giovedì 21 ottobre 2010

Recensione "Il mendicante di sogni" di Miriam Mastrovito

Recensione "Il mendicante di sogni" di Miriam Mastrovito (La penna blu edizioni)






Dimmi il tuo sogno e ti dirò come... sarai


La carta vincente di questo romanzo è in primis la trama, che brilla per originalità e fantasia: nel mondo di Chissà Dove (e già questo nome mi fa impazzire) la fatina Maya custodisce i sogni degli umani, finché, un giorno, il terribile Nergal provoca uno strappo interdimensionale capace di cancellare tutti i sogni, non solo quelli che si erano accumulati nel corso degli anni ma anche quelli futuri, visto che priverà gli uomini, e per sempre, del loro innato impulso a sognare; durante l'affronto, inoltre, Nergal strappa le ali alla bella fata rendendola in fin di vita.
Il destino di Chissà Dove, ma anche dell'umanità stessa, dipendono da un bambino uscito da poco dal coma, Daniel, e dal protagonista Joshua, che assumerà il ruolo di "mendicante di sogni": come un barbone, Joshua avvicinerà quelle persone che non hanno nulla da perdere, e quelle per cui la vita non ha più nulla da offrire... in cambio di un sogno capace di aprire le porte dimensionali e quindi di raggiungere Maya, permetterà loro di viverli davvero, quei sogni, nel mondo di Chissà Dove.

Come si può intuire, c'è un'atmosfera così romantica che era da tanto che non la sentivo. Romanticismo, romanticismo e romanticismo: ho adorato questa caratteristica, quindi la voglio rimarcare! Non è solo il tema del sogno, ma anche il modo in cui viene sviluppata la vicenda; questa figura di Joshua che dipinge sull'asfalto ascoltando i desideri/sogni altrui è fantastica, incuriosisce e sensibilizza, specie perché i personaggi ch'egli incontra, sono vittime di eventi riscontrabili anche nella nostra realtà, il che contribuisce al coinvolgimento emotivo da parte del lettore. Anche questa cosa era un po' che non mi capitava: commuovermi.

Ho apprezzato, sia la scelta d'introdurli, sia la sensibilità con la quale argomenti come l'olocausto, la malformazione genetica, l'aborto e la dipendenza (in ordine di preferenza) sono stati trattati; solo la vicenda del chitarrista è un po' più leggera, ma è l'unica che rappresenta il sogno per antonomasia, nel senso che è proprio il tipo di sogno che può avere un ragazzo della sua età (e non solo).

All'inizio della storia, però, sono rimasta un po' spaesata... tuttora c'è una domanda che mi perseguita: Joshua conosceva già la fatina Maya? Non sono riuscita a capirlo. Verrà forse svelato in un ipotetico seguito? In effetti non mi sembra così lontana l'ipotesi visto che, pur avendo un finale perfetto e toccante, le vicende degli altri personaggi potrebbero continuare... del resto, è come se avessero scelto di vivere un sogno piuttosto che vivere la dura realtà: può essere vista come pura illusione e in tal caso, quanto durerà? La bambina malformata non avrà il rimorso nell'aver lasciato la madre? E il piccolo Daniel? Faccio dunque il mio appello all'autrice!

Questa scelta, però, lascia emergere un'interessante filosofia, su cui, del resto, sono d'accordo: per raggiungere la propria felicità si deve pensare un po' meno agli altri. Sembra egoista e forse lo è davvero, ma la vera felicità la si ottiene solo se si persegue i propri obiettivi prima dei bisogni altrui, che non è che significhi mettere dei muri dinanzi agli altri (che drastico), ma è palese che per avverare i propri sogni spesso occorra rinunciare a qualcosa, a volte anche a qualcosa di sé. Ma meglio "qualcosa" che tutto, no? Basti pensare al caso della nonna di Daniel: ha vissuto una vita ascoltando i bisogni degli altri, mettendo a parte se stessa; certo, la vediamo serena e allegra. Ma la sua vera felicità era un'altra...

Questo romanzo è proprio un real fantasy, non c'è che dire: sono ben bilanciate le parti reali con quelle immaginarie e non stonano affatto, sono perfette.

In conclusione posso affermare che questo libro l'ho vissuto e sentito molto.
E' stata una bellissima e magica esperienza.
Grazie, Miriam!

lunedì 18 ottobre 2010

Recensione Fantasy: "Il Drago di Ghiaccio" di George R.R. Martin (Mondadori)



Titolo: Il Drago di Ghiaccio
Autore: George R.R. Martin
Editore: Mondadori
Collana: Oscar Mondadori
Genere: Fantasy
Data di uscita: 27 Ottobre 2015
Pagine: 116
Formato: cartaceo ed ebook
ISBN: 978-8804657767
Prezzo: € 12,75 cartaceo / € 8,99 ebook
Link per l'acquisto: amazon


Sinossi:
Adara non ricordava quando aveva visto per la prima volta il drago di ghiaccio, sembrava avesse sempre fatto parte della sua vita. A quattro anni lo aveva visto da vicino, a cinque era salita per la prima volta sul suo possente dorso gelato. Era una bambina dell'inverno, nata durante la peggiore gelata che chiunque potesse ricordare e del drago non aveva paura.

In una quieta mattina estiva, i draghi che sputano fuoco, montati da cavalieri senza scrupoli, scendono in picchiata sulla fattoria dove Adara vive, dando sfogo alla loro furia sterminatrice. Solo una bambina dell'inverno, aiutata da un drago di ghiaccio, può salvare il mondo dalla distruzione.

«Il drago di ghiaccio la guardò per dieci lunghi battiti del cuore, prima di ripartire. L'aria scricchiolò attorno a lei e attraverso di lei quando batté le ali per librarsi in volo, ma Adara provò una strana felicità.»



Una favola da interpretare


*** Attenzione: di seguito anticipazioni sulla trama (SPOILER) ***


Io amo i draghi, e per chi mi conosce, il concetto è ormai chiaro.
Avrei voluto scrivere di questo bellissimo drago di ghiaccio se non fosse che egli non è propriamente il protagonista, ma il pretesto.

"Il drago di ghiaccio" è infatti la storia di Adara, una bambina nata nell'inverno più freddo, e che a seguito della sua stessa nascita ha perso la madre. Adara ha due fratelli (maschio e femmina) e un padre, ma è sola, questo perché mette una distanza tra sé e gli altri.
E' distaccata, chiusa. Non piange né sorride: è fredda. Fredda come le spire del drago menzionato nel titolo, l'unico drago delle terre del nord in un paese sorvolato dai draghi dei cavalieri del re e dagli spietati draghi di fuoco del nemico.

La bambina dell'inverno si sente a suo agio solo con chi le somiglia, ossia il drago di ghiaccio: lei non lo teme, e d'altra parte lui l'accoglie sul suo dorso come se fosse lì per lei, come se per tutto quel tempo l'avesse aspettata. Il rapporto tra i due è fatto di silenzi, di semplici gesti, non tanto d'affetto, e perciò non spingono a chiederci quale legame ci sia tra loro, è piuttosto un dato di fatto: è nella loro natura stare insieme e comprendersi. Si appartengono come due esseri nati dal freddo, come figli nati della stessa madre.

