lunedì 16 aprile 2012

Recensione anime: Lovely Complex (Dynit)





Conquistare a suon di risate!

Qualche sera fa, stavo facendo zapping quando sono finita su Rai Gulp (canale 42 del digitale terrestre) dove trasmettevano un episodio di "Lovely Complex", serie anime del 2007 (2009 in Italia) di cui avevo sentito parlare ma che non avevo avuto modo di vedere prima. L'episodio in questione era il 16 ("La magia di Maity! Una mutevole immagine d'amore?") e subito mi colpì perché divertente e "serio" al tempo stesso, perché il rapporto tra due affiatati amici sfocia nell'amore (in modo evidente per quanto riguarda la ragazza) e mi colpì l'ottima realizzazione tecnica, in particolare la sequenza che vede i due tornare a casa in bicicletta, lui che guida e lei dietro, con un dialogo che ruota intorno ai sentimenti e la cui "pausa per riflettere su ciò che si è detto" coincide con il frenare della bicicletta dinanzi al semaforo rosso; la bici che riparte e pian piano tra i due si scioglie il gelo, un sorriso aperto mentre di nascosto si asciugano gli occhi, il mutismo del ragazzo e un'inquadratura che spinge a sperare, mentre una musica dolce sfuma fino a decretare la fine dell'episodio... e io che subito corro sul web per cercare gli episodi in streaming!

"Lovely Complex" ("Rabu Con", conosciuto anche con l'abbreviazione "Love Com") è tratto dall'omonimo manga di Aya Nakahara, e narra la storia d'amore tra Risa Koizumi e Atsushi Otani, entrambi vittime del complesso dell'altezza. Koizumi, infatti, è alta 170 cm quando la media delle ragazze giapponesi è circa 158 cm, mentre Otani è basso, 156 cm quando la media dei ragazzi giapponesi è intorno ai 172 cm.
Ciò che contraddistingue "Lovely Complex" da un classico shōjo è proprio la serie di gag esilaranti che ruotano intorno al complesso dei due, basti pensare che fin dal primo episodio assistiamo ai loro continui scambi di battutine, o al semplice fatto che il cognome della ragazza, "Koizumi", significa "piccola sorgente", mentre quello del ragazzo, "Otani", vuol dire "grande valle"; i siparietti dei due sono talmente comici che vengono subito etichettati dagli altri come gli "All Hanshin Kyojin", un duo comico molto famoso in Giappone. Certo, se la comicità della storia continuasse in tal senso finirebbe col non divertire più, ma il problema non è da porsi visto che abbiamo due protagonisti simpatici e buffi - specialmente Risa con la sua goffaggine che spesso cade negli eccessi - ed è una comicità a tutto tondo, dallo stile di disegno "super deformed", all'ottimo doppiaggio che valorizza gli stati d'animo dei protagonisti attraverso continue variazioni di voce. Personalmente, sono arrivata a piangere dalle risate: un anime spassoso come "Lovely Compex" non l'avevo mai visto.

Contemporaneamente, però, ho vissuto anche l'emozione opposta alle risate: l'amarezza. Questo sentimento è provocato da Risa, che com'è vero che è un po' maschiaccio, nerd (va pazza per i videogiochi al punto da confonderli con la vita reale) e a suo modo intraprendente e determinata, è anche volubile e lunatica, capace di sprofondare nella depressione per una delusione d'amore. Mi sono ritrovata nei suoi turbamenti, nelle sue insicurezze, nelle sue delusioni... mi ha fatto tanta tenerezza. Atsushi, d'altro canto, a parte l'essere eccessivamente tonto, in certe occasioni mi è sembrato avere caratteristiche femminili, ad esempio quando si mette delle forcine coi fiori per tenere i capelli mentre gioca a basket - ebbene sì, è un giocatore di basket e non è niente male! -, ha sani valori ed è un bravo ragazzo, talvolta sorprende coi suoi comportamenti, e per questo Risa se ne innamora, ma siccome dice sempre quello che pensa in modo diretto e senza fronzoli, spesso finisce col farla soffrire, senza contare che è anche testardo e orgoglioso. Ad ogni modo i due sono simili, e sono tante le passioni comuni, ad esempio quella per il rapper Umibozu (che sembrano conoscere solo loro, e sono fan sfegatati!) o la curiosità nel provare cose nuove nei menù; talvolta si ritrovano addirittura a dire le stesse cose (aspetto comune negli anime, devo dire) e avendo più o meno lo stesso carattere, è facile anche che si scontrino (a suon d'insulti o a pugni!).

