giovedì 3 maggio 2012

Recensione anime: "Metropolis" di Rintarō

Recensione appena pubblicata su TrueFantasy con l'impaginazione di Alessandro Iascy!




Il futuro del nostro passato

Ormai sono costantemente sintonizzata su Rai 4 in cerca di anime. Domenica mattina scorsa hanno trasmesso "Metropolis", film del 2001 diretto da Rintarō (noto per "Capitan Harlock"), sceneggiato da Katsuhiro Ōtomo ("Akira") e prodotto da Madhouse ("Nana"), nonché trasposizione animata del manga di Osamu Tezuka del 1949, a sua volta ispirato all'omonimo film muto del 1927 di Fritz Lang, regista austriaco considerato il precursore del cinema di fantascienza.
Con tutti questi grandi nomi, "Metropolis" si presenta come un progetto ambizioso, tanto che per realizzarlo si sono impiegati cinque anni; tuttavia mi sono avvicinata alla visione senza conoscerne il background, così, senza aspettative, con la semplice curiosità di scoprire un anime a me nuovo. 

Siamo nel futuro, in una vivace e tecnologica città-stato chiamata Metropolis, governata dal Presidente Boone. Metropolis è in festa perché è il giorno dell'inaugurazione di un immenso grattacielo posto al centro della città: si chiama Ziggurat, ed è il simbolo del potere del Duca Red
Proprio quello stesso giorno, a Metropolis arriva, direttamente dal Giappone, l'investigatore privato Shunsaku Ban, accompagnato dal giovane nipote Kenichi; l'investigatore sta seguendo la pista di un trafficante d'organi umani, e i suoi sospetti girano intorno alla figura dello scienziato Dott. Laughton; nessuno sa che lo scienziato sta lavorando in segreto proprio per il Duca Red. Il duca, infatti, gli ha ordinato di costruire un androide avente le sembianze della defunta figlia Tima; costui sarà "l'essere supremo", e il trono dello Ziggurat è stato creato apposta per lui, perché governi Metropolis e il mondo intero.
Metropolis è popolata da esseri umani così come da robot. I robot, però, non sono nemmeno lontanamente considerati una classe sociale: impiegati per mansioni di vario genere, che vestano il ruolo del commesso o che siano addetti alla discarica, il loro utilizzo - quindi la loro esistenza - è limitato al settore in cui "servono", per cui, appena valicano questi confini o agiscono in un modo leggermente diverso dal solito, vengono immediatamente distrutti, "uccisi" a colpi di pistola; poco importa se ciò avviene nei luoghi pubblici e in mezzo a tanta gente come nel caso dell'inaugurazione dello Ziggurat. I robot non si ribellano, non contrattaccano chi li sta sterminando; a farlo è un ragazzo di nome Rock, mosso da una forte repulsione per tutti i robot indistintamente, non a caso è membro del partito "Marduk", movimento che si distingue perché gli adepti portano una fascia sull'avambraccio destro che tanto ricorda quello fascista
C'è un legame tra Rock e il Duca Red: il movimento Marduk è segretamente finanziato dal Duca, ma soprattutto, Rock è stato salvato dal Duca dopo la guerra che ha visto la perdita dei suoi genitori, quindi Rock considera il Duca Red come suo padre, ma è un sentimento unilaterale. Ecco, il padre che tanto ama e rispetta, sta creando un androide, l'essere che Rock più di tutti disprezza, e mira addirittura a farlo salire al potere; Rock non può sopportarlo. Rock vuole eliminare Tima. Così, nel laboratorio dove il Dottor Laughton sta per ultimare le operazioni di generazione di Tima, Rock interviene per uccidere lo scienziato, e nel tentativo di sparare alla "capsula" contenente l'androide, scatena un incendio, trovandosi così costretto a lasciare la scena del crimine. Nello stesso momento, nei paraggi si trovano l'investigatore Ban e Kenichi, accompagnati da un investigatore androide assegnatali al loro arrivo. Appena intuiscono che fuoco e fiamme provengono proprio dal laboratorio dello scienziato su cui stavano indagando, Ban e Kenichi vanno alla ricerca di eventuali sopravvissuti: Ban trova il Dottor Laughton; Kenichi trova una spaesata Tima, che non capisce quel che dice Kenichi, e non sa nemmeno rispondergli a quella semplice domanda: "chi sei?". Nemmeno il tempo di conversare, però, che Kenichi e Tima finiscono nel condotto che porta alla discarica; quando Rock torna a ispezionare la zona e scopre che quella poteva essere una via di fuga per l'androide - visto che non se ne trovano i resti - si lancia all'inseguimento. Kenichi e Tima non sanno perché quel tizio gli ha presi di mira, ma quel che è peggio, è che nessuno dei due, nemmeno la stessa Tima, sanno chi (cosa) è lei veramente: stando con Kenichi, Tima si è convinta di essere un'umana