Ma Adara è un'umana, e una madre l'aveva; credo che sia proprio questa la chiave del libro.
Un dolore inespresso, una sofferenza celata sotto sguardi e gesti impassibili; l'affetto che le è stato tolto prima che potesse conoscerlo, e l'impossibilità di lasciarsi cullare dall'amore incondizionato di una madre.
In aggiunta, l'evento che solo a lettura ultimata acquista il vero senso (ed è nel primo capitolo, guarda caso): a soli quattro anni, Adara origlia la conversazione tra il padre e lo zio. Zio Hal dice: "non puoi renderla responsabile di quanto è successo" e il padre risponde: "tu dici? Forse hai ragione ma è difficile. [...] ogni volta che la tocco mi vengono i brividi, e ricordo che è per lei che Beth è dovuta morire". Nonostante la abbracci, quella frase ha avuto il suo peso nella vita della bambina, perché udendola Adara si è sentita, come lecito pensare, la causa della morte della madre.
E allora ogni anno Adara aspetta l'inverno con ansia, in attesa del suo drago di ghiaccio, sognando un giorno di volare via con lui, lontana da casa, lontana da tutti. Quando l'occasione arriva - ed è un'occasione dipesa dalle sorti della guerra - Adara fugge in groppa al drago, e mentre la fattoria di famiglia viene presa d'assalto e la foresta bruciata dall'alito infuocato dei draghi nemici, Adara va via senza remore finché non sente il grido del padre, un grido capace di lasciarle sgorgare la prima acrima. Una CALDA lacrima. Il primo vero sentimento: la paura di perdere il padre, lo stesso padre cui non donava un briciolo d'affetto, ma che è diventato improvvisamente importante dal momento in cui si è aperto il rischio di non vederlo mai più.
Sentimenti sepolti sotto uno spesso strato di ghiaccio, è questo il senso del libro. E da qui, la magia.

La magia, la favola, l'amore.
Perché l'amore esiste, anche nel cuore gelato di una bambina disillusa.
Sono i sentimenti a muovere tutto ed è proprio il drago di ghiaccio il primo a svelarli: si sacrifica per Adara, per adempiere alle sue sottointese richieste, al suo disperato e innato bisogno, quello d'essere amata dalla sua famiglia, quello di salvare il padre.
Il titolo dell'ultimo capitolo, "Primavera", e l'immagine del drago di ghiaccio che sciogliendosi da vita a un laghetto d'acqua fredda, segnano che contemporaneamente si è scaldato anche il cuore della bambina, ora capace di vivere e mostrare le proprie emozioni.
Che meraviglia.

In questo racconto non ci sono solo immagini stimolate dalla lettura, ma anche visive: si tratta infatti di un libro illustrato. Le immagini sono fatte davvero bene, rendono l'idea del movimento e sono "vive" anche nelle espressioni dei protagonisti. I draghi sono splendidi, soprattutto (e mi sembra logico) il drago di ghiaccio; avevo proprio bisogno di una scorpacciata d'immagini di queste leggendarie creature.

In conclusione, un libro apparentemente semplice ma che interpretato, garantisce atmosfera, dolcezza, e un pizzico di romantica nostalgia.



Il Voto di Universi Incantati:



Cosa ne pensate, carissimi?
Conoscevate questo libro? Lo avete letto anche voi?
Fatemi sapere nei commenti!



giovedì 14 ottobre 2010

Recensione "The legend of Zelda - Four Swords +" delle Akira Himekawa

Recensione "The legend of Zelda - Four Swords +" delle Akira Himekawa (ediz. J-pop)




 Le tante facce di Link


(Recensione complessiva dei due volumi)

"The Legend of Zelda: four swords" è uno dei pochissimi titoli di Zelda che ho tralasciato preferendo altre avventure videoludiche; ebbene, una volta finito di leggere questo manga sono andata ad accendermi il caro vecchio gamecube... buon segno.

Questa volta non potrò fare un confronto diretto tra l'originale e la trasposizione cartacea, comunque, le leggende di Zelda si basano su caratteristiche comuni che da fanatica sono impresse in maniera indelebile nella mia memoria (e nel cuore! Dai Vale, trattieniti) pertanto cominciamo con l'elencare le cose che, da fanatica (casomai non si fosse ancora capito) mi hanno fatto storcere il naso: Link ha un padre, un cavaliere al servizio della corona. Che noia. Oltre al fatto che sa di già visto, le scene e il rapporto tra i due mi han lasciato indifferente; non c'è profondità, non c'è caratterizzazione per questo padre, anonimo anche per come è disegnato, troppo "belloccio", troppa parvenza di perfezione... insomma, bocciato.
Stesso risultato per la premessa della morale nella storia, ossia il "lavorare insieme/l'unione fa la forza/tutti per uno uno per tutti", ecco, troppo sfruttata, scontata, ed è soprattutto il fatto che lo si debba premettere che mi ha infastidito: sarebbe stato molto più godibile se la morale l'avessero lasciata sottointesa, si capiva comunque... anche se è un po' contraddittorio il fatto che Link impari il lavoro di squadra stando con altri tre-se stesso! Forse si sarebbe potuto fare un esame interiore piuttosto che rimarcare il termine squadra...

Tuttavia, i difetti che ho riscontrato finiscono qui.
Sia chiaro, si poteva fare di più in quanto ai combattimenti (sempre troppo brevi e semplificati rispetto all'esperienza di gioco) e agli enigmi (non ci sono proprio! E la loro presenza è un'altra delle caratteristiche di Zelda), ma davvero possiamo passarci sopra.

Questo perché la storia dei quattro Link è bellissima.
E' coinvolgente, spiritosa, godibile. Nonostante qualche scivolata nello scontato (il Link "traditore" del gruppo) mi sento di dire che sia stata studiata bene, perché si è tenuto conto di alcune cosette non da poco.
Ora mi spiego meglio. Questa è una delle poche avventure di Zelda dove si gioca in multiplayer. Ora, immaginatevi quattro giocatori davanti a uno schermo: uno guida Link Verde, un altro Link Rosso, un altro ancora il Link Blu, e infine un quarto che usa il Link Viola. E' evidente che ogni persona che muove il proprio personaggio ha un carattere a sé, indipendentemente dagli altri... e proprio questo succede nel manga! Abbiamo il coraggioso-bilanciato Link Verde, il puccioso-teneroso Link Rosso, lo scontroso-audace Link Blu e l'intelligente-superbo Link Viola.
Le differenze finiscono con il creare incontri e scontri, soprattutto, siparietti comici quando c'è di mezzo Link Rosso (non posso resistere alla sua pucciosità! Ma il Link Verde, l'eroe dal cuore puro, è sempre il mio preferito...)
L'idea geniale di Miyamoto (il creatore di Zelda) che vede l'eroe in verde estrarre la Quadrispada e di conseguenza dividersi in quattro, si sposa perfettamente con gli sviluppi che han dato le Akira Himekawa perché quelle che vediamo, sono le quattro facce dello stesso Link, tutti i lati del suo carattere, enfatizzate e allo stremo, perché la via di mezzo è il Link da cui derivano (quello verde appunto).

E vogliamo dimenticarci il Dark Link/Link Ombra? Il lato oscuro di Link è emerso anche in altre avventure ed è sempre intrigante trattare di qualcuno che combatte contro se stesso... in questo caso, però, il Link ombra è, più che il lato oscuro, l'effettiva ombra di Link, stanca d'essere soltanto l'ombra che nessuno conosce e acclama, invisibile rispetto all'eroe.
Anche la parte che riguarda Link Ombra mi ha quindi soddisfatta.

Vaati e Ganon rimangono personaggi di contorno, purtroppo, ma è per forza di cose che l'avventura si spinge a narrare altro quindi non ne faccio una colpa.
Anche la Principessa Zelda, pur se fa sempre e solo delle apparizioni sporadiche, è una presenza percepibile ad ogni pagina (questa è la magia di The Legend of Zelda!).

Carino il finale, ma spassosissima la parodia dello stesso finale contenuta negli extra.
Negli extra c'è poi la storiella dei quattro Link al luna park che mi ha proprio esaltato: che cura nei dettagli dell'esperienza di gioco, bravissime Himekawa! Un'idea da vere appassionate!

In conclusione, anche questa volta ho apprezzato le Akira Himekawa: il loro lavoro sembra essere un regalo da fan, ai fan, e non posso che appoggiarle. Si potrebbe fare a meno di loro? Be', ora che le ho conosciute e dato che sono appassionata di Zelda, credo proprio di no.
E questo è un ottimo risultato.

mercoledì 13 ottobre 2010

Una corsa ad ostacoli... verso altri traguardi!

