenti (la ragazza-PC fa sempre tante domande) Chii li impara e li fa suoi, mentre Hideki cade in confusione: sorrisini, abbracci, regali, preoccupazione per lei... "ma è pur sempre un PC!", dice lui. Riuscirà a mantenersi così freddo e cosciente quando riceverà delle e-mail anonime che gli instillano il dubbio che Chii sia uno dei PC leggendari chiamati "Chobits", capace, magari, di provare sentimenti? Per di più, due misteriosi personaggi sono sulle tracce di Chii; sembra, infatti che la nostra protagonista abbia una pericolosa influenza sugli altri PC antropomorfi...

La trama di "Chobits" ricorda molto da vicino diversi altri manga (come dice anche Hideki quando trova Chii), in particolare è facile paragonarlo a "Video Girl Ai" di Masakazu Katsura o "Elfen Lied" di Lynn Okamoto (con cui condivide la protagonista che si esprime con una sola parola - "Nyu" - e il fatto che abbia delle "orecchie" sulla testa, ma è una storia dalle tinte infinitamente più cupe), e anche qui nonostante  il comune mix di generi (fantascienza, storia d'amore e spionaggio) il tema centrale è il sociale, più precisamente il relazionarsi degli esseri umani con i PC. Intere tavole ci mostrano come umani e PC passeggiano insieme, di come le persone si preoccupano non appena i PC manifestano un malfunzionamento, e soprattutto lo vediamo nel "manga dentro il manga", ossia nel libro illustrato "La città deserta" che Chii legge con estremo interesse: "Questa città era uguale alle altre dato che per i loro abitanti era più divertente stare insieme a quella cosa piuttosto che stare insieme ad altre persone... e così nessuno usciva più di casa"; non è un po' quel che accade alla nostra stessa società? Figuriamoci se i PC avessero le sembianze umanoidi. Non a caso, da un certo punto in poi, Hideki si fermerà su una precisa domanda: perché i PC hanno le sembianze di una persona? Troveremo la risposta precisa sul finale, ma nel frattempo avremo modo di comprenderlo osservando le storie parallele, quelle dei personaggi secondari: abbiamo la Professoressa Shimizu, il cui rapporto col marito è andato pian piano spegnendosi perché le attenzioni di lui erano sempre più concentrate sul suo PC al punto di arrivare a dimenticarsi della moglie; la vicenda del genio informatico Minoru che ha creato un PC avente le sembianze e la personalità della defunta sorella; la bella studentessa Yumi che soffre per la competizione impari tra l'essere umano e una ragazza-PC programmata per compiacere il partner; per finire con la storia del pasticcere Ueda che ha preso una decisione importante per definire il suo rapporto con la donna-PC di cui era innamorato. 

Gli esseri umani si abbandonano all'amore nei confronti dei PC perché tale sentimento è collegato a un altro: la ricerca della felicità. Il manga è probabilmente più concentrato su questo sentimento, più che all'amore in sé. Porto ad esempio la frase di Minoru: "Yuzuki non è mia sorella ma un computer, però a volte mi viene voglia di dimenticarlo"; sembra un volersi illudere piuttosto che affrontare la dura realtà. Poi aggiunge: "Sono felice quando sto con Yuzuki ma a volte [...] più sono felice con lei, più mi sento triste dopo". Ciò che emerge da questa frase è qualcosa di complesso: è il dramma umano, una serie di sentimenti contrastanti che definiscono la nostra essenza. 
Concetti universali e profondi come questi li troviamo anche nel filosofico e già citato "La città deserta", che colpisce anche per come si presenta, ossia con disegni dal tratto lineare e semplice abbinati a una scrittura quasi elementare, e dai concetti ripetitivi, il che è necessario perché nella storia si rivolge a Chii. Ne "La città deserta" abbiamo come protagonista una specie di coniglietto rosa che parla di sé (quindi di Chii) e di "l'altra me stessa", la cui vera identità sarà svelata verso la fine della storia. Sono "Atashi" e "Watashi" ("io" e "me" in giapponese) e attraverso questo libro Chii comprende che anche lei deve trovare la felicità, e può trovarla poiché "l'altra se stessa" ha provato viceversa l'esperienza del dolore e della tristezza. Non solo, al di là del libro, "l'altra se stessa" la mette in guardia e la protegge entrando in comunicazione con Chii appena lei chiude gli occhi; se Chii non ha memoria riguardo al suo passato e al precedente proprietario, "l'altra se stessa" invece ricorda... tuttavia qualcosa di questi ricordi è rimasto anche in Chii, basta vedere la sua pronta reazione al suono della parola "morte" o la ferma convinzione quando parla del vestito che le ha "consegnato" l'amministratrice del condominio (vedova, ricorda da vicino Kyoko Otonashi di "Maison Ikkoku" di Rumiko Takahashi).

