venerdì 26 agosto 2011

Recensione "Wicked Lovely - Incantevole e pericoloso" di Melissa Marr

Recensione "Wicked Lovely - Incantevole e pericoloso" di Melissa Marr (Fazi Editore)







Non si può negare la propria natura

Questo romanzo era nella mia libreria da diversi mesi, e quale migliore occasione di leggerlo ora che è uscita la graphic novel ad esso ispirata?
"Wicked Lovely" narra la storia di Aislinn, diciassettenne orfana che vive con la nonna e che ha il dono della seconda vista, ossia la capacità di vedere gli esseri fatati. Nell'America dei nostri giorni, infatti, le creature fatate vivono con gli esseri umani, ma non sostenendoli e compiendo magie come la più dolce delle fatine, bensì sfruttando la caratteristica dell'invisibilità per cimentarsi in dispetti d'ogni genere, creando situazioni imbarazzanti, o in certi casi facendo del male fisico, senza considerare la brama lussuriosa di certi soggetti. Nemmeno tra gli stessi c'è armonia e quieto vivere, questo perché manca loro una guida, più precisamente il Re dell'Estate, Keenan; questa situazione vige da quando sua madre Beira, Regina dell'Inverno, ha preso potere e controllo sul regno fatato, spodestandolo e approfittando della maledizione che incombe su di lui. Keenan, infatti, riacquisterà interamente i propri poteri solo quando troverà la Regina dell'Estate, da scovare nel corso degli anni tra le ragazze umane. Ma c'è dell'altro: la prescelta che impugnerà lo scettro deve essere conscia del rischio che se non è la Regina dell'Estate si trasformerà in una Ragazza dell'Inverno, costretta a vivere nel gelo e accanto a Keenan mentre lui ne cercherà un'altra, e quando arriverà la nuova prescelta, la Ragazza dell'Inverno dovrà avvisarla di non fidarsi e di non correre il rischio, pure se per lei significherebbe la liberazione dalla sua condizione.
Il libro comincia così, con Donia, l'innamorata di Keenan, che impugnando lo scettro si trasforma nella Ragazza dell'Inverno. Quando Keenan posa gli occhi su Aislinn (inconsapevole della seconda vista della ragazza) Donia segue la protagonista e la mette in guardia, anche se in fondo non c'è ne bisogno, visto che, a parte il terrore che Aislinn prova per gli esseri fatati poiché conosce i loro pessimi comportamenti e se ne sta alla larga seguendo le regole imposte dalla nonna, lei è innamorata del suo migliore amico Seth e non ha occhi che per lui. La cosa però si complica quando anche lei stessa realizza d'essere la Regina dell'Estate: riuscirà a rinunciare alla sua esistenza da mortale, con la sua quotidianità, i suoi sogni, e soprattutto l'amore di Seth? Il mondo fatato s'intreccia con il mondo umano, e sono entrambi in pericolo.

In questo riassunto della trama si noteranno delle differenze rispetto alla quarta di copertina sul libro, dove si parla essenzialmente d'amore e si lascia intendere che ci sia un triangolo amoroso: non è così (per fortuna)! Se Aislinn all'inizio sembra essere attratta da Keenan, penso che in fondo sia solo per curiosità, perché sa qual'è la sua vera natura, e poi perché essendo un essere fatato esercita, anche inconsapevolmente, un fascino magico, unico. Ma è da Seth che lei si rifugia, è a lui che pensa in continuazione, ed è lui il ragazzo che lei ha scelto, da sempre e senza ombra di dubbio. Mi ha piacevolmente sorpreso come Seth s'impegni ad aiutarla e come tra i due s'instauri una forte complicità; forse un po' troppo perfetto nella sua pazienza d'aspettarla, e di non pretendere spiegazioni quando lei torna ubriaca dopo una notte passata con Keenan. Insomma, il classico ragazzo d'oro nascosto sotto piercing e tatuaggi, che sa cucinare, che ha successo tra le ragazze perché bello e impossibile, è irraggiungibile se pretendi una storia seria, invece scopri che è innamorato di te. Sarà anche un cliché, ma non mi ha dato fastidio.