Rubrica che raggruppa tutte le notizie su di me e le mie opere; 
un viaggio sulla luna ("pianeta donna" per eccellenza) e ritorno! ;)

Post del 13 Ottobre 2010

Primo post nel nuovo blog! :D
Mi ci è voluto un po' a trasferire tutto ciò che avevo, qui su blogger, comunque era da tempo che pensavo di "emigrare" dallo spaces di windows live ed ero titubante perché significava ricominciare, pubblicizzarsi ancora, comunicare la nuova sede... insomma, trasferirsi. Mi sono decisa per forza di cose quando ho scoperto che la piattaforma di windows live chiuderà a marzo, quindi ora, eccomi qua! E sono felice di questa nuova veste, col tenerissimo piccolo principe nella home page e uno sfondo stellato, perfetto per il mio "Universi Incantati"...

Ho tante novità che non so da dove cominciare... be', proverò a ricordarmene facendo appello all'ordine cronologico ;)

Ad agosto ho inviato il dattiloscritto de "Eleinda - una leggenda scritta nel destino" alla Casa Editrice I Sognatori, di Lecce; non sono solita fare nomi e cognomi, ma in questo caso mi sento in dovere... se solo li avessi scoperti prima! Ebbene, la casa editrice valuta in base a tre diverse modalità, una delle quali prevede la risposta in soli 25 giorni, previo acquisto di un cofanetto con 3/4 libri da loro pubblicati al costo di 39,90€, ma soprattutto, si riceve una scheda di valutazione! :D
Chi mi conosce sa quanto io sia avida di opinioni (ciò che muove tutto è il confronto!) quindi quando puntualissimi mi hanno risposto rifiutando il mio romanzo, mi è scesa la lacrimuccia, non per la delusione, ma per la gioia! Mi spiego meglio: mi son sentita come "liberata" perché finalmente ho saputo qualcosa! E' solo sapendo cosa va e cosa non va che acquisto consapevolezza e possibilità di miglioramento! Era diventato frustrante non ricevere risposte o rifiuti perché "non compatibile con la nostra linea editoriale"; posso capire che le Case ricevano talmente tanti scritti da non riuscire a rispondere a ognuno, però se si spendesse qualche parolina in più... e va bene, non posso pretendere, lo so. E' colpa del "sistema", di come vanno le cose; mettiamola pure così. Ma per fortuna ci sono ancora persone disponibili, che in base a uno scambio che reputo equo hanno stilato ben due pagine di fogli A4 con suggerimenti, indicazioni... dei piccoli input che mi hanno dato motivazione, stimolo... soprattutto, una direzione.
Ecco, avevo bisogno proprio di questo.
Ho seguito gli appunti alla lettera (tranne due punti su cui non ero d'accordo) e la cosa più bella è stata che non ho avuto di che pensarci: mentre leggevo di alcuni tasselli mancanti, la risposta era già in qualche scena nella mia testa: perché non avevo dato più spazio all'antagonista quando io stessa sapevo di doverglielo dare? Ci voleva qualcuno che mi scrivesse: "risulta un personaggio magistrale, peccato"!? E perché ho esitato ad aggiungere altri elementi fantascientifici e sono sprofondata troppo da una parte (fantasy) quando in realtà volevo trattare congiuntamente i due generi? Ci voleva qualcuno che mi dicesse: "la clonazione torna in deciso ritardo, presentandosi come un elemento acessorio, contrariamente alle aspettative"!
Morale della favola, sottoscrivo, quoto, riconosco, tutto quello che hanno scritto nella valutazione. Accidenti, hanno ragione, è vero! O meglio, ERA vero...


Per tutto il mese di settembre ho provveduto a revisionare "Eleinda 1" dall'inizio alla fine. Ho aggiunto diverse scene con molto entusiasmo, scene di fantascienza; ho dato più visibilità all'antagonista (dottor Brandi ;)) e ho aggiunto un sistema diverso per identificare i suoi sgherri (sapevo che parlando del dottor Brandi avrei automaticamente riportato a galla la fantascienza, quindi due piccioni con una fava!); ho studiato un nuovo linguaggio per le frasi che secondo loro risultavano "abusate"; ho perfezionato le scene che facevano "storcere il naso" e ho reso più credibili certi passaggi, giustificandoli con più realismo. Punto dopo punto, ho aggiunto un po' di sale al mio minestrone, e anche un po' di pepe. Nonostante si siano aggiunte 33 cartelle (O_O) il risultato non è una minestra allungata, ma una zuppa più saporita. O almeno spero, aspetto la prossima valutazione! ;)
C'è poi da dire che nella scheda di valutazione c'era scritto così (testuale):

“Eleinda”, sul piano strettamente formale, non mostra particolari punti deboli. L’assenza di sviste congiunte alla delicata sfera sintattico-grammaticale fa sì che l’opera si presenti in maniera professionale. Buone le descrizioni, i dialoghi appaiono funzionali alla storia narrata e la ritmica narrativa difficilmente scende sotto la soglia ideale. Discreto l’approfondimento psicologico..."

A livello di scrittura non c'era molto da intervenire, il più era la narrazione, quindi 33 cartelle sono ampiamente giustificate! :P



Passiamo ad altro.
Qualche giorno dopo la rilettura del dattiloscritto, ho partecipato a un piccolo concorso sul sito della Casa Editrice Asengard; per inaugurare la nuova collana azione/thriller/avventura avevano bisogno di un nome con cui identificarla. Col cervellino un po' in sovraccarico (nel contempo alla revisione ho continuato i preparativi del matrimonio e ho comprato il vestito da sposa! :D) mi veniva in mente un nome solo: "Runaway"
Lasciai scritto questa motivazione: "E’ una parola che potrebbe includere tutti e tre i generi trattati: “run” mi da l’idea di un romanzo d’azione e potrebbe addattarsi anche al thriller (una corsa contro il tempo prima di catturare – o venir catturati – dall’assassino ^_^), mentre “away” mi sa d’avventura, come pure d’evasione… quindi sì, propongo “Runaway”!"
Qualche giorno dopo vedo questa notizia su facebook e nel loro blog:  http://www.asengard.it/blog/?p=554
Il mio piccolo "Runaway" è tra le tre proposte accettate! :D Ora, non si sa se sarà il nome definitivo perché tra queste tre idee nostre, anche Asengard ne aveva delle proprie... intanto però ho vinto un libro (e la gloria!) Caspita, non me lo aspettavo, c'erano 34 commenti con non so quante proposte... questa piccola cosa mi ha reso felice per diversi giorni ^_^


Le ultimissime.
Qualche giorno fa ho ricevuto l'e-mail da Lucca - sezione formazione (perché mi sono iscritta al Content Factory, lo spiego meglio dopo) dove si informava che durante il Lucca Comics & Games ci saranno dei seminari di scrittura (ma anche videogiochi, fumetti...) a numero chiuso.
Il seminario che m'interessava era quello a proposito del fantasy...
"caspita, ma è tenuto da Terry Brooks in persona!", ho pensato, con gli occhi sgranati e la bocca a O.
Subito dopo ho pensato che dovevo provarci, anche se probabilmente ci sarebbe stata una marea di gente, poi selezionano tramite curriculum letterario, e col pensiero che dovrò abbandonare il fidanzato per un paio d'ore nel caso mi prendessero, ma so che lui capirà... insomma, ho mandato la richiesta, tanto si fa per... come quella volta che mandai la richiesta al Laboratorio di Scrittura Creativa Mondadori, gratuito come in questo caso.
E come quella volta sono stata presa! :D
Che emozione sarà, incontrare Terry Brooks? :D Che bello sarà, sentirlo parlare del mio genere preferito e magari imparare qualche trucchetto da usare subito visto che tratterà la costruzione delle saghe? :D Mi sembra un sogno...


E infine, la notizia di oggi.
Sono ancora sulle nuvole...
Stamani, un'altra e-mail del Lucca Comics & Games, mi ha comunicato che sono stata ammessa al Content Factory! :D
Giusto, non l'ho ancora spiegato: si tratta di un colloquio dove dovrò spiegare agli editori di Atlantyca (noti per i libri di Geronimo Stilton e non solo) che la mia creaturina vale qualcosa, che insomma, devono scommettere su di me (non è presunzione, nel sito c'è scritto proprio così, che dovremo convincerli). Poi ovviamente anche il testo ha la sua importanza visto che mi dovrò portare il dattilo... intanto hanno letto sinossi, lettera di presentazione e 3 capitoli. Se non ricordo male ascolteranno cinque persone al giorno per tutti i giorni della fiera, quindi siamo pochi. E l'agitazione sale...