Uno dei temi principali dell'anime è proprio l'umano e il sociale.
Durante la fuga, i due esplorano vari livelli di Metropolis: a parte il livello zero, ossia quello con lo Ziggurat, gli uomini di potere e i cittadini benestanti, la città è distribuita in diversi livelli sotterranei, a loro volta suddivisi in zone; più si scende di livello, più troviamo umani e robot in condizioni disagiate o disperate. In uno dei livelli inferiori, Kenichi e Tima incontrano persone che si sono viste rimpiazzare dai robot nell'ambiente lavorativo; questo malcontento spinge alla nascita di un'organizzazione rivoluzionaria capitanata da un ragazzo di nome Atlas (guarda caso, vediamo nella sua stanza un poster di Che Guevara), prossima a compiere un colpo di stato. Tra le altre, assisteremo al pestaggio di un robot da parte degli uomini, inoltre, scopriamo attraverso l'androide investigatore che viene affiancato a Ban, che i robot non possono avere nomi umani ma solo codici (allora Ban gli da il nome di quello che era il suo cane: Pero).
Dopo aver visto come gli uomini trattano gli androidi, e come questi ultimi abbiano involontariamente reso frustrante la vita di alcune persone, è un duro colpo per Tima scoprire d'essere proprio un androide (e in che modo, poi!). Ma gli androidi possono provare sentimenti? Vedendo Tima non avrei dubbi nel dire di sì: un liquido denso le scende dagli occhi, mentre il Duca Red le dice che i suoi non sono veri sentimenti ma il risultato di una serie di "errori" perché è stata attivata prima del suo completamento.
Allora Tima si avvia al trono dello Ziggurat - parallelismo con la Torre di Babele nonché simbolo dell'apocalisse - ed è in questo esatto momento, verso il finale, che l'anime giunge all'apice, e da lento che era, esplode, portando le tre stelle di valutazione a salire immediatamente a cinque, perché in quel momento di tensione, Rock compie un gesto dai risvolti inaspettati, tragici e devastanti, il tutto sotto le note di una spiazzante "I can't stop lovin' you" di Ray Charles (tecnica ripresa in "Evangelion 2.22: you can not advance"). Mi sono emozionata. Quel momento è come se dicesse: è l'amore a scatenare il disastro. La totale devozione di Rock verso il padre adottivo, l'osannarlo quasi fosse un dio... e chissà che non distrugga i robot con gesti così plateali per attirare la sua attenzione, per essere accettato. Probabilmente è invidioso di Tima, che si è aggraziato il Duca Red per il semplice fatto che assomiglia alla figlia defunta. In fondo, lo dice una battuta del film, non ricordo se sia di Rock o di Atlas, comunque riguarda la differenza tra umani e robot, e cita più o meno così: "sono i sentimenti degli umani a provocare le guerre". Ecco, se l'incipit sembrava far credere che il pericolo fosse "l'essere supremo", alla fine non è affatto Tima a provocare quel disastroso epilogo. Tima è, al contrario, una vittima: in primis, dei sentimenti degli umani che la circondano, poi anche dei suoi stessi. Struggente quell'ultima domanda che echeggia in quel luogo solitario, emozionante cosa Kenichi trova, alla fine, insieme ad altri robot. Inoltre, c'è quell'immagine nella parte iniziale dell'anime: Tima è illuminata da un fascio di luce proveniente dal cielo, e una colomba si appoggia sulla sua spalla tanto che da lontano sembra che Tima abbia le ali di un angelo...