Invece, cosa che ancora non capisco, è il titolo: wicked. Si riferisce chiaramente a Kennan, ma il Re dell'Estate non mi è mai sembrato malvagio né pericoloso, semmai sarà pericoloso l'esito quando impugnando lo scettro si scoprirà di non essere la Regina dell'Estate, ma lui di per sé mi è sembrato più che altro una vittima, sfortunato anche in amore dato che Aislinn lo tratta a pesci in faccia, poverino. Ecco sì, mi ha fatto pena, altro che paura! A parte i pensieri un po' da pezzente quando voleva mettere fuori gioco Seth, e la strategia con cui ha fatto bere Aislinn, si comporta da gentiluomo, e addirittura in uno dei capitoli finali arriva a mostrare rispetto verso Seth.

Riguardo a Donia, si tratta di un personaggio molto più importante rispetto a quanto si potrebbe pensare. In fin dei conti è stata la sua storia a colpirmi di più, specie con il romantico epilogo dell'incontro tra estate e inverno, senza contare che lei fa del suo meglio per aiutare Aislinn già dall'inizio. Da un personaggio di contorno, Donia entra nella schiera dei personaggi principali, con i suoi sentimenti, la consapevolezza della condizione in cui si trova e di ciò che non potrà mai pretendere, senza invidia nei confronti della vera Regina dell'Estate e altruista anche nei confronti di Keenan, verso cui nutre un amore profondo senza rancore. Ciò che poi Donia diventerà è sorprendente: anche lei, come Aislinn, accetterà la propria natura, verso un futuro che si prospetta in equilibrio per tutti, o per lo meno, per l'estate e l'inverno.

Da notare che per le due protagoniste ci sono forti riferimenti sull'emancipazione femminile dei nostri tempi.

Di questa storia ho apprezzato la componente fantasy e la magia nelle creature fatate: tra la mitologia e le maledizioni, tra le sostanze che provocano loro fastidio e la capacità che hanno di camuffarsi nelle sembianze umane, la lettura scorre veloce ed è avvincente, perché ci sono continue evoluzioni nelle situazioni.
Un piacevole volo di fantasia, romantico per di più. Una fiaba moderna.

giovedì 11 agosto 2011

Recensione "Hakushaku to Yousei (Il conte e la fata)" di Tani Mizue

Recensione "Hakushaku to Yousei (Il conte e la fata)" di Tani Mizue










Di bell'aspetto e niente più.


Domenica scorsa ho cominciato a guardare quest'anime, attirata dalla bellezza dei disegni, dal suo essere breve (solo 12 episodi), e ovviamente per via della trama prettamente fantasy.
La storia è ambientata nell'epoca Vittoriana, e ha come protagonista la giovane Lydia Carlton, un "dottore delle fate", ossia una specialista in grado di vedere tutte le creature magiche. Trattandosi di un raro mestiere, la ragazza è presto contattata da un misterioso giovane che, deposte le mentite spoglie e la facciata da vittima, rivela d'essere il Conte Edgar J. C. Ashenbert, e ha bisogno del suo aiuto. Non si tratta di una semplice richiesta, ma di un obbligo: Edgar mira a diventare il nuovo Conte Cavaliere Blu (nobile titolo che gli consente di avere possedimenti nelle Terre delle Fate), ma per far sì che le fate lo riconoscano come tale, deve trovare l'antica Spada dei Merrow, nascosta in un luogo sconosciuto raggiungibile solo decifrando gli enigmi scritti nel linguaggio delle fate.
Questa trama, però, si risolve nel giro di quattro episodi.
Cosa succede poi è presto riassunto: proposte di matrimonio e corteggiamenti a go-go (da parte di Edgar a Lydia), entrata in scena di un rivale in amore (la fata - maschile - Kelpie), cospirazioni da parte di una certa "Scarlett moon", e la contesa del titolo di Conte Cavaliere Blu tra Edgar e un nuovo e sinistro figuro, Ulysse, anche se il vero nemico, colui che sembra abbia compromesso il futuro di Edgar fin da bambino, è il cosiddetto "Principe".

Ed ecco perché ho valutato l'anime con sole due stelle: questo "Principe" è solo un nome, non si sa nulla su chi sia, su cosa esattamente abbia fatto, e mentre Edgar e Lydia si perdono nell'ennesima "briciola di sfogo amoroso", si continua a nominare questo "Principe" e la storia (non) finisce! Detesto quando si lasciano le domande in sospeso: quella non è una conclusione. Non sembra che ci sarà una seconda serie, ed è stata solo girata un'altra serie anime dal titolo "Hakushaku to Yousei special" che vede i protagonisti in versione chibi, mentre il manga è ancora in corso, e solo in Giappone, dove sono usciti, per ora, quindici volumetti. In realtà nemmeno l'anime è edito in Italia, infatti l'ho visto con i sottotitoli in italiano realizzati da Sarulandia Fansub che devo dire hanno fatto un ottimo lavoro inserendo anche le note specifiche quando si tratta di spiegare termini legati a miti celtici quali Morrow, Kelpie, Banshee, eccetera.