Concludendo, per il Lucca Comics & Games quest'anno mi sono organizzata con largo anticipo: che fortuna! Ho prenotato l'hotel a maggio, poi a luglio mi sono iscritta al Content Factory; sapevo che c'era stato l'anno scorso ma ero arrivata troppo tardi... non si commettono gli stessi errori due volte! :) In più, mia nonna e mia zia mi hanno confezionato il cosplay da Rei Ayanami di Neon Genesis Evangelion... ma visti questi impegni, per almeno due giornate dovrò indossare abiti casual XD
Mi sto organizzando le giornate, in una di queste incontrerò anche una mia cara amica "nonpiùsolovirtuale", e già questo mi rendeva immensamente felice; con tutte queste altre novità... strariperò! :D

Quasi dimenticavo: nel frattempo, un altra tappa della corsa (dal titolo del blog ;)), è l'esercizio sull'incipit nel forum Gliautori.it. Ho inventato qualcosina e lo si può leggere qui: http://www.gliautori.it/forum/viewtopic.php?f=23&t=514&start=10

venerdì 8 ottobre 2010

Articoli per TrueFantasy





Oltre ad alcune recensioni presenti in questo blog, ho pubblicato una serie di articoli.


Articoli vari:

- La saga di Maximum Ride
- I Librigame
Reportage sul Lucca Comics & Games 2010
- Reportage sul Salone Internazionale del Libro Torino 2011
- Lucca Comics & Games 2011


Articoli per la rubrica "Jappo W!" (Japan World)




- Articolo sull'iniziativa "Autori per il Giappone" 
- Videogiochi: Super Mario  
- Videogiochi: The Legend of Zelda
- Videogiochi: Final Fantasy
- Videogiochi: Castelvania
- Videogiochi: Kirby
- Videogiochi: Metroid
- Videogiochi: Dragon Quest
- Videogiochi: Sonic
- Speciale: Death Note



Fantasy Mitologico: Profumo d'incenso di Valentina Bellettini


"Profumo d'incenso"



Titolo: Profumo d'Incenso: Il Tempo di Iside
Autrice: Valentina Bellettini
Editore: Self-Publishing
Genere: Fantasy Mitologico, Travel Time, Romance, Young Adult, Romanzo di Formazione, Spiritualiltà
Data di uscita: 27.09.2023
Pagine: 214
ISBN: 9798850886363
Formato: cartaceo ed ebook
Prezzo: /
Link per l'acquisto: /


Chi sono io: Marta o la dea Iside?


Quarta di copertina:
Marta Franchini non sa cosa fare da grande.
Società, famiglia e studi pretendendo che a tredici anni si sappia scegliere l'indirizzo superiore che porterà alla formazione professionale; lei vaga ancora nelle fantasticherie, nella meraviglia delle piccole cose e nei sogni, finché, uno di questi, diventa una realtà parallela: dal momento in cui la sorella è partita in vacanza per l'Egitto, Marta si trasferisce nell'Antico Egitto nei panni della dea Iside dove, assieme all'aspetto e alla lingua, le riaffiorano i ricordi e l'amore per il marito, il dio Osiride.
Ma Osiride è morto, assassinato dal fratello Seth.
Iside deve salvare lo spirito del marito al quale è stato promesso di regnare l'Oltretomba, mentre il trono d'Egitto è usurpato da Seth e le terre chiedono vendetta e liberazione.
La missione di Iside avanza in ogni sogno mentre la quotidianità di Marta subisce il fascino del mondo antico e delle emozioni scatenate dai legami con le divinità: qual è la vera realtà? Chi è lei veramente, Marta o Iside?


Il libro d'esordio di Valentina Bellettini nel 2007, entrato nel programma di una scuola media, rinasce oggi revisionato, integrato e ampliato per un viaggio ancor più profondo nell'interiorità attraverso il mito.




​​​​​*** Recensioni ***
"Una “figata” sarebbe il termine ideale, di adolescenziale reminiscenza, per definire il romanzo d’esordio di Valentina Bellettini, oppure in maniera meno colorita e aggressiva, posso dire che è un piccolo capolavoro di inventiva e fantasia."
Cinzia Baldini, scrittrice

"Rivolto soprattutto ai ragazzi, ma assolutamente necessario agli adulti che crescendo hanno dimenticato che nella vita serve sempre credere ad...A KIND OF MAGIC, per dirla come farebbero i mitici Queen. Un legame tra passato, presente e futuro sottile e impalpabile; trame invisibili e misteriose. Ma c'è più di un semplice sogno o di una fervida fantasia...”
Annalisa Marino, scrittrice

"L'autrice ci porta tra gli dèi, con gli dèi, e fa in modo che gli stessi non siano separati in una casta superiore ma risultano incastrati in noi, nel nostro animo, un modo diverso per dire che gli dèi siamo proprio noi."
Barbara Risoli, scrittrice

"Le problematiche dell’adolescenza si intrecciano con il fascino della mitologia dando vita a una favola senza tempo. L’antica storia d’amore tra la dea Iside e il dio Osiride rivive così, attraverso gli occhi di una ragazza dei giorni nostri, arricchendosi di nuovo fascino. Un fantasy perfetto per i più giovani perché affronta con assoluto realismo il loro universo dando voce e forma ai loro problemi quotidiani ma anche perché riesce ad evidenziare il lato giocoso dello studio. Tuttavia, ne consiglierei la lettura soprattutto agli adulti perché non dimentichino “che i ragazzini a volte hanno bisogno di sentirsi dire che la magia esiste davvero”, la si può trovare in se stessi, nell’emozione che si prova scoprendo una nuova passione, nel profumo che sanno sprigionare le pagine di un buon libro come questo."
Miriam Mastrovito, scrittrice


*** L'autrice ***
Valentina Bellettini è in eterno bilico tra mondi fantastici e quella che viene comunemente chiamata realtà; tra sogno e raziocinio.
Dopo otto anni di pubblicazioni con case editrici ha deciso di passare al self-publishing.
Lavora nei mercati in piazza dove cattura temi sociali e di attualità; attenta ascoltatrice, spesso intreccia legami empatici con i suoi animali. Ha scritto la serie "Eleinda" e le raccolte di poesie spirituali “Riflessi di un'Anima Incarnata”.




Per saperne di più (sulla vecchia edizione):
- Book trailer
- Presentazione
- Capitolo 5
- Curiosità
- Web radio 266.fm (trasmissione "Il battello ebbro")
- Presentazione al San Giorgio di Mantova Fantasy 2012






Recensione "Vish Puri e il caso della domestica scomparsa" di Tarquin Hall

Recensione "Vish Puri e il caso della domestica scomparsa" di Tarquin Hall (ediz. Mondadori)





Misteri ed ironia

"Vish Puri e il caso della domestica scomparsa" è un giallo insolitamente ironico che riesce a strappare qualche risata pur conservando un'atmosfera misteriosa ed intrigante.
Già dalle prime righe s'intuisce una certa comicità (la "investigatori privatissimi") così pure osservando la descrizione del protagonista e dei suoi amici/colleghi, basti pensare che ognuno ha un soprannome (Puri compreso) cosa che oltre a rendere il tono piacevole e gioviale, aiuta a ricordarsi meglio i soggetti; trattandosi d'indiani, infatti, i nomi propri potrebbero rivelarsi un po' ostici per chi non mastica la lingua.
A proposito di lingua, il testo, specie durante i dialoghi, contiene espressioni e suffissi in indiano, cosa interessante e che contribuisce a sentirsi catapultati nella realtà del luogo.

Vish Puri, infatti, non è solo una storia giallo-ironica fine a se stessa, gran parte del romanzo ha il compito di raccontarci dell'India: passato e attualità, povertà e ricchezza, cristiani e induisti, ci descrive persino i piatti tipici, tutto ciò condito da abili cambi di scena, in un continuo passaggio da un caso all'altro, perché qui non si tratta solo di una domestica scomparsa, ci sono altre missioni per il nostro investigatore...