L'anime conta 24 episodi che riassumono una storia di due anni.
La svolta decisiva si ha con l'arrivo in liceo del professor Maity, mentre l'episodio del compleanno di Risa è uno dei più belli (riguardo al mondo degli anime, la scena dei fuochi d'artificio è tra le mie preferite in assoluto). In seguito, la ex Kanzaki, l'ammiratore Haruka, la vicina di casa Mimi e il collega di lavoro Kohori scuotono il rapporto tra Risa e Atsushi, ma in modo interessante, perché aiutano i due protagonisti a comprendere meglio i loro sentimenti; i triangoli amorosi, piuttosto che dare il tipico impatto drammatico degli shōjo, danno il via a nuove situazioni comiche, specialmente nel caso della vicina Mimi che fa la modella ed è alta come Risa, quindi tra rivalità e complicità, e nel caso del collega Kohori, basso come Atsushi ma molto più intraprendente.
Un personaggio tutto particolare è la graziosa Seiko, su cui non mi sbilancio per non rovinare la sorpresa, ma basti pensare che attraverso lei si affronta un altro "complex", che per certi versi si confronta con quello di Risa; è un tema delicato affrontato con purezza e semplicità, in barba ai giudizi della massa e basato sul fatto che negare i propri sentimenti equivale a negare se stessi. Penso che sia questo l'episodio più profondo dell'anime, trattato con leggerezza solo in apparenza.

Risa e Atsushi sono poi circondati da un gruppo di amici: Nobu, la migliore amica di Risa che ogni tanto si sente come una mamma nei suoi confronti, prodiga di consigli e quella che più di tutti la sprona; Nakao, amico di Atsushi e giocatore nella stessa squadra di basket, sta insieme a Nobu fin dall'inizio e sono una coppia ben collaudata, due veri piccioncini; la timida Chiharu e l'altrettanto timido Suzuki, la coppia che si forma alla fine del primo episodio, che è proprio grazie a loro che Risa e Atsushi iniziano a frequentarsi, visto che Risa era interessata a Suzuki e Atsushi a Chiharu. Ci sono poi un paio di episodi che si concentrano sulle vicende delle due coppie, ma devo dire che le ho trovate piuttosto noiose, specie quella tra Chiharu e Suzuki che mi sembra puramente riempitiva; va comunque riconosciuto che le due storie, inserite come episodi finali della serie, hanno il compito di spostare l'attenzione verso il futuro dei protagonisti, ossia, cosa faranno, i nostri, una volta finito il liceo? Risa è, ovviamente, l'unica che non ha le idee chiare. Quello che ne consegue, per quanto interessante, è solo un accenno. Mi chiedo se il manga sappia mostrare qualcosa in più, per questo intendo acquistarlo quanto prima; può darsi che tornerò a integrare la recensione con queste informazioni e qualche confronto.

Come scrivevo all'inizio, la realizzazione tecnica è ottima: musiche azzeccate, incalzanti quando serve e dal sapore caraibico quando nella storia si aggiunge un po' di pepe, oppure ancora, esilaranti quando le solite melodie vanno via via stonando ad accompagnare un risvolto tragicomico; un doppiaggio italiano che per la prima volta non fa rimpiangere l'originale, uno dei migliori di sempre, mentre per le sigle preferisco di gran lunga le musiche e le immagini della versione giapponese. Una cosa che mi ha infastidito è stata invece la totale assenza di una traduzione per le parole scritte, ma non so se questo sia un difetto presente anche nei cofanetti DVD (2 box distribuiti da Dynit); magari ve lo saprò dire.
Il fatto è che "Lovely Complex" è entrato direttamente tra i miei preferiti, addirittura l'ho guardato due volte di seguito, la seconda con la scusa di farlo conoscere a mio marito che, a proposito, si è divertito e gli è piaciuto, tanto da volerlo vedere in due soli pomeriggi; del resto un episodio tira l'altro, grazie anche a dei tagli ben studiati.