Chiaro che, nonostante la non-conclusione mi infastidisca parecchio, non è solo quello il motivo per cui ho dato un voto così basso. C'è anche la delusione nel constatare che più che un fantasy, si tratti di un puro romance, uno shojo: il lato fantasy è un semplice sfondo, le creature fantastiche fanno brevi apparizioni, ed è tutto incentrato sui battibecchi tra Edgar e Lydia; lui così insistente nel conquistarla, lei così testarda nel rifiutarsi (che petulanti!). E allora via con le innumerevoli sequenze di sguardi: mamma mia quante volte che ci si limita a inquadrare i loro occhi o i visi contornati da sfondi sbriluccicanti! Aggiungiamo il triangolo amoroso con la fata Kelpie (ragazzo che diventa un impetuoso cavallo nero) che tra l'altro Lydia aveva precedentemente rifiutato, nonostante sembri che ora un pensierino lo faccia, più qualche episodio dove la vita dell'amato/a è in pericolo, e prontamente l'innamorato/a si sacrifica, un pizzico di gelosia causata da vecchi rapporti come quello di Edgar con Ermine, e la vicenda di un Anello di Luna, che in stile "un  diamante è per sempre" doveva essere recapitato da non-si-sa-chi a Edgar come promessa d'amore, ma che lui poi dona a Lydia (dopo averlo strappato a Kelpie che voleva usarlo allo stesso scopo).

La mia valutazione è giustificata anche, e soprattutto, per dei "buchi" nella storia: ho accennato al passato di Edgar, oscuro non solo per quanto riguarda il suo rapporto con Ermine, sorella del  suo sottoposto Raven, ma anche perché si fa cenno a degli esperimenti che egli ha subito, addirittura nel cervello, poi lo si tralascia, così come non è approfondito il fatto che suo padre uccise tutti i membri della famiglia per poi suicidarsi (per questo Edgar perse il suo titolo), e il fatto che il sottoposto Raven abbia ucciso tante altre persone (per cui all'inizio sembrava che l'assassino fosse Edgar); a tal proposito, va inoltre ricordato che all'inizio i protagonisti sono costantemente inseguiti da un tizio, anch'esso dalla parte del fantomatico "Principe", che li perseguita tanto e poi svanisce nel nulla, non si sa come e non si sa perché. Non solo, anche la vicenda dell'Anello di Luna nasce da non si sa dove: penso che dopo aver tirato in ballo due graziose fatine (Marigold e Sweetpea) come corrieri espresso, fosse il minimo mostrare anche il volto di colei che aveva fatto la proposta, senza considerare che, come può non avere conseguenza il fatto che la fata (regina?) non veda arrivare il promesso sposo? A detta delle due fatine, non adempiere a tale compito provocherebbe chissà cosa!

Insomma, se guardiamo al contenuto, la storia non è affatto sviluppata in maniera sufficiente, eppure le basi per farlo ci sarebbero. Ad esempio, Raven, il ragazzo al servizio di Edgar che è posseduto da uno spirito assetato di sangue, non riesce a controllarne l'impulso omicida, ma in un discorso con Lydia lui chiede se per ipotesi lei dovesse diventare il suo padrone, riuscirebbe a non ordinargli di uccidere? Lo dice come se fosse un suo intimo desiderio, come se in realtà non volesse farlo... insomma, prometteva bene. La fata/cavallo nero Kelpie, anche lui poteva essere sviluppato in maniera diversa: facendo parte della Unseelie Court (fate maligne) dava a intendere che fosse un nemico, invece aiuta Lydia e Edgar in più di un'occasione, specialmente sul finale; sembra un po' incoerente, ma questa è sempre colpa della superficialità con cui è gestita la vicenda. Un'altro personaggio che mi è piaciuto è la Banshee, specie con la vicenda delle sue lacrime d'ambra: lì sì che c'era magia! Ma anche in questo caso ho notato una certa frettolosità nel risolvere la questione. Ho invece trovato di poco spessore il pittore Paul, mentre il fatato gatto Nico che si crede un gentiluomo è una piacevole mascotte.