Vish Puri, un eroe cicciotto, di mezza età, che sfoggia elogi a se stesso ed ha paura di volare, è così "difettosamente umano" che è impossibile non prenderlo in simpatia.
I personaggi funzionano alla perfezione, tanto sono minuziosamente caratterizzati: la moglie "Rumpi", la "Mammina", l'infiltrata "Crema da viso", l'autista "Freno a mano", il collaboratore "Luce al neon", e non solo, anche la clientela di Puri ed i personaggi coinvolti nei casi.
Altra cosa importante, l'autore riesce a lasciare in dubbio fino alla fine: chi è il colpevole?
Lo scopriremo solo leggendo.

Recensione "Video girl Ai" di Masakazu Katsura

Recensione "Video girl Ai" di Masakazu Katsura (Star Comics)


La mia personale collezione *_*

La parola alle immagini
(Recensione complessiva di tutti i 13 volumi)

Sono del parere che ci sono manga, fumetti e videogiochi, che non hanno niente di meno rispetto ad un buon romanzo; quel che conta sono le storie, i messaggi che trasmettono, le riflessioni che generano nella nostra mente.
"Video Girl Ai" è uno di questi.

La trama può sembrare banale: Yota, detto anche "senzadonne", timido ed imbranato, è cotto di Moemi, bellissima e irraggiungibile, infatti non se lo fila proprio, anzi a lei piace il migliore amico di lui.
Ecco, l'intero rischio di banalità cade sconfitto dal momento in cui arriva Ai, una "video girl" uscita dallo schermo (e dal video) a causa di un mal funzionamento del videoregistratore di Yota. E' compito delle video girl, consolare cuori infranti, essere accondiscendenti con il proprio "padrone" (noleggiatore del video) ed esaudire ogni desiderio e richiesta, ma Ai è difettosa: è mascolina, ma soprattutto, un uragano di emozioni, e ben presto s'innamora di Yota.

Sarebbe lunghissimo descrivere tutte le situazioni che si creano, gli intrecci tra i personaggi, la realtà e la fantasia, le vampate di comicità e la drammaticità dovuta all'età difficile dell'adolescenza, le incomprensioni, i segreti, le parole non dette, i traumi, i rapporti complicati dell'amicizia vera e dell'amore... groviglio di sentimenti (talvolta contrastanti) il cui nucleo principale è la paura: dalla paura di ricevere un rifiuto, alla paura di perdere chi si ama (Ai ha un periodo di riproduzione ed è destinata a scomparire una volta terminato il nastro), dalla paura derivante da una malattia terminale che rischia di lasciare questioni irrisolte, alla paura di riconoscere la verità (Nobuco fa di tutto per conquistare Yota, però poi...), dalla paura di ferire i sentimenti altrui alla paura di lasciarsi andare (Moemi e il suo terribile trauma).

Un altro tema ricorrente è il coraggio, specialmente nel caso di Yota, sia nelle questioni di cuore, sia nella realizzazione del sogno di pubblicare un fumetto. Collegato al coraggio, c'è l'impulso di appoggiarsi a qualcuno (magari più forte) per superare le difficoltà, modo di agire che si verifica anche quando ci si sente soli, per non dimenticare insicurezza e tendenza all'emulazione; tutto questo per dare un'idea della profondità del manga, poiché come evidenziato, racchiude tutta la complessità umana, e Ai in primis che dovrebbe essere, in sostanza, "un oggetto", si comporta più umanamente di quanto si possa immaginare (in crescendo, quanto più si prosegue la lettura dei volumi).

"Video girl Ai" è un viaggio dall'adolescenza alla maturità, ed alla fine, tutti i personaggi appaiono cambiati, merito di un lungo processo che porta alla crescita.

La fine è romantica e di una tenerezza disarmante, merito di un autore geniale: qualche riga di testo ed una sola immagine, perché a volte le parole non bastano...
Le tavole dell'intero manga suscitano sospiri d'ammirazione (talvolta ci sono delle sfumature così ben fatte che sembrano foto), ebbene, l'ultima immagine è la più semplice ed è addirittura stilizzata! Ma emoziona.
Parola alle immagini!



Recensione "Un piede in due scarpe e l'altro nel forum" di Sandra Morara







Un simpatico diario con tanto d'illustrazioni!


Questo è un libro particolare: riguarda la reale avventura di una scrittrice alle prese con un concorso indetto da un'importante Casa Editrice.
Particolare perché intanto che gli organizzatori del concorso valutavano, questa protagonista un po' "matura" si cimentava per la prima volta con la frequentazione di un forum, dove tra l'altro erano riunite tutte le altre concorrenti. Nei tanti mesi d'attesa (nove) sono nate amicizie come inimicizie, alleanze e divorzi, consigli spassionati e invidie, ed io lo so non solo perché ho letto il libro, ma perché c'ero anch'io!
Il diario è dunque una raccolta dei passaggi che l'autrice lasciava nel forum...

Ma al contrario di quel che si possa pensare, questo libro non è un semplice "copia e incolla" di ciò che la protagonista ha scritto sul forum, bensì, c'è anche un filo logico: l'autrice si "sbottona" un po' alla volta, passando dalle battute alle riflessioni più intimiste, lasciando quindi, a poco a poco, che l'altra persona al di là dello schermo cominci a conoscerla nel profondo.
C'è anche la storia vera e propria, la partecipazione e gli sviluppi del concorso a cui si è iscritta, e, mi ripeto, nonostante io sia una delle persone coinvolte nella vicenda, quindi so chiaramente com'è andata a finire, non sono riuscita a rimanere impassibile, arrivando addirittura a desiderare di scoprire il finale, soprattutto sperando nella vincita della protagonista!

Di tanto in tanto troviamo anche delle vignette, talmente spiritose e ben fatte che ho suggerito all'autrice di cimentarsi seriamente anche come vignettista. Visto che poi la conosco, appena ho avuto la copia in mano ho riconosciuto le scarpe/caricature nella copertina: sono il figlio ed il marito! Ho conosciuto anche quest'ultimo di persona, e devo dire che la sua controparte vignettistica gli assomiglia incredibilmente.

Un'altra cosa che mi preme assicurare, è che non si sente che si tratta di stralci di discorsi, perché ci sono sempre le dovute premesse e spiegazioni, quindi diventa comprensibile anche per chi è esterno alla vicenda.

Non solo diario, però, l'autrice ci mostra la sua passione per la scrittura anche attraverso alcuni componimenti: la poesia al padre è drammaticamente splendida (tanto che diventa superfluo giudicarla), mentre non smentisce mai la sua vena ironico-umoristica presentandoci un'originalissimo componimento che riguarda la "compagnia mobiliare" (intesa come veri e propri mobili!.

In conclusione, un diario piacevolissimo da leggere, veloce e grazioso, nonché un'ottima pillola per il buon umore.
Brava Sandra!




Recensione "Twilight" di Stephenie Meyer

Recensione "Twilight" di Stephenie Meyer (ediz. Fazi)






Cullen-dipendenza


Dopo tantissimo tempo, ho trovato un libro che mi ha coinvolto al punto tale da non riuscire a staccarmi dalla lettura.
Per di più, quando non leggevo ero ridotta a: non vedere l'ora di tornare a casa dal lavoro per leggere, continuare a fantasticare sugli sviluppi della storia nel tragitto in macchina fino a casa.. insomma, una vera dipendenza; mi è bastato leggere le prime pagine per non lasciarlo più.

Una storia d'amore intensa e romantica (e soprannaturale, il che rende il tutto molto più intrigante).

Recensione "The legend of Zelda - Ocarina of time" delle Akira Himekawa

Recensione "The legend of Zelda - Ocarina of time" delle Akira Himekawa (ediz. J-pop)













l manga che porta indietro nel tempo... come l'ocarina!