Concludo dicendo che ho guardato persino il live action (pensare che con "Death Note" - un altro dei miei favoriti - non ho ancora provveduto...)!
Il film, rigorosamente sub ita e trovato in streaming sul web, mi ha fatto sorridere e mi ha regalato momenti piacevoli, anche se il professore e la sorella di Risa (che poi nell'anime è un fratello -_-'') sono oltremodo bizzarri e nonsense. In compenso, Ema Fujisawa nella parte di Risa, con le sue continue mosse (da schizzata) rende il personaggio piuttosto bene. Teppe Koike, invece, non è irresistibile quanto l'Atsushi dell'anime. Il live action conclude la storia a suo modo, in quello che per l'anime è l'episodio 16, in maniera semplificata e molto meno romantica, per cui consiglio vivamente di non perdervi l'anime.
Quasi quasi lo guardo una terza volta...





domenica 15 aprile 2012

Videogiochi: Ōkami e Ōkamiden

Venerdì è stato pubblicato questo mio articolo su TrueFantasy:
se volete leggerlo con la bellissima impaginazione di Alessandro Iascy, correte in questa pagina!
Ecco, io non so mai quali immagini scegliere; specie in un titolo come questo, sono una più bella dell'altra! Per cui, lustratevi gli occhi in ambedue i blog! ^^
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Qualche giorno fa è sbocciata la primavera. Adoro i paesaggi che si tingono di rosa, e mi ricordano che in Giappone si festeggia la fioritura dei ciliegi: disperdendo petali nel vento, i sakura (ciliegi, appunto) danno vita a uno spettacolo magico e romantico che è anche il simbolo del Giappone.
Siamo in primavera, siamo nella rubrica "Jappo W!", allora come non trattare un videogioco che fa della fioritura e del mito giapponese i suoi cardini? 


Ōkami (letteralmente "grande dio" è anche un gioco di parole per "lupo") è un action-RPG ambientato nel Giappone medioevale dove protagonista è la dea del sole Amaterasu reincarnata nel corpo di un lupo. A evocare la dea è Sakuya, spirito dell'albero protettore del Villaggio Kamiki, spinta dall'improvvisa ricomparsa del demone Orochi, drago a otto teste che da sempre infesta non solo il villaggio in questione, ma l'intero Giappone. Cent'anni prima Orochi fu sconfitto da un lupo simile alla reincarnazione di Amaterasu, Shiranui, e dal guerriero del villaggio, Nagi, il quale infine sigillò il demone nella Caverna della luna con "Tsukuyomi", la spada in cui Shiranui fece confluire i suoi poteri prima di morire; a quanto pare ora qualcuno ha estratto la spada liberando il demone, e l'aurea maledetta di Orochi porta le tenebre, fa appassire alberi e fiori, avvelena le acque, libera spiriti maligni e richiama altri demoni, insomma, l'umanità è in pericolo, e solo l'intervento divino di Amaterasu può riportare la pace. A farle da guida, un insetto (ma guai a chiamarlo così), l'artista errante Issun, interessato ad apprendere le tecniche del Pennello Celeste (Celestial Brush) che è poi il potere principale di Amaterasu. 
Il Pennello Celeste offre al giocatore un'esperienza inedita che arriva persino ad assumere connotati poetici: usando questo strumento, il gioco va come in pausa e il paesaggio si trasforma in una tela monocromatica dove il giocatore si ritrova a dipingere! E allora trasformeremo un albero secco in un ciliegio in fiore, una pozzanghera in una fonte, governeremo il vento e manipoleremo acqua e fuoco, tramuteremo la notte in giorno, sfameremo animali e ripareremo perfino degli oggetti distrutti, fino ad arrivare ad apprendere tredici tecniche (di pittura) diverse, insegnate da divinità che appaiono sotto-forma di costellazioni per poi animarsi (che romantico!).


