Rubrica
che raggruppa tutte le notizie su di me e le mie opere;
un
viaggio sulla luna ("pianeta donna" per eccellenza) e
ritorno! ;)
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Dall'archivio: 12 giugno 2009
Contest: "Scrivi il tuo fantasy e incontra Licia Troisi!"
Nonostante la quotidianità voglia impedirmi di scrivere (impegni lavorativi, casa, ecc.) la mia mano non si ferma: giammai! :D
Ecco quindi che ho scritto un raccontino per il contest indetto dalla Mondadori (un altro, sì, sto partecipando anche a "What Women Write"), ossia, "Scrivi il tuo fantasy e incontra Licia Troisi", così, da una parte, per il puro piacere d'inventarmi una storia nuova, dall'altra, perché si tratta di Licia Troisi; io che ho comprato tanti anni fa il suo primo volume de "Le cronache del mondo emerso", io che amo i draghi, amo scrivere e invidio (ma in senso buono, s'intende) che lei sia riuscita ad esordire con quel mostro sacro della Mondadori... poi pensando che dalla trilogia della sua Nihal usciranno anche un videogioco (l'altra mia passione) non posso che confessare che Licia stia rializzando quello che è anche il mio sogno! In fondo, se riuscissi a diventare "solo" la metà di quello che è diventata lei, non mi lamenterei affatto, anzi, la popolarità mi spaventa... :P
Altra piccola indiscrezione: ho incontrato Licia due volte e sempre per puro caso, alla fiera internazionale del libro a Torino, sia l'anno scorso, sia quest'anno... ma non mi sono mai avvicinata (il motivo si legge tra le righe: timore, imbarazzo, timidezza e altre sciocchezze simili che incidono sulle mie azioni).
Ma ora, bando alle chiacchiere, vi presento il racconto proposto per il contest:
NB: il racconto è stato pubblicato nel blog "laragazzadrago.it"
Valentina Bellettini
PS: lo so, sembra una favola, anche questa volta; che si celi un desiderio inconscio? :P
Questa opera di Valentina Bellettini è sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Ma ora, bando alle chiacchiere, vi presento il racconto proposto per il contest:
NB: il racconto è stato pubblicato nel blog "laragazzadrago.it"
Notizia di fine luglio '09
Questo racconto è arrivato in finale!
La voce di Minì
Nel regno delle Terre dell’Immedesimazione esistono tante razze, ma nessuno conosce questa specie: i pissi. Questi misteriosi esserini sono minuscoli come granelli di polvere, talmente candidi e sottili da risultare invisibili, eppure, sono in tutte le storie. Di pissi ne esistono a milioni di miliardi ma hanno rinunciato a formare dei branchi ai tempi dell’eroe Minì.
Minì era un pissi esattamente come gli altri, ma fu l’unico a formulare un proprio pensiero: Minì l’illuminato – come fu soprannominato poi – si chiedeva quale senso avesse starsene lì, tutto il giorno e tutta la notte, nel Crocevia dei Boschi, appiccicato ai suoi simili come soffici batuffoli.
«Lo scopo è sopravvivere!» dicevano i pissi all’unisono prima di sparpagliarsi, librarsi nell’aria, fluttuare, strisciare e infine, riunirsi al gruppo. Questa operazione avveniva pressoché ogni ora, al passaggio di un troll, alla ventata d’aria provocata da un drago, o alla traversata di ogni altra creatura ignara della loro esistenza.
«Ogni giorno la stessa storia, perché non ci spostiamo?» Chiese Minì.
«Sportarsi sarebbe inutile, noi pissi rischiamo la vita in ogni dove.» Rispose un suo vicino, «Oltretutto siamo in tempi di guerra.»
«Certo, ma è sempre tempo di guerra.» Disse Minì.
«E’ la continua lotta tra razze, serve per stabilire chi è il più forte.»
«Per l’onore.»
«Per il denaro.»
«Per amore.»
«Per conquistare terre.»
«Per le divinità.»
«Per il perverso gusto di farlo.»
Minì esordì: «Ora basta: Salverò le Terre dell’Immedesimazione!”
Così dicendo, il piccolo fece un salto, rimbalzò sulla testa di un suo simile e si staccò dal gruppo.
Un pissi vide Minì atterrare vicino a lui: «Dove ti sposti? Nel branco delle Cascate Arcobaleno?»
«No, vado dall’Orco Maggiore.»
«Coosa?» Replicò il pissi e subito, gli altri fecero eco, una melodia ritmicamente ansiosa che seguì Minì in tutte le sue tappe.
Durante il lungo viaggio, Minì apprese che era impossibile persuadere orchi, goblin e troll, perché la loro natura era malvagia; capì che maghi e fate lo ignoravano deliberatamente, consci del proprio potere; vide che i draghi erano così saggi da non aver bisogno di lui; scoprì che nani ed elfi erano coraggiosi e impavidi.
Sembrava proprio che nelle Terre dell’Immedesimazione non ci fosse alcuna creatura disposta ad ascoltarlo.