*Recensione complessiva di entrambi i volumi*

Premetto che sono una vera e propria maniaca di "The legend of Zelda", tanto che vado in fibrillazione ogni volta che esce un nuovo gioco.
Con questa saga ci sono cresciuta, giocandoci ed innamorandomene la prima volta sul caro vecchio Nes 8bit, e a parte un breve distacco adolescenziale (i genitori non mi compravano il nintendo 64!) ho ripreso a seguirla per non lasciarla mai più, perché la storia di Zelda è come se facesse da sempre parte di me.
Il mio spasmodico amore incondizionato raggiunse il suo culmine proprio con il videogioco da cui è stato questo manga: "The legend of Zelda - Ocarina of time" che ripresi solo a distanza di anni, grazie a un emulatore (poi ho comprato il gamecube ed ho rimediato, tengo a precisare!)

"Ocarina of time" è considerato il miglior videogioco di sempre e non ha caso, è quello che ho più sentito, tanto da sbilanciarmi con l'affermare sempre con convinzione, che l'ho vissuto; l'avventura era molto lunga e impegnativa, e non solo, sono cresciuta con Link, ho trascorso con lui sette anni, congelata nel Temple of Time.

Poteva un manga di soli due volumetti restituirmi quel coinvolgimento?
Ebbene sì.
Sia chiaro, mancano molte cose: come ovvio che sia non ci sono i dungeon pieni di enigmi e mostri, ma solamente gli scontri coi boss finali (e non tutti), e anche l'arsenale di Link è piuttosto limitato, così come il suo vestiario (si parla solo di tuta Goron oltre alla classica tuta verde) e, ovvio come sopra, non ci sono le sub-quest tipo la raccolta delle maschere, le lettere del postino...
Eppure le Akira Himekawa hanno saputo racchiudere l'essenza di Zelda: ci sono i Kokiri, gli Hylian, i Goron, gli Zora, gli Sheikah e le Gerudo; i rapporti e i caratteri dei personaggi hanno la stessa profondità (l'amico/nemico Mido, l'addio di Saria, l'incontro con Zelda nel castello, il primo scontro con Ganondorf, la danza di Darunia, i capricci della principessa Ruto, il sogno romantico di Malon, la rivelazione di Sheik, e poi Navi... Epona!)

Vedere le stesse scene fatte d'inchiostro è stato un piacere, specie se si conta che la sottoscritta si salvava gli screenshots sul pc, e mi hanno saputo regalare le stesse profonde emozioni. Va detto che il lavoro di Miyamoto e soci era già di per sé molto valido (mai avuto dubbi!) e rileggendo la storia nell'insieme ci si rende conto dello studio del carattere di ogni singolo personaggio, degli sviluppi della vicenda, del susseguirsi di eventi e i significati... in una parola, narrazione approfondita. E ricordo che parliamo di un videogioco.

Il duo di mangaka aggiunge inoltre alcune scene e siparietti inediti davvero gustosi, ma su tutti, mi ha colpito la storia di Volvagia; già lo ammiravo in quanto bel drago, e visto che a me queste creature piacciono particolarmente e quasi mi dispiaceva che fosse un nemico, le Akira Himekawa devono averla pensata come me visto che lo vediamo in versione cucciolotto amico di Link (e che occhioni)!

Con questo manga è inoltre avvenuto un fatto curioso: i miei occhi vedevano a colori, e le mie orecchie sentivano il suono dell'ocarina e degli altri strumenti. Sono impazzita? No, vuol dire che quella lunga giocata di anni fa mi è rimasta saldamente impressa nella memoria e nei sensi, e a questo proposito, va ricordato che Link, come sanno i videogiocatori incalliti, in realtà non parla; nel videogioco non sentiamo mai la sua voce, o meglio, non leggiamo le sue parole, eppure ha una sua bella personalità. Per questo quando all'inizio mi sono trovata a leggere i suoi discorsi e i suoi pensieri, mi ha fatto un po' impressione, tanto che credevo che da un momento all'altro non avrei ritrovato il Link a cui sono tanto affezionata, ma una reinterpretazione delle mangaka; fortunatamente i miei dubbi sono svaniti così come son venuti, e ciò significa che le Akira Himekawa hanno davvero fatto un buon e attento lavoro.

Impossibile non citare l'introduzione in cui scrivono: "di eroi come Link non ce ne sono" così come le considerazioni nella postfazione in cui evidenziano come Link sia simbolo di una pura bontà d'animo. Adorabile!

Lascio due parole anche per le due storie spin-off alla fine del secondo volume: molto carina quella dello Skull Kid, specie perché riesce ad allacciarsi bene all'universo Zelda, mentre in "Rouru dei Watarara" forse le due autrici hanno dato troppo libero sfogo e non l'ho trovato pertinente.
Logico, sono un'appassionata, pretendo attendibilità!

In conclusione, tornando alla storia principale, sebbene abbia sentito la mancanza di alcune scene (specie il passaggio da Link bambino a Link adulto che nel gioco è frequente - tuttavia capisco che farlo nel manga sarebbe venuto fuori un volume enciclopedico) era da molto che desideravo rispolverare questa storia, solo che trovare tutto quel tempo per giocare ad Ocarina of Time mi è al momento difficile... quindi cosa c'è di meglio di un manga di due volumetti che lo racchiude? Se mi mancano quei dettagli, l'unica sarà giocarci e rivivere quell'esperienza a tutto tondo, ma intanto, ho ritrovato il mio Zelda preferito, e sognato ancora davanti all'incontro finale tra Link e la principessa.

Un sentito grazie alla BD edizioni che ha finalmente portato questo manga in Italia (aspetto gli altri)!

Recensione "Sedici rose arancioni" di Michele Ciardelli

Recensione "Sedici rose arancioni" di Michele Ciardelli (SBC edizioni)











Confessioni di una mente criminale

"Sedici rose arancioni" è un thriller a sfondo psicologico che colpisce per la crudeltà dei delitti e sa essere anche riflessivo quando scende nelle profondità dell'anima dei due protagonisti.
Da una parte abbiamo Antonio, ritornato da una vacanza apposta per festeggiare con i familiari il diciottesimo compleanno, ma la sorpresa che troverà sarà terribile: suo padre è stato brutalmente assassinato mentre la madre si ritrova in stato di shock.
L'altro protagonista è Altero, l'incaricato ad occuparsi delle indagini, e che nella vita privata è afflitto dalla perdita della moglie che lo ha lasciato quindi da solo ad occuparsi del loro bambino.

Il ritmo del romanzo è lento quando si tratta di narrare le vite dei due protagonisti, vite che finiscono sempre con l'intrecciarsi, non solo perché unite dal caso da risolvere, ma perché il luogo delle vicende è un paese dove tutti si conoscono e per di più si tratta di due famiglie di amici; il ritmo poi diventa più serrato (ed acquista il meglio di sé) quando la narrazione passa in prima persona e la voce narrante è proprio quella dell'omicida. Interessante conoscere l'altra faccia della medaglia e scoprire il funzionamento della mente criminale.

Nonostante sia facile capire chi sia il colpevole ancor prima che si riveli lui stesso, il libro riesce a regalare dei colpi di scena, specialmente verso il finale quando ci rendiamo conto di avere tra le mani le confessioni de "Il poeta" (questo il soprannome dato al serial killer) arricchito tra l'altro di versioni distorte della realtà, o meglio, volutamente romanzate; bell'idea.

Belle anche le scene dettagliate che seguono le indagini della scientifica.

"Sedici rose arancioni" è un romanzo autoconclusivo, ma al tempo stesso fa nascere un dubbio che credo potrà essere spunto per una nuova storia che prenderà da qui le sue basi: staremo a vedere!

Recensione "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Italo Calvino

Recensione "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Italo Calvino (ediz. Mondadori)






http://img2.libreriauniversitaria.it/BIT/200/9788804482000g.jpg




Non è il libro dei libri, ma quasi

Semplicemente perché il libro dei libri è la Bibbia, solo per questo.

L'opera di Calvino è, da una parte, un continuo omaggiare i libri e la lettura, dall'altro, un interessante e - oserei dire - pratico manuale di scrittura; combinazione, il personaggio dell'autore, il signor Flannery, desiderava proprio scrivere un libro del genere (impersonale e che s'interrompesse sempre sul più bello) cosa che, piuttosto, è riuscita a Calvino con questo romanzo.