Attraverso il Pennello Celeste è come se Amatarasu "purificasse", perché oltre a intervenire sull'ambiente lo può usare anche in combattimento (taglia il nemico in due, fa materializzare una bomba...) ma soprattutto porta dei benefici agli umani che riacquistano fede, il che vale come punti esperienza
Grazie all'uso del Pennello Celeste abbiamo numerose sub-quest e una certa libertà d'azione
Le cose da fare sono talmente tante che quando ci troveremo di fronte a Orochi, con un risvolto che sembra replicare gli avvenimenti di cent'anni prima visto il coinvolgimento del guerriero Susano, penseremo d'essere arrivati a un passo dalla fine quando in realtà non siamo che all'inizio; scopriremo tanti di quei villaggi che sarà impossibile delineare i confini della mappa, soprattutto dopo che vedremo il mare...
I combattimenti avvengono per mezzo d'incontri non propriamente casuali perché i nemici sono sempre nello stesso punto, siano essi sulla mappa o nei dungeon, segnalati dalla presenza di una "pergamena" che svolazza minacciosa, e che se ci avviciniamo può rincorrerci e catapultarci direttamente in battaglia. Lo scontro avviene in una sorta di dimensione parallela, delimitata da confini dai quali si può tuttavia fuggire; si può combattere utilizzando le armi (selezionando preventivamente la principale e la secondaria) e usufruendo di particolari strumenti quali rosari e oggetti sacri acquistati nel corso dell'avventura. Tutto questo non vale nel caso dei boss: in tali occasioni la battaglia diventa un enigma da risolvere con la giusta tecnica, e a seconda della strategia che useremo, otterremo riconoscimenti diversi (questo anche nel caso dei normali scontri, il che spinge ad adoperarsi per guadagnare monete e punteggi migliori).


Nel corso della storia conosceremo il vero nemico di Amaterasu, c'imbatteremo in personaggi le cui storie sono direttamente ispirate al folklore giapponese, e ci sarà anche da sorridere nonostante l'atmosfera cupa. In sostanza si tratta di un'esperienza piuttosto impegnativa, pur non essendo particolarmente difficoltosa, solo che, personalmente, mi sono bloccata in un momento in cui la storia diventa piuttosto oscura, e la vastità dell'ambiente ha finito col disorientarmi, specie quando ho lasciato passare così tanto tempo da non ricordare dov'ero rimasta... fino a che ho preso in mano "Ōkamiden"! 
In Europa Ōkami era uscito nel 2007 per Playstation 2 e nel 2008 per Wii, ma si era guadagnato il titolo di "Gioco dell'anno" da IGN già nel 2006; avendo guadagnato un enorme successo di critica e un certo numero di fan, Capcom si è adoperata a pubblicare il seguito, "Ōkamiden", nel marzo 2011 come esclusiva per Nintendo DS.