In conclusione, penso che il problema dell'anime sia proprio il numero limitato di episodi, infatti ci sono diversi casi dove la sigla d'apertura e di chiusura sono integrati nel proseguimento della storia, quasi si dovessero recuperare i minuti (nemmeno le sigle sono poi un granché, sia a livello di sequenze animate sia come testi; forse si salva giusto la musica dell'opening). Chissà se la storia sia più completa nella light novel da cui è tratto l'anime, tuttavia è questo lo svolgimento che si è dato agli eventi principali, continuasse o meno, i "buchi" resterebbero e si andrebbe avanti con la storia del "Principe" tralasciando il resto.

Consigliato solo a chi cerca una storia senza troppe pretese, e dei bellocci da strapazzare con gli occhi.

mercoledì 3 agosto 2011

Recensione "Laputa - Castello nel cielo" di Hayao Miyazaki

Recensione "Laputa - Castello nel cielo" di Hayao Miyazaki







La fantascienza si unisce alla fiaba per trasmettere valori.


"Laputa - castello nel cielo" è un film del 1986 nonché la prima produzione dello Studio Ghibli in quanto tale (due anni prima le stesse persone realizzarono "Nausicaa della valle del vento", ma ancora non portavano questo nome), ideato e diretto da Hayao Miyazaki.
Per quest'opera, Miyazaki s'ispirò ai "Viaggi di Gulliver" di Jonathan Swift, precisamente a Laputa, isola volante abitata da scienziati pazzi, la quale essendo costituita da una base d'adamante poteva essere manovrata usando un gigantesco magnete; nella pellicola, questo magnete trova corrispondenza nella Gravipietra, una pietra particolare tipica di Laputa che permette (tra le altre) di vincere la forza di gravità e galleggiare nell'aria.
La piccola Sheeta, protagonista della storia, porta un cristallo di Gravipietra al collo, ma non è del tutto consapevole di ciò che rappresenta, se non il semplice fatto che le fu tramandato per generazioni dalla sua famiglia, unitamente a delle formule magiche; ciò di cui è certa, però, è che il cristallo è un oggetto ambito dall'esercito e da un'individuo mandato dal governo, Muska. La storia comincia così, con Sheeta che guarda dimessa fuori dalla finestra dall'aeronave perché è tenuta a collaborare con quest'individui, ma a provocare la svolta, l'improvviso assalto di un gruppo di pirati spaziali capitanato da Dola (loro madre), anch'essi interessati al misterioso cristallo della ragazza; con la confusione che vanno a creare, Sheeta è costretta ad allungarsi oltre la finestra e aggrapparsi all'esterno del velivolo, finché la presa le viene a mancare e cade nel vuoto.
Dopo una frenetica discesa che porta la ragazza a svenire, la caduta si rallenta grazie ai poteri del cristallo, e Sheeta viene cullata fino a raggiungere la terraferma nei pressi di una miniera, dove un ragazzino che ha appena finito il suo turno di lavoro l'accoglie tra le braccia e la porta in salvo. Il giorno successivo, Sheeta e Pazu (questo il nome del ragazzo) fanno amicizia e si confidano l'un l'altra: sono entrambi orfani, ma soprattutto hanno in comune il desiderio di trovare Laputa; Pazu vuole vendicare il padre che passò per pazzo credendo nell'esistenza della mitica isola (e testimoniandolo con una fotografia), Sheeta perché, grazie all'incontro con un vecchietto nelle miniere durante una delle tante fughe braccata dall'esercito e dai pirati, scopre d'essere l'ultima discendente dell'antica civiltà che abitava Laputa.
Costantemente inseguiti, costretti a separarsi per poi ritrovarsi proprio grazie all'intervento dei pirati, i due ragazzi finiranno col collaborare con quest'ultimi (tutt'altro che bruti a discapito delle apparenze, e decisamente mammoni), dai grigi edifici dell'esercito alla lussureggiante ed eterea Laputa.