La struttura narrativa presenta talmente tanti intrecci che verso gli ultimi capitoli ho avuto come la sensazione che si trattasse di un libro dentro il libro, che quasi non fosse Calvino a scrivere, ma proprio quel personaggio: Flannery (vedi il capitolo del diario, uno dei miei preferiti). Per questo, nonostante la prefazione spieghi che Calvino abbia dovuto inventarsi 10 autori diversi per ognuno dei 10 incipit, mi piace pensare che invece abbia voluto sviarci (facile, con tutti quegli intrecci!) e che, per quanto riguarda la finzione, siano tutti racconti scritti dal Flannery, e che in realtà, Flannery non sia altro che l'alter ego di Calvino.


Non so quanto possa essere fondata questa mia teoria, e per capire meglio forse sarebbe necessaria una seconda lettura visto che si tratta di un libro impegnativo; per apprendere è necessaria una lettura attenta, concentrarsi sulle tante informazioni che vanno via via ad aggiungersi, e che, esattamente come ogni racconto al suo interno (ecco ancora il perché del libro dentro il libro) da tanti imput, ma cela la verità.


Il mistero del perché il Lettore (protagonista dell'opera) non riesca a trovare il seguito di ogni libro iniziato, e soprattutto, perché ci sono così tanti romanzi interrotti, non si svela del tutto, rimane in sospeso, enigmatico, esattamente come gli incipit che lui legge, ma per la prima volta nella mia vita ho scoperto che la risoluzione, la verità, passa in secondo piano; lo scopo dell'opera è regalare il semplice e assoluto piacere di leggere.


Ma siamo poi così sicuri che ogni incipit sia davvero solo un incipit? Potrebbero essere racconti completi, il che è evidente soprattutto nell'apocalittico "Quale storia attende laggiù la fine?" (meraviglioso questo gioco di parole! La misteriosa "fine" che il lettore tanto attende di scoprire, e non solo il Lettore protagonista, ma anche il lettore inteso come quello che sta leggendo quest'opera di Calvino. Che meraviglia d'intreccio!).


Vorrei poi far notare che saranno pure 10 incipit diversi, però personalmente ci sono molti elementi in comune, oltre al fatto d'interrompersi nel climax (per questo credo che sia sempre Flannery a scriverli, pure se ha dei falsari che lo imitano fedelmente): l'inizio è sempre molto descrittivo e diventa movimentato dal momento in cui nella storia entra una donna; sono tutti narrati in prima persona; l'io narrante si rivolge al lettore mettendo in evidenza le caratteristiche della narrazione (quando ad esempio dice "a questo punto il racconto..."); per ogni racconto ho avuto l'impressione che ci fosse almeno una parola chiave dell'incipit precedente (quelle che ho notato sono "nebbia", "fossa", e "specchi"; ci vorrebbe l'apparecchio di Lotaria!).


Potrei soffermarmi a recensire ogni incipit all'interno dell'opera, però visto che sono già ampliamente trattati nella prefazione dello stesso Calvino, preferisco rivolgere l'attenzione a quest'insolito protagonista: il Lettore.
Ovvero me, ovvero noi.
Con il "Viaggiatore", Calvino rende tutti i suoi lettori i protagonisti assoluti: facile identificarsi nel Lettore; ci mostra i suoi pensieri ed i suoi atteggiamenti, eppure è un'incognita che è facile rimpiazzare con la nostra immagine, tante le alternative che ci mostra all'inizio della storia.
Calvino ha voluto accontentare anche il popolo femminile presentando la lettrice, che però ha un'identità precisa: Ludmilla. La ragazza ha un'impronta più decisiva nella storia, nonché una personalità più delineata, quindi è stato comunque più facile per me continuare ad identificarmi nel Lettore.


L'opera è come una spirale che sembra non avere fine, eppure si conclude in maniera sorprendente e geniale (quando i titoli si uniscono, fantastico!).
Calvino mi ha fatto divertire ed anche entusiasmare: mi piacerebbe prendere spunto da ognuno dei suoi incipit e costruire una storia; sicuramente ognuno di noi la costruirebbe in maniera diversa, e chissà, forse è un "gioco" a cui Calvino aveva pensato, mi piace crederlo.


Di questo libro colpisce anche l'originalità, il modo in cui i diversi incipit s'incastrano perfettamente tra loro (nonostante ci sia un'inevitabile "spezzamento" nella narrazione) e non saprei veramente scegliere, ce n'è per tutti i gusti; spesso mi sono trovata a sottolineare alcune frasi, intense e metaforiche, che non voglio dimenticare... come il libro dei libri.

Recensione "Sanctuary" di Egle Rizzo, Cecilia Randall, Fabiana Redivo, Pierdomenico Baccalario, Francesco Falconi, Luca Azzolini, Luca Tarenzi, Franco Clun, Antonia Romagnoli, Francesco Dimitri, Solomon Troy Cassini, Fabrizio Furchì, Michele Giannone

Recensione "Sanctuary" di Egle Rizzo, Cecilia Randall, Fabiana Redivo, Pierdomenico Baccalario, Francesco Falconi, Luca Azzolini, Luca Tarenzi, Franco Clun, Antonia Romagnoli, Francesco Dimitri, Solomon Troy Cassini, Fabrizio Furchì, Michele Giannone (ediz. Asengard)








Un santuario di perle e sassi

Ho dato un buon voto a questa raccolta di racconti ma va precisato che le storie non sono tutte sullo stesso livello: si parte con un inizio entusiasmante, una parte centrale di alti e bassi ed un finale che, personalmente, mi ha emozionato. Quindi, gran parte del merito va a Luca Azzolini ("L'inizio di ogni fine" e "La fine di ogni inizio"), che apre e chiude la raccolta, con un linguaggio semplice e diretto (al contrario di altri che annoiano con lunghe descrizioni), una storia interessante, nonché la splendida idea del protagonista che si trova davanti a diverse carte dei tarocchi che sono poi i racconti degli altri autori.

Curioso e che fa riflettere "La casa dei millepiedi" (di Pierdomenico Baccalario), esilarante "Le storie che nascono in questa città" (di Francesco Dimitri), e originale-spassoso outsider "Saint Vicious" (di Luca Tarenzi). Il resto dei racconti mi ha lasciato un sapore amaro, a parte "Angeli e uomini" (di Cecilia Randall) che però non mi ha convinta pienamente sul finale.

I racconti sono molto diversi tra loro, come annunciato nella prefazione, però si può dire che sono tutti governati da un'aurea drammatica, tranne "I passi della sera" (di Fabiana Redivo) ed il già citato "Saint Vicious"; va però precisato che il tono scanzonato de "I passi della sera" risulta eccessivo, specialmente se confrontato con il resto.

In generale mi è piaciuta la scelta delle creature fantastiche - per la maggior parte si tratta di angeli - anche se la mia preferita, il drago, appare come un innocuo soprammobile (o meglio, fa parte della "catena di montaggio") ne "La fabbrica delle leghe perfette" (di Solomon Troy Cassini); quanto avrei voluto che si ribellasse! Poverina...!

In conclusione, è da apprezzare il coraggio della sperimentazione e lo scopo benefico della raccolta, però ci sono certe storie che verrebbe voglia di accantonare il libro... un libro che andrebbe comunque letto per quelle perle interessanti che ho citato all'inizio.

Recensione "Resti mortali" (Anita Blake vol.2) di L.K. Hamilton

Recensione "Resti mortali" (Anita Blake vol.2) di L.K. Hamilton (ediz. Nord/Tea)






Zombie, vampiri, Junkie, necrofagi... ci mancava solo il vudù!

Questo secondo libro che riguarda le vicende soprannaturali di Anita Blake mi è piaciuto più del primo (NB: "Nodo di sangue").

La differenza più rilevante che ho notato, è che questa volta ero in tensione davvero; la presenza dello zombie assassino pluriomicida (anche solo accennata, senza lo scontro diretto con la protagonista), era terrificante, per il modo con cui privava gli umani delle loro vite, ma soprattutto perché si avventava su creature innocenti come i bambini.

La storia è ricca di azione -specialmente nei capitoli finali - in un crescendo di suspance e adrenalina.