Stesso mix di avventura, enigmi e azione, stessa grafica in cel-shading, stesso Pennello Celestiale da usare stavolta col pennino del DS, ma dato che dalla console casalinga si è passata a una console portatile ora è tutto "chibi" (mini), a partire da "Chibiterasu", figlio di Amaterasu, che si accompagna a guerrieri bambini (e incontra i cuccioli delle divinità incontrate nel precedente capitolo)!
La storia è ambientata nove mesi dalla conclusione delle vicende di "Ōkami", dove Chibiterasu scende sulla Terra per estirpare il male rimasto, cercando ancora di salvare natura ed esseri viventi. Come avveniva in "Ōkami", le persone vedono in Chibiterasu un normalissimo cucciolo di lupo; non notano il suo particolare manto striato di rosso, nessuno tranne Kuni, figlio di Susano, aspirante guerriero anche lui. Scopriremo però che non si tratta solo di Kuni, ma che tutti i bambini, probabilmente perché puri, riescono a vedere in Chibiterasu qualcosa di più di un semplice lupo. A un certo punto, infatti, Kuni si separa da Chibiterasu e quest'ultimo trova la compagnia della sirena Nanami, poi l'attrice coi poteri paranormali Kagu, poi ancora il mago Manpukuogni compagno garantisce un'interazione diversa poiché ognuno ha la sua particolare tecnica di combattimento, oltre a una serie di specialità; di conseguenza, il Pennello Celestiale scopre nuove tecniche, come quella che permette il giocatore di risolvere un enigma usando separatamente la "squadra", con Chibiterasu che si muove da una parte, e il compagno dall'altra. Per questo "Ōkamiden" offre qualche variante in più, ma di contro, se così si può dire, il livello di difficoltà diminuisce, pur mantenendosi godibile e appassionante, in certi frangenti spassoso.
Ritornano la poesia, l'atmosfera onirica, le musiche tipicamente giapponesi e i siparietti comici; ritorna il fiorire della natura al passaggio della divinità del sole. Ritorna la voglia di ricominciare il predecessore, visto che ci da modo di ripassare le tecniche di combattimento e ci fa percorrere le stesse mappe (ci sono comunque anche scenari nuovi).


Entrambi i titoli sono di ottimo livello
Unica pecca (che potrebbe scoraggiare alcuni giocatori) è l'assenza della localizzazione italiana, pertanto dovremo accontentarci di leggere in inglese, e magari munirci di un buon vocabolario. Su Internet si trovano comunque le traduzioni di tutto lo script, se non altro per quanto riguarda "Ōkami".
Per finire, una precisazione.
Come accennato poco prima, la serie è prodotta da Capcom, ma in realtà il primo "Ōkami" nacque dai Clover Studio, una divisione Capcom celebre per la serie di videogiochi d'azione "Viewtiful Joe" ma che fu sciolta, sempre per decisione della Capcom, nel 2006 (il team si è poi riunito per formare lo studio di sviluppo Seeds, che nel 2007 si è fuso con un'altra società per formare la Platinum Games). L'ideatore del gioco, Hideki Kamiya dichiarò d'essersi ispirato alla serie di "The Legend of Zelda"; non a caso ho subito notato la vicinanza tra le due serie, e forse è anche per questo che "Ōkami" mi ha conquistata subito! Sono simili sia per genere, per profondità e atmosfera, sia perché la trama cela valori e insegnamenti, ma si può dire, viceversa, che anche Zelda abbia tratto ispirazione da "Ōkami", ad esempio in "TLOZ: Twilight Princess" abbiamo Link che si trasforma in un lupo, e nel recente "TLOZ: Skyward Sword" abbiamo una grafica che ricorda un dipinto ad acquerelli. Quando si dice arte... ne facessero di videogiochi come questi! "Ōkami" e "Ōkamiden" sono dei capolavori che non dovrebbero mancare nella vostra ludoteca.


Valentina Bellettini

sabato 7 aprile 2012

Poesia: Superpoteri

Rubrica che raggruppa tutte le notizie su di me e le mie opere; 
un viaggio sulla luna ("pianeta donna" per eccellenza) e ritorno! ;)

Oggi farò una cosa che non facevo da un po': parlerò di me.
In effetti è una cosa che mi passa per la testa da diverse settimane - praticamente da quando ho ricominciato la revisione del mio inedito - eppure oggi sorge con urgenza, contemporaneamente al sole delle prime ore del mattino.
Da quando ho lasciato il negozio e sono tornata a lavorare al mercato con papà mi sento più leggera, libera di pensare, libera di sognare. Libera di scrivere. Così, mentre mi vestivo e mettevo quel solito filo di trucco, mi è nato un pensiero che ho subito riportato su un post-it; è una delle poche volte che mi metto a scrivere "seriamente" (nel senso che non si tratta di appunti per un romanzo) alle 6:20!
E' un pensiero che ho strutturato come poesia, lavorando di fantasia.
Il mio regalo per una Buona e Felice Pasqua.


SUPERPOTERI
di Valentina Bellettini

Chiudermi in casa
e con la mente
aprire una nuova dimensione.