Le CLAMP disegnano Chii e l'abbigliano come una bambolina; una gothic lolita, per la precisione. La bellezza di Chii non passa inosservata nemmeno all'interno della storia, così avremo modo di vedere che ci sono uomini che arrivano ad approfittare pure delle ragazze come lei, le ragazze-PC. Mi soffermo su questo episodio per riallacciarmi a quello che avevo annunciato a inizio recensione, ossia la parte del corpo che accende Chii; viceversa, è quella che la fa spegnere. Chiaro. Logico. Ma forse è meglio avvisare: AVVISO SPOILER! CORRERE A FINE PARAGRAFO PER NON ROVINARVI LA SORPRESA! 
Se Chii si spegne, ciò equivale a una perdita di lei così come la conosciamo; se si spegne non sarà più la stessa e non avrà più alcun ricordo. L'altra se stessa dice a Chii: "Finché non trovi una persona che ti ama veramente, qui in fondo non devi farti toccare da nessuno. Poi, la prossima volta che qualcuno potrà farlo, lo decideremo noi!" Da qui emerge il concetto della sacralità nel concedersi, ma è una frase che racchiude anche il senso della dignità e dell'indipendenza. L'intera storia si concentra comunque su questo particolare, che è infatti il limite principale di Chii, il motivo del "Sayonara" di cui si parla ampiamente nel libro illustrato e che ha a che fare con la ricerca de "L'uomo solo per me". Chii sarà felice se troverà colui che è in grado di accettarla così com'è (cit. "che mi ami perché io sono io"), capace di sorvolare su quello che per gli esseri umani è l'unione generatrice, la massima espressione dell'amore, scegliendo così la purezza del sentimento, che va oltre ciò che è fisico. Hideki non si rende conto, ma già dall'inizio tratta Chii come una persona; continua a rifiutare di credere che sia innamorato di lei, condizionato anche dalle storie degli amici che lo circondano, ma sono poi gli stessi personaggi che lo aiutano a far luce sui propri veri sentimenti. C'è poi questo particolare: i Chobits non sono diversi da un comune PC antropomorfo, ciò significa che anche per loro ogni emozione è frutto di un programma basato su calcoli e variabili; non sono capaci di provare sentimenti. A questa cruda e deludente consapevolezza, aggiungiamo la frase che il pasticcere Ueda rivolge a Hideki: "Non sarà mai come se non fosse successo niente. Anche se venisse cancellata la sua memoria, lei esisterà per te finché tu ti ricorderai di lei". Ecco allora che cosa narra il manga: non è una storia d'amore fantastica tra un essere umano e un PC, è una storia simbolica di come nasce un'amore, indipendentemente da chi, o meglio, da cosa, la scatena. E' assurdo che un uomo finisca con l'innamorarsi di un oggetto inanimato, ma se la sua mente e il suo cuore racchiudono questo sentimento non c'è nulla da fare: l'amore è amore. Non importa chi o cosa si ama, purché si ami. 
C'è chi ancora non comprende l'amore per un cane, un gatto o un qualsiasi altro animale domestico, figuriamoci per un PC; in "Chobits" è trattato anche il pensiero comune, lo vediamo proprio con il pasticcere Ueda che pur essendo giudicato dalla gente compie la scelta più giusta secondo il suo cuore. La scelta capace di renderlo felice. Siamo poi così sicuri che l'essere umano non agisca secondo un suo personale e ben preciso programma? Chi lo dice che anche i nostri sentimenti non siano il frutto di una serie di variabili?
Le CLAMP stuzzicano il nostro modo di pensare.

Contenuti seri ma non dimentichiamo che tipico dei manga è anche la risata, che nasce da situazioni imbarazzanti e gag varie, ad esempio con la carinissima PC-portatile Sumomo, vivace e chiassosa, che si contrappone alla portatile Kotoko, riservata e misteriosa. 
Graficamente parlando, se dovessimo riassumere con un aggettivo l'intera opera nulla è più indicato di "kawaii" (carino, in giapponese): Chii è graziosa, Sumomo e Kotoko sono anche loro delle piccole bamboline,  aggiungiamo che l'edizione della Star Comics ha le prime pagine a colori... che bellezza! Da notare che la sequenza d'immagini presenti all'inizio di ogni capitolo sembrano "stacchetti" (come quelli che si usano nel mezzo di una puntata di un anime), tanto danno il senso di movimento.
In conclusione, quattro stelle perché non mi ha emozionato tanto quanto "Video Girl Ai" (sottolineo, "tanto"), ma a livello di contenuti sono entrambe due opere di grande livello, dove in questo caso è soprattutto interessante il simbolismo celato nella storia; basta non fermarsi alle apparenze.


Recensione pubblicata per la rubrica "Jappo W" su:

giovedì 14 aprile 2011

Nuovo articolo per TrueFantasy "Jappo W!": Rinne


E' appena stato pubblicato su TrueFantasy, nella mia rubrica "Jappo W!", l'articolo su un manga di nuova uscita (in Italia per lo meno): "Rinne: circle of reincarnation".

L'articolo è un'introduzione ma anche una recensione all'ultima opera di Rumiko Takahashi.



Cari amici di TrueFantasy,
questa settimana la rubrica Jappo W ! Tratterà una novità editoriale uscita in questi giorni per Star Comics; si tratta di Rinne: circle of Reincarnation della “principessa dei manga”Rumiko Takahashi.
“Rinne” narra le vicende di una ragazza, Sakura Mamiya, che fin da bambina è in grado di vedere gli spiriti: inizialmente crede che le sue siano solo fantasie dettate da una mente adolescente, ma i dubbi si dissipano quando un giorno arriva un nuovo compagno di classe, Rinne Rokudo, un ragazzo mezzo umano e mezzo shinigami (dio della morte); il compito di Rinne, è quello di aiutare gli spiriti a compiere il passaggio verso una nuova vita (reincarnazione, appunto) e per farlo, occorre spezzare il legame che questi hanno ancora con il nostro mondo, un legame che spesso è provocato dal rimpianto. Sakura metterà dunque il suo dono al servizio di Rinne, aiutandolo anche dal punto di vista economico, perché, ad esempio per indagare sul trascorso dello spirito, oppure per “scinderlo” quando lo spirito si unisce a un’altro, oppure ancora per animare oggetti che possono essere stati testimoni dei fatti, occorrono strumenti stravaganti più o meno costosi, e Rinne ha grossi problemi economici dato che non ha i soldi nemmeno per comprarsi una divisa scolastica (perciò usa un’anonima tuta).

Le avventure di “Rinne” sono dunque incentrate sul paranormale, e nonostante le situazioni si sviluppino intorno al tema della morte, si svolgono con un tono spensierato e solare, a volte sfiorando il comico-demenziale.
A primo impatto è impossibile non notare la somiglianza di “Rinne” con l’opera più recente della Takahashi,“InuYasha”: Sakura ricorda Kagome, Rinne ricorda InuYasha, e c’è persino un bambino-demone/spirito-mascotte, perché Rokumon sembra proprio Shippo (può anche trasformarsi, anche se, per ora, solo in un gatto). Tuttavia, la magia di “InuYasha” mi sembra molto lontana, così come il suo tono romantico-poetico e la sua grande storia d’amore. Chiaramente è giusto che si trattino storie diverse, però devo dire che “Rinne” non mi ha dato lo stesso impatto emotivo, né lo stesso entusiasmo, già dall’incipit: “InuYasha” mi ha incollata dal primo capitolo e il mio interesse non si è mai smorzato (almeno per ora, e sono alla quarta serie dell’anime); con “Rinne” la perplessità nasce quasi subito, in particolare non mi ha convinta l’episodio in cui Sakura rischia di reincarnarsi (quindi di morire) perché succube dell’atmosfera in cui le altre anime non hanno alcun rimpianto e vanno, in pace, verso una nuova vita; secondo me, la cosa è stata trattata in modo semplicistico, oserei dire grossolano.

Sono un po’ delusa perché la Takahashi mi ha conquistata con un capolavoro come “Maison Ikkoku” (“Cara dolce Kyoko”, in Italia), storie spassose come quelle di “Lamù: la ragazza dello spazio” e “Ranma ½”; mi dispiace che qui non ci sia stato amore a prima vista.
Siccome non volevo formare un giudizio basandomi solo sul primo volume, ho letto le scan online dei capitoli successivi (leggeteli, ma poi comprate gli originali!): apparirà un rivale per Rinne, il cui scopo sarà quello di sviare le anime dalla reincarnazione all’inferno, inoltre, se uno spirito continua a tormentarsi nel rimpianto, c’è il rischio che diventi uno spirito maligno – e questo elemento si tratta già nel primo volume-; sono aggiunte sufficienti a farmi cambiare opinione? Personalmente ho ancora dei dubbi.
In conclusione, a “Rinne” darei un “rimandato a settembre”.
Vale comunque la pena acquistare il primo volume perché la Star Comics lo propone, per l’offerta lancio, a soli 1,90 € anziché 4,20 €; in questo modo, potrete valutare voi stessi.




venerdì 8 ottobre 2010

Recensione "Video girl Ai" di Masakazu Katsura

Recensione "Video girl Ai" di Masakazu Katsura (Star Comics)


La mia personale collezione *_*

La parola alle immagini
(Recensione complessiva di tutti i 13 volumi)

Sono del parere che ci sono manga, fumetti e videogiochi, che non hanno niente di meno rispetto ad un buon romanzo; quel che conta sono le storie, i messaggi che trasmettono, le riflessioni che generano nella nostra mente.
"Video Girl Ai" è uno di questi.

La trama può sembrare banale: Yota, detto anche "senzadonne", timido ed imbranato, è cotto di Moemi, bellissima e irraggiungibile, infatti non se lo fila proprio, anzi a lei piace il migliore amico di lui.
Ecco, l'intero rischio di banalità cade sconfitto dal momento in cui arriva Ai, una "video girl" uscita dallo schermo (e dal video) a causa di un mal funzionamento del videoregistratore di Yota. E' compito delle video girl, consolare cuori infranti, essere accondiscendenti con il proprio "padrone" (noleggiatore del video) ed esaudire ogni desiderio e richiesta, ma Ai è difettosa: è mascolina, ma soprattutto, un uragano di emozioni, e ben presto s'innamora di Yota.

Sarebbe lunghissimo descrivere tutte le situazioni che si creano, gli intrecci tra i personaggi, la realtà e la fantasia, le vampate di comicità e la drammaticità dovuta all'età difficile dell'adolescenza, le incomprensioni, i segreti, le parole non dette, i traumi, i rapporti complicati dell'amicizia vera e dell'amore... groviglio di sentimenti (talvolta contrastanti) il cui nucleo principale è la paura: dalla paura di ricevere un rifiuto, alla paura di perdere chi si ama (Ai ha un periodo di riproduzione ed è destinata a scomparire una volta terminato il nastro), dalla paura derivante da una malattia terminale che rischia di lasciare questioni irrisolte, alla paura di riconoscere la verità (Nobuco fa di tutto per conquistare Yota, però poi...), dalla paura di ferire i sentimenti altrui alla paura di lasciarsi andare (Moemi e il suo terribile trauma).

Un altro tema ricorrente è il coraggio, specialmente nel caso di Yota, sia nelle questioni di cuore, sia nella realizzazione del sogno di pubblicare un fumetto. Collegato al coraggio, c'è l'impulso di appoggiarsi a qualcuno (magari più forte) per superare le difficoltà, modo di agire che si verifica anche quando ci si sente soli, per non dimenticare insicurezza e tendenza all'emulazione; tutto questo per dare un'idea della profondità del manga, poiché come evidenziato, racchiude tutta la complessità umana, e Ai in primis che dovrebbe essere, in sostanza, "un oggetto", si comporta più umanamente di quanto si possa immaginare (in crescendo, quanto più si prosegue la lettura dei volumi).

"Video girl Ai" è un viaggio dall'adolescenza alla maturità, ed alla fine, tutti i personaggi appaiono cambiati, merito di un lungo processo che porta alla crescita.

La fine è romantica e di una tenerezza disarmante, merito di un autore geniale: qualche riga di testo ed una sola immagine, perché a volte le parole non bastano...
Le tavole dell'intero manga suscitano sospiri d'ammirazione (talvolta ci sono delle sfumature così ben fatte che sembrano foto), ebbene, l'ultima immagine è la più semplice ed è addirittura stilizzata! Ma emoziona.
Parola alle immagini!



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