Come in tutte le opere di Miyazaki emerge il messaggio ecologico e antimilitaristico: memorabile la scena del robot gigante e iper-tecnologico che si adopera, non per assalire i due giovani protagonisti, ma per sollevare il loro velivolo da terra perché stava calpestando un nido d'uccelli, oppure la scena in cui un robot cerca di proteggere Sheeta dall'esercito facendo scudo con il suo stesso corpo e a suo modo comunica con lei, oppure ancora, quando porge loro un fiore; sono immagini che stuzzicano la sensibilità dello spettatore e che portano a riflettere sui possibili sentimenti di un robot, di come un essere che fa parte della tecnologia possa vivere in simbiosi con la natura e rispettarla. Non a caso, il monologo finale di Sheeta parla proprio di questo: «Per quante spaventose armi si possano brandire, per quanti poveri robot si possano comandare, vivere separati dalla terra non è possibile!» Frase che ovviamente racchiude anche l'essenza stessa di Laputa, sospesa nel cielo, e che si potrebbe allacciare anche al significato della formula magica che Sheeta teme di pronunciare, quella che riguarda la distruzione; beh, pronunciandola sembrerebbe che la distruzione riguardi solo la controparte tecnologica, perché Laputa perde la fortezza, l'edificio, le mura, i robot d'assalto, ma di lei resta l'essenza, ossia un vigoroso albero dalle possenti radici e tutta la rigogliosa vegetazione circostante (del resto, abbandonata dall'uomo, sull'isola era la natura che stava già prendendo il sopravvento).


Un altro tema ricorrente è il fatto che gli adulti siano ossessionati dal potere (come Muska) o dal denaro, in questo caso rappresentato da tesori d'ogni tipo (vedere l'esercito e i pirati), mentre i due giovani si curano semplicemente l'uno dell'altra, mettendo al primo posto i loro sentimenti; inoltre, il desiderio di trovare Laputa è per loro come un'ideale da raggiungere, una missione da compiere per dei bisogni che vanno oltre alla materia. Da notare anche l'atteggiamento completamente diverso dell'esercito, che s'affanna a saccheggiare e trafugare tesori (gli stessi pirati si limitano ad arraffare qualcosina), mentre nei ragazzi, del tutto disinteressati a queste cose, emerge una sorta di rispetto per l'antica civiltà (non toccano proprio nulla!).
Inoltre, come in "Nausicaa" e in "Porco rosso", anche qui Miyazaki pone l'accento ad aspetti quali il volo, i venti, gli aerei, tanto che più che una mera ambientazione diventano i soggetti stessi dell'opera, tante sono le sequenze che li riguardano.
Dicevamo, i sentimenti di Sheeta e Pazu. Anche in quest'opera ho trovato infinita dolcezza e tanta, tanta tenerezza: i due si sfiorano, si prendono per mano, si abbracciano, addirittura si legano l'uno all'altra. C'è un contatto fisico costante, che ho interpretato non solo a livello d'affetto, ma è anche simbolo di fiducia e collaborazione.


In "Laputa", però, ho trovato anche delle differenze rispetto alle altre produzioni Miyazaki. Questa è l'opera più ricca d'azione: dall'assalto dei pirati all'aeronave di Muska all'inseguimento dei ragazzi, dalla rissa in città all'inseguimento sui binari del treno, dai bombardamenti dell'esercito contro il gigantesco robot al frenetico recupero di Sheeta, dal governare le correnti avverse, al tentativo di Pazu di raggiungere Sheeta che si trova con Muska; sono poi certa d'averne dimenticata qualcuna. Altro elemento insolito, i pirati, ossia dei personaggi che dovrebbero vestire il ruolo di "cattivi" ma non si comportano come tali, sono buffi e un po' idioti, addirittura talvolta ingenui, ed emerge così un'ironia più accesa rispetto alle altre creature di Miyazaki (complice il fatto che siano uomini e adulti). Infine, se solitamente Miyazaki non fa schierare i suoi personaggi (come già evidenziato), con Muska ci mostra uno dei personaggi più violenti e crudeli: Muska è determinato a perseguire i propri interessi, non esita a colpire Sheeta, addirittura le punta la pistola addosso e la usa almeno un paio di volte per tagliare via le sue trecce, inoltre delira come un pazzo, e non fa una bella fine; devo ammettere, però, che fisicamente mi sembra il peggio caratterizzato, lo vedo anonimo.


Meritevole è anche la colonna sonora, tanto onirica e poetica che sono in procinto di cercare i brani per ascoltarli in maniera indipendente dal film.

In conclusione, in generale, "Laputa - Castello nel cielo" è leggermente inferiore rispetto a "La città incantata", "Principessa Mononoke" e "Il castello errante di Howl", ma quelli sono mostri sacri. Considerata indipendentemente, è un'opera che si merita 5 stelle senza esitazione, per la qualità e l'emozione che sa dare, perché è uno di quei film che nemmeno quando scorrono i titoli di coda si ha voglia di cambiare canale...






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