Davanti allo schermo
le dita zampettano
primi passi in un mondo alternativo.

Vedo paesaggi dal fascino raro
e altri cupi che nessuno visiterebbe mai.
Scopro nuove leggi da aggiungere a quelle della Natura.

Incontro persone,
mi affeziono.
Dall'altra parte gioco coi loro destini.

Torno nel mio corpo.
Sullo schermo parole che illuderanno altre menti,
scuoteranno anime fino a far nascere nuove emozioni.

Il mio viaggio risolleverà qualcuno.
Il mio messaggio d'amore lo toccherà.
Io, eroina che agisce nell'ombra.





Creative Commons License 
Questa opera di Valentina Bellettini è sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

venerdì 6 aprile 2012

Recensione "Esedion" di Claudia Tonin (Linee Infinite Edizioni)



Misteri e segreti nella "perfetta" Estreira


Alex e Sofia sono due ragazzi come tanti: estroverso lui, timida e impacciata lei.
Durante la pausa estiva dalla scuola i due cominciano a frequentarsi, ma il primo appuntamento non è all'altezza delle aspettative: Alex, dapprima interessato, diventa freddo e distante, mentre Sofia si strugge per l'accaduto. Il mutamento di Alex è dovuto all'improvvisa apparizione, nel cielo, di una strana e improbabile costellazione, la stessa che vede poi Sofia nel tragitto verso casa. I due s'interrogano su ciò che hanno visto e sul sogno che coinvolge entrambi quella stessa notte, inoltre Alex s'accorge d'avere il simbolo "tatuato" sulla pancia, per cui, tormentato, si adopera nelle ricerche su Internet, mentre Sofia, durante un'uscita nella vicina Venezia, ritrova casualmente il simbolo davanti al portone di una casa; solo quando i due s'incontrano per un nuovo appuntamento, scoprono d'essere entrambi coinvolti in un mistero che sconvolgerà per sempre le loro vite. Ad attenderli in quella casa a Venezia, infatti, ci sono Hennio e Adel, la donna che era apparsa loro in sogno, e altri sette tra uomini e donne, ragazzi e ragazze, che come spiega Adel hanno risposto al richiamo del simbolo, ovvero l'Onges, emblema dell'Isola di Estreira: i sette dovranno affrontare una serie di prove che decreterà un solo e unico prescelto, colui che è destinato a ricoprire il ruolo di Esedion, ambasciatore di Estreria sulla Terra. Come sarà rivelato al prescelto, infatti, il Regno di Estreira si trova in una dimensione parallela, pur facendo parte, un tempo, della Terra stessa. L'origine dell'Isola ha a che fare con i miti di Atlantide e il continente perduto di Mu, e tale deve restare (è compito dell'Esedion celare la realtà) perché Estreira è un'isola felice dove gli abitanti possiedono facoltà mentali e tecnologia avanzati.
Ma questi sono aspetti che in fondo non portano alla felicità, specie quando emergono sentimenti feriti, odio e rancore, perché Estreira nasconde un oscuro, tragico passato, che ruota intorno alle figure di Ryan e Myros.