Ottima la scelta d'introdurre la sacerdotessa Dominga Salvador, che con la sua arte vudù e l'incontro con Anita, ci svelerà quale potere spirituale segreto possiede la nostra eroina. Dominga non è solo un ottimo avversario, e un ottimo espediente per rivelarci qualcosa in più della protagonista... un bel colpo di scena che suscita curiosità.

Menzione a parte per il vampiro MASTER Jean-Claude: per quel poco che appare (come sempre), resta uno dei personaggi più convincenti e intriganti (assieme ad Anita) e scommetto che ci riserverà delle gran belle sorprese.

Recensione "Ragione e Sentimento" di Jane Austen

Recensione "Ragione e Sentimento" di Jane Austen (ediz. Rusconi libri)





Ragione e sentimento. Elinor e Marianne.
E' una vita che desideravo leggere questo romanzo e le aspettative sono state appagate.

Non c'è nulla di banale, è tutto perfettamente studiato: i concetti di ragione e di sentimento, sono argomentati (sottilmente o evidentemente) dall'inizio alla fine, e sono identificati nelle sorelle Dashwood, Elinor e Marianne.

Elinor, ragionevole e riflessiva in tutto e per tutto, dalle questioni patrimoniali alle questioni di cuore, piuttosto che cedere alla passione e all'istinto, pensa giudiziosamente; un comportamento che fa di lei la colonna portante della famiglia, un esempio di donna forte, capace di mettere da parte se stessa per il bene degli altri.

Dall'altre parte, Marianne, sentimentale ed emotiva, sensibile al punto tale da lasciarsi travolgere completamente dalle emozioni, dall'entusiasmo al dolore, risentendone anche fisicamente; è lei la più fragile della famiglia, un esempio di come i sentimenti possano a volte rendere un po' egoisti nei confronti degli altri, presi come si è dalla propria disperazione.

Solo ad un certo punto della storia, verso la fine, sembra esserci un lieve ribaltamento dei ruoli: Elinor è preda di un impeto emozionale verso Edward (finalmente!) mentre Marianne ragiona sul comportamento di Willoughby (finalmente, anche in questo caso!); questa è una delle parti più interessanti, perché è così che si risolvono le situazioni, proprio quando il carattere dell'una, influisce e bilancia il carattere dell'altra.

"Ragione e sentimento" non è solo un romanzo d'amore o un romanzo sulla frivola società inglese dell'800, è anche un romanzo psicologico che contiene una profonda morale. Senza dimenticare il "sense of humor".
Un classico geniale, da non perdere.

Recensione "Prodigium - l'Acropoli delle ombre" di Francesco Falconi

Recensione "Prodigium - l'Acropoli delle ombre" di Francesco Falconi (ediz. Asengard)






(questa è la copertina dell'edizione limitata, quella in mio possesso)






Sempre più prodigiosi


Questo secondo capitolo della saga "Prodigium" è senza dubbio superiore al suo predecessore (a cui comunque avevo dato 4 stelle): anzitutto la leggibilità è migliorata; è molto più scorrevole ed i capitoli si divorano uno dopo l'altro, e in più, il ritmo è cambiato anche grazie al diverso sviluppo della storia.



Il perché è presto detto: "i figli degli elementi" era un bel romanzo introduttivo, dove i Prodigium e gli altri personaggi erano descritti nelle loro profondità dell'essere, insomma, Falconi ci raccontava le loro diverse storie che andavano ad intrecciarsi dal momento in cui venivano chiamati a concorrere per il misterioso premio di Eterium, una competizione apparentemente poco pericolosa, ma tant'è, questa era l'atmosfera che si percepiva; con "l'acropoli delle ombre", invece, il tono è epico, l'atmosfera più cupa, ed il pericolo imminente e devastante crea ansia, complice anche i doppi giochi e i tradimenti cui assiste il lettore, spettatore impotente che si strugge per quegli eroi sperando che si accorgano il prima possibile della verità celata sotto i loro occhi... o almeno, io mi rammaricavo parecchio! :P


A questo punto parliamo dei Prodigium: a un anno dal loro incontro nella (da me soprannominata) "isola felice", sono tornati nella frenetica, ambigua, e corrotta Synapsis; ognuno ha ripreso le proprie vite, separatamente, e ci soprenderemo nel vedere che dopotutto le cose non sono poi così cambiate dopo quei sei mesi lontani dalla realtà quotidiana, o meglio, sembra proprio che il cambiamento sia in peggio. La drammaticità delle vicende dei quattro ragazzi, straordinariamente dotati ma incredibilmente umani nelle loro debolezze e nella condizione inevitabile dell'essere adolescenti (devono ancora maturare, pure se sono supereroi), fonda le radici in tematiche fortemente attuali, reali, pure se si tratta di un fantasy (il che mi entusiasma, visto che piace anche a me scrivere di storie fantasiose che abbiano riscontri nella realtà quotidiana); quindi si narra di alcolismo, violenza sessuale, solitudine, incomprensioni tra genitori e figli... tuttavia ciò che mi ha più colpito in questo romanzo, è la violenza psicologica che i nostri dovranno subire, assieme all'intera Congrega, vittime di tradimenti più o meno prevedibili, ma che riescono comunque a sorprendere con delle rivelazioni inaspettate sul finale.


Son partita con i Prodigium, ma in realtà il romanzo si apre con l'introduzione di un nuovo personaggio, la piccola Ayon, una bambina dal passato misterioso costretta a fuggire dall'Acropolii delle ombre: davvero una bella introduzione, ed Ayon rappresenta il jolly in tutti i sensi; è piacevole leggere di questa bambina, simbolo di purezza e innocenza, nonché vulnerabilità... fino a prova contraria.


Brevi note a proposito degli altri personaggi: ho amato gli sviluppi di Sarnèsh e la rivelazione finale di Dedalus, mentre Iugho mi ha lasciata un po' perplessa; magica e suggestiva la narrazione in prima persona nel passato della Magistra... indimenticabile; Arden è così ambiguo... ho faticato nel capirlo, ma credo fosse l'intento dell'autore (ero immedesimata in Alyssa a quanto pare!); Ravnakor mi ha un po' deluso, lo credevo più intelligente invece è solamente un pazzo, mentre è molto più tosta (e furba, quindi pericolosa) Lady Naeel, ed è questo il tipo di "cattivo" che mi piace identificare come il vero antagonista.


A proposito di Lady Naeel vorrei fare una considerazione sull'epilogo: mentre leggevo avevo la sensazione di averle già "viste" quelle scene, e infatti, rullo di tamburi, interi paragrafi sono presi da "Anobium", il racconto di Falconi in "Sanctuary" (ho confrontato le pagine, cosa ancora più comoda visto che ho questa copia in edizione limitata)! Ho apprezzato questo giochetto di auto-citazioni; anche quando leggevo di Lady Naeel, verso la metà del libro, cammuffata nella vecchietta mendicante, mi ero ricordata dell'altra protagonista in quel racconto, ma non credevo fosse una scelta voluta! In effetti anche Synapsis mi dava un po' l'idea d'essere la città di Sanctuary visto il male che l'avvolge, così come questi esseri speciali costretti a nascondersi.


Concludendo questa lunga recensione, credevo che "l'acropoli delle ombre" fosse l'ultimo capitolo della saga appunto per il luogo in cui si svolge, ma per fortuna non è così: credo fermamente che i Prodigium abbiano ancora altro da raccontare, non mi dispiacerebbe che varcassero i confini della trilogia, poi con quel finale aperto, come si fa a resistere?  Mi riservo un piccolo appello: quelle splendide creature mitologiche, semplicemente a parlarne mi han fatto sognare, quindi è gradito un loro ritorno nel prossimo episodio! :) E quasi dimenticavo: evviva! Il mio prodigium preferito, Ryan, ha assunto un ruolo più importante, anzi, fondamentale!


Aquesto punto è palese dire che questa saga continuerò a seguirla con interesse, visto quanto mi coinvolge.
Complimenti all'autore!
20 migliori siti

La mia serie Urban Fantasy / Paranormal Romance / Sci-Fi