Le scene che ho preferito sono quelle sopra elencate, mentre Rock è il personaggio che è stato realizzato meglio, quello completo anche sotto il profilo psicologico (dunque anche il mio preferito!); pensare che Rock non appariva affatto nell'originale. Tuttavia, se ho dato tre stelle di valutazione occorre spiegare cosa invece non mi ha convinto: nel corso dell'anime, la faccenda politica coi colpi di stato eccetera, è uno dei temi di punta, eppure il Presidente di Metropolis è pressoché invisibile, e piuttosto ci si concentra sul Duca Red; possibile però, che una persona che investe la carica di Presidente venga tirato in ballo così poco, con una semplice menzione all'inizio della pellicola? Mi aspettavo un suo maggior coinvolgimento, invece, così facendo, la questione viene affrontata in modo limitato. Un'altra cosa: come preannunciato, a un certo punto Kenichi si separa dallo zio (sparisce al livello inferiore con Tima), ebbene, Ban non si preoccupa minimamente su dove sia finito; è mai possibile? E' solo un bambino! Non mi sembra un dettaglio di poco conto. 
Per finire, ho delle perplessità sul character design. Non sapevo che l'opera fosse chiaramente ispirata ai disegni di Tezuka, pur avendo riconosciuto che i personaggi assomigliassero parecchio ad "Astroboy", però, Duca Red su tutti ha un aspetto troppo caricaturale; capisco l'omaggio, ma mi sembra una forzatura mantenere tale stile in un contesto maturo come questo, considerando anche le tematiche e le ambientazioni realistiche (complice l'utilizzo della computer grafica). Nei primi fotogrammi poi, il pubblico che assiste all'inaugurazione dello Ziggurat sembra un insieme di "pupazzetti puccettosi", tra l'altro, piuttosto simili tra loro. Certo, guardando l'anime poi ci si abitua, ma visto le tematiche affrontate (senza dimenticare la violenza e la crudeltà di certe scene) Tima e Kenichi li avrei preferiti adolescenti, più che bambini, anche se così sono l'emblema della purezza e dell'innocenza.
Sempre a proposito delle caratteristiche tecniche, magari sembrerà una piccolezza per qualcuno, ma ho trovato un po' fastidiosi anche quei momenti in cui le scene sfumano in un piccolo "cerchio"; questa tecnica la utilizzerei per qualcosa di comico, quindi non in un anime del genere. 

"Metropolis" è infatti un noir-cyberpunk (da notare l'architettura), caratterizzato da uno stile retrò che va a braccetto con la computer grafica, un'atmosfera che ha il sapore degli anni '20/'30 e va al ritmo di jazz e blues pur essendo di stampo fantascientifico. 
"Metropolis" è il manifesto della nostra storia del '900, dalle tinte vivaci e gli arredi sfarzosi (dimenticavo, un fotogramma inquadra l'Arco di Trionfo parigino) alle tinte scure e il timore degli uomini davanti al progresso (robot che sostituiscono il lavoro dell'uomo) fino a toccare le pagine più nere della storia umana (il periodo fascista).
Ho dovuto dare una valutazione perché è quello che richiede una recensione, tuttavia sento quel voto come una forzatura, sento che quelle tre stelle non rendono giustizia a un'opera come questa; cinema d'autore. "Metropolis" non può essere giudicato. Dev'essere guardato. E basta. Ciò che lascia va ben oltre il semplice voto dato da una recensione.





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