E' incredibile come gli abitanti di Estreira, che possono leggere nella mente, s'impegnino a celare la verità ergendo le cosiddette "barriere mentali" specialmente se c'è un coinvolgimento emotivo diretto. Spesso è difficile dire la verità, ma per quanto dolorosa possa essere alla fine evita quel tipo di tormento come accade ai personaggi di questo romanzo, ognuno impegnato a nascondere le proprie ragioni e i propri veri sentimenti, ognuno che di conseguenza mette in dubbio la versione dell'altro, e ognuno che finisce che non sa più a chi credere. Il romanzo ci mostra come l'avanzato Regno di Estreira soffra della paradossale mancanza di comunicazione; avanzato cosa, se non parlano nemmeno! Come può progredire una società se non c'è dialogo, confronto, (e ci metto pure questa) scontro! Solo le guerre sono scontri che non danno frutti.
La cosa più bella di questo romanzo è che effettivamente ogni personaggio ha le sue buone ragioni: dopo aver compreso la verità dei fatti, come dar torto al Re? Ma come, viceversa, darlo a Ryan, e ai suoi giovani sogni di libertà assieme all'amico Myros? Ognuno di loro (e non solo) ha commesso errori, consapevolmente o meno, ma al tempo stesso non li si può condannare né giustificare del tutto. Certamente, visti i risvolti finali, Ryan è il personaggio in cui, più di tutti, l'ago della bilancia punterebbe sul negativo, eppure c'è qualcosa in lui, forse il sincero dolore per Myros oppure la carezza ad Amnar, che m'intenerisce e mi spinge a credere che ci sia ancora una speranza per il suo animo tormentato, perché in fondo lui è quello che più di tutti è rimasto solo, isolato nella sua sofferenza e senza l'appoggio di nessuno; probabilmente sarebbe difficile farlo ragionare vista la situazione estrema che si è creata, ma perché non provarci? Perché nessuno è capace di parlargli, e viceversa, ascoltarlo? Ecco, se non si era capito Ryan è un dei miei personaggi preferiti. Se affermo questo, è perché la mancanza di una netta distinzione tra "buoni" e "cattivi" dona profondità ai personaggi; ho apprezzato questa caratteristica anche perché crea un intreccio intrigante.

Di contro, però, i tanti personaggi coinvolti nella vicenda fanno sì che qualche dettaglio si perda per strada. Ad esempio mi è sembrato troppo veloce il modo in cui vengono scartati i ragazzi durante la prova per trovare l'Esedion (tuttavia mi ha sorpreso, pensavo fosse Sofia visto che il libro comincia narrando dal suo punto di vista e prosegue in tal senso fino al terzo capitolo), oppure il fatto che in certe occasioni i due protagonisti si comportano alla leggera, nel senso che fanno dell'umorismo o agiscono in modo bizzarro proprio nei momenti meno opportuni (va beh che son giovani, però...), oppure ancora, l'assoluta sicurezza che ha Sofia nel compiere la sua scelta (contrariamente all'indeciso Alex - s'invertono i ruoli -) perché non ha  dubbi, né rimpianti, né dispiaceri, né il benché minimo tentennamento mentre prende una decisione che è drastica, e oltretutto non fa una piega quando i nuovi doveri sotto-intendono che, diciamo, non potrà più passare oltre, mentre gli accordi iniziali erano diversi, almeno un'ultima volta dovrebbe esserci stata...
La cosa che più mi è stata difficile comprendere è comunque il rapporto tra Alex e Sofia: non mi ha coinvolto. Non ho percepito l'amore tra i due perché limitato a qualche parola e a una misera espressione d'affetto. Il loro avvicinamento, a inizio libro, si svolge in tempi talmente brevi che non danno modo di assimilare ciò che c'è fra i due, e le poche informazioni non sono sufficienti a creare il background del loro rapporto. Piuttosto, ho trovato più interessante l'avvicinamento di Erik a Sofia: sarebbe stato appassionante se i sentimenti della ragazza avessero vacillato fino a protendere verso il principe, visto il tanto tempo passato insieme, le confidenze, gli sguardi, le frasi mirate, i gesti romantici... insomma, c'è tutto quello che manca nel rapporto con Alex!

La lettura del romanzo è piacevole e scorrevole, le pagine "volano" una dietro l'altra senza annoiare mai a parte un po' di fastidiose ripetizioni dei concetti quando li apprende prima Alex, poi Sofia, o viceversa. Il libro è un buon mix di fantasy e fantascienza che affonda le basi nella mitologia, cosa che avrei trovato originale se non fosse che proprio poco tempo fa ho visto l'anime "Moby Dick 5", basato sull'impero di Atlantide e quello di Mu, che tratta di dimensioni parallele, tecnologie avanzate e poteri mentali!
Il finale scivola via in fretta ma da l'idea che ci sia un seguito, anzi, pone un dubbio che spinge ad aspettarlo con ansia. Forse l'autrice ha volutamente lasciato in sospeso alcuni dettagli, e chissà che non ci siano altre verità. Ho un sospetto...


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