Un giorno, però, sulla stradina di ghiaia verso il Fiume Neve, notò delle grosse macchie di sangue: non si sa se gli sembrarono grandi in proporzione al suo corpicino o se fossero realmente tracce preoccupanti. Minì seguì le macchie e si ritrovò al cospetto di un figlio d’Adamo: l’uomo indossava una pesante armatura e sedeva in ginocchio sul letto del fiume mentre la bufera di neve si abbatteva su di lui con prepotenza, come se volesse sotterrarlo nel, giust’appunto, Fiume Neve.
«Non posso combattere, come mi è saltato in mente! Non posso rischiare, seppur per i più nobili ideali, di lasciare mia moglie e i nostri cinque figli..» Minì continuò ad ascoltare le parole filtrate tra i denti, «Non sono in grado di affrontare questa battaglia, non sono un esperto d’armi..»
Minì si spinse nell’ardua impresa di raggiungere l’orecchio dell’umano e giunto sulla spalla, gli disse: «Pissipissi..»
Minì era un pissi esattamente come gli altri, ma fu l’unico a formulare un proprio pensiero: Minì l’illuminato – come fu soprannominato poi – si chiedeva quale senso avesse starsene lì, tutto il giorno e tutta la notte, nel Crocevia dei Boschi, appiccicato ai suoi simili come soffici batuffoli.
«Lo scopo è sopravvivere!» dicevano i pissi all’unisono prima di sparpagliarsi, librarsi nell’aria, fluttuare, strisciare e infine, riunirsi al gruppo. Questa operazione avveniva pressoché ogni ora, al passaggio di un troll, alla ventata d’aria provocata da un drago, o alla traversata di ogni altra creatura ignara della loro esistenza.
«Ogni giorno la stessa storia, perché non ci spostiamo?» Chiese Minì.
«Sportarsi sarebbe inutile, noi pissi rischiamo la vita in ogni dove.» Rispose un suo vicino, «Oltretutto siamo in tempi di guerra.»
«Certo, ma è sempre tempo di guerra.» Disse Minì.
«E’ la continua lotta tra razze, serve per stabilire chi è il più forte.»
«Per l’onore.»
«Per il denaro.»
«Per amore.»
«Per conquistare terre.»
«Per le divinità.»
«Per il perverso gusto di farlo.»
Minì esordì: «Ora basta: Salverò le Terre dell’Immedesimazione!”
Così dicendo, il piccolo fece un salto, rimbalzò sulla testa di un suo simile e si staccò dal gruppo.
Un pissi vide Minì atterrare vicino a lui: «Dove ti sposti? Nel branco delle Cascate Arcobaleno?»
«No, vado dall’Orco Maggiore.»
«Coosa?» Replicò il pissi e subito, gli altri fecero eco, una melodia ritmicamente ansiosa che seguì Minì in tutte le sue tappe.
Durante il lungo viaggio, Minì apprese che era impossibile persuadere orchi, goblin e troll, perché la loro natura era malvagia; capì che maghi e fate lo ignoravano deliberatamente, consci del proprio potere; vide che i draghi erano così saggi da non aver bisogno di lui; scoprì che nani ed elfi erano coraggiosi e impavidi.
Sembrava proprio che nelle Terre dell’Immedesimazione non ci fosse alcuna creatura disposta ad ascoltarlo.
Un giorno, però, sulla stradina di ghiaia verso il Fiume Neve, notò delle grosse macchie di sangue: non si sa se gli sembrarono grandi in proporzione al suo corpicino o se fossero realmente tracce preoccupanti. Minì seguì le macchie e si ritrovò al cospetto di un figlio d’Adamo: l’uomo indossava una pesante armatura e sedeva in ginocchio sul letto del fiume mentre la bufera di neve si abbatteva su di lui con prepotenza, come se volesse sotterrarlo nel, giust’appunto, Fiume Neve.
«Non posso combattere, come mi è saltato in mente! Non posso rischiare, seppur per i più nobili ideali, di lasciare mia moglie e i nostri cinque figli..» Minì continuò ad ascoltare le parole filtrate tra i denti, «Non sono in grado di affrontare questa battaglia, non sono un esperto d’armi..»
Minì si spinse nell’ardua impresa di raggiungere l’orecchio dell’umano e giunto sulla spalla, gli disse: «Pissipissi..»
Il resto non ci è dato sapere.
L’unica cosa certa è che l’uomo ritrovò coraggio, si sollevò e tornò a combattere, perché ciò significava mirare alla salvezza della sua famiglia; battersi per garantire un’avvenire migliore ai suoi figli.
Fu quello stesso giorno che i pissi si separarono: ognuno scelse un umano e si posò sulla sua spalla per suggerirgli nell’orecchio.
Un ritrovato coraggio, una speranza, un’intuizione.. Dietro ad ogni eroe c’è sempre un pissi: la voce interiore.
L’unica cosa certa è che l’uomo ritrovò coraggio, si sollevò e tornò a combattere, perché ciò significava mirare alla salvezza della sua famiglia; battersi per garantire un’avvenire migliore ai suoi figli.
Fu quello stesso giorno che i pissi si separarono: ognuno scelse un umano e si posò sulla sua spalla per suggerirgli nell’orecchio.
Un ritrovato coraggio, una speranza, un’intuizione.. Dietro ad ogni eroe c’è sempre un pissi: la voce interiore.
Valentina Bellettini
PS: lo so, sembra una favola, anche questa volta; che si celi un desiderio inconscio